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 2012  marzo 23 Venerdì calendario

DE ROSSI: «HO VINTO IL MONDIALE MA DA BAMBINO SOGNAVO LO SCUDETTO CON LA ROMA»

Diffidate delle interviste con le domande più lunghe delle risposte. Quando parli con Daniele De Rossi, 28 anni, 272 partite in A e 32 gol con la Roma, campione del mondo 2006, campione d’Europa under 21 2004, bronzo olimpico ad Atene 2004, un contratto fino al 2017 da 10 milioni lordi a stagione più incentivi, le domande sono stritolate dalle risposte. Ha il pregio delle persone intelligenti. È curioso. E introverso. Connubio stimolante. Sabato c’è Milan-Roma. Come sta il tallone? «È più un fastidio che altro. È un dolore, non è un infortunio». Soglia del dolore? «Tutti mi dicono: bassa. Non ci convivo bene. Mi lamento. Eppure faccio di tutto per giocare anche quando non sono al meglio. Sono un pessimista. Fino al giovedì, se chiedono a me, sono fuori per infortunio. Il venerdì forse posso andare in panchina. Il sabato gioco. Anche perché non accetto di stare fuori». Dipendenza da campo? «Giocherei tutte le partite e per 90 minuti. Quando sto fuori per infortunio sono un tormento. In vacanza conto i giorni. Ho sentito tanti giocatori dire: smetto presto e mi godo i soldi. All’inizio la pensavo anch’io così. Poi vedo che cambiano idea e, pian piano, lo sto facendo pure io. Ne conosco uno solo che l’ha detto e l’ha fatto: Hide Nakata. Altra categoria. Altra testa». Farà l’allenatore? «Non lo so. Una volta avrei detto: mai. L’allenatore, quando perde, è l’uomo più solo del mondo. Però è un modo per restare in questo ambiente che, quando non ce l’hai, ti manca da morire». In un’intervista lei ha descritto così la sua scala dei valori: «Prima viene mia figlia Gaia, poi viene il nulla e poi il calcio». Che tipo di padre è? «Giocoso. Amico. A volte mi sono chiesto se non lo sono anche troppo. Poi penso che mio padre era così con me e non sono cresciuto poi tanto male. Vorrei essere per Gaia un padre come quello che ho avuto io». Suo padre Alberto, per chi non lo sapesse, allena la Roma Primavera che ieri sera, davanti a 20mila spettatori all’Olimpico, ha vinto la Coppa Italia contro la Juve. «Quest’estate, a Ostia, venivano al mare un sacco di ragazzi della Primavera. Albe’ di qua, Albe’ di là. L’avessi fatto io con i miei allenatori delle giovanili, sai che schiaffoni volavano! L’ho detto, è un amico». Dicono che alle partite della Primavera lei si trasformi in ultrà. È vero? «Lo ammetto. Ci soffro troppo. E immagino quanto soffra mio padre in certe mie partite importanti». A 22 anni campione del mondo. Sembrava tutta in discesa, poi ha vinto poco. «È così. Non posso essere contentissimo della mia bacheca. Ma sono felice di come sono cresciuto, come calciatore e come uomo. Sono orgoglioso del rispetto che percepisco da parte di avversari e tifosi». Cambierebbe il Mondiale con uno scudetto? «Vincere un Mondiale è indimenticabile, ma io non nasco tifoso dell’Italia. Nasco tifoso della Roma. Da bambino sognavo lo scudetto. Ci stavo dentro a quel sogno, era a mia misura, mi sembrava possibile. Poi è finita che ho vinto il Mondiale e che lo scudetto sto ancora ad aspettarlo». Luis Enrique è l’allenatore giusto per vincerlo? «A me la sua idea di calcio piace. Me ne parlava Guardiola, quando era alla Roma, e ora posso provare a giocarlo anche se il paragone con il Barcellona ti ammazza, perché loro sono troppo forti. Però, se non ci provi, non ci riuscirai mai». Luis Enrique l’ha lasciata in tribuna per 5’ di ritardo alla riunione tecnica. «C’è una regola e va rispettata. Una maledetta regola? Può anche essere, ma questo non cambia la realtà. La conoscevo e a Bergamo, contro l’Atalanta, ero il capitano, visto che mancava Totti». L’allenatore è lei: non fa giocare uno per un ritardo? «Se ho messo la regola, chi sgarra non gioca. Magari, da allenatore, non metto quella regola. Una multa? Non è la stessa cosa. Ne ho prese, semmai, perché qualche volta ho dimenticato di firmare il foglio che è in bacheca a Trigoria e che va siglato un’ora prima dell’inizio dell’allenamento. Ero arrivato in orario, ma me ne ero scordato». La sua attuale compagna, l’attrice Sarah Felberbaum, ha raccontato a «Sette» che la prima volta che l’ha incontrata non sapeva chi fosse. «Sapeva vagamente che esisteva un calciatore De Rossi, ma se mi avesse incontrato per strada non mi avrebbe riconosciuto. Per lei il calcio era, al massimo, Totti e Buffon. E suo padre, simpaticissimo, che viene allo stadio con il cuscino da mettere sopra al seggiolino, non sapeva nemmeno chi fosse Totti. Ci siamo incontrati, per caso, in un ristorante e Francesco ci ha salutato. È il capitano, hanno detto tutti. E il padre di Sarah: il capitano di che cosa?». E lei conosceva Sarah Felberbaum? «La conoscevo. Mi piace il cinema. E non solo i film leggeri. Tv? Poca. Mi piacciono le serie, soprattutto "Lost". Guardo poche partite».
Agassi, nella sua biografia, racconta di essersi infuriato assistendo sul set a una scena in cui Brooke Shields leccava la mano di un attore. Lei è geloso di Sarah e del suo lavoro?
«So che è un lavoro, ma evito di andare sul set. Lei me lo ha chiesto: vieni a vedere come è, si gira una scena spinta e poi, allo stop, ci si rimette a parlare dei figli o del tempo. Lo capisco, ma anche se non lo vedo è lo stesso».
Eppure è attore anche lei. Con Zoro, tassista tifoso che le chiede dove vuole andare, lei ha dato in anteprima in tv la notizia del rinnovo .
«Eravamo vicini all’accordo e con Diego e Valerio (Bianchi e Mastandrea, ndr) certe idee nascono così, davanti a un sushi o una birra. Dopo aver girato, ci sono stati due giorni di stallo nelle trattative con la Roma. E io mi ero già esposto, avevo detto che restavo. Per fortuna è andato tutto a posto».
Legge le pagelle?
«Prima sempre, ora di rado. Sono maturato».
Ascolta le radio romane? Negli ultimi giorni sono usciti dossier per screditare Baldini, truffe contro la Roma, si è mossa la magistratura...
«Sono garantista, non giudico nel merito. Sono finito in prima pagina perché uno che non sentivo da dieci anni ha fatto il mio nome a caso nello scandalo scommesse. Capisco i tifosi delle squadre, lo sono anch’io, sono un tifoso che va in campo e non in curva, ma non capisco i tifosi delle radio o delle presidenze. Succede solo a Roma».
La Roma è in partnership con la Disney: che personaggio le faranno fare?
«Paperon de’ Paperoni. Con quel contratto che mi hanno fatto...».