Stefano Lorenzetto, il Giornale 5/3/2013, 5 marzo 2013
TI PIACEREBBE ESSERE FAMOSO? AGUZZA L’INGEGNO (E I CANINI)
[Daniele Selvitella]
Premessa per chi non usa il computer: dal computer si può accedere a Internet. Premessa per chi non consulta Internet: su Internet c’è Youtube. Premessa per chi non conosce Youtube: su Youtube (terzo sito più visitato al mondo dopo Google e Facebook, un miliardo di utenti al mese) si possono visionare i filmati immessi dagli internauti. I quali da fruitori spesso si trasformano in veri e propri produttori di se stessi. Si tratta di una nuova forma della televisione, fatta per lo più in casa con videocamere o macchine fotografiche digitali, che ha originato una professione (chiamarlo lavoro parrebbe eccessivo): lo youtuber. Nel mondo si contano 3 milioni di youtuber professionisti e l’Italia figura al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, nella creazione di contenuti per Youtube. C’è Clio Zammatteo, in arte Cliomakeup, che insegna alle ragazze il modo di truccarsi. C’è Karim Musa, alias Yotobi, che recensisce i B-movie, film del tipo Quella villa accanto al cimitero. C’è Matteo Bruno, detto Cane Secco, operatore e montatore per alcune case di produzione, specializzato in sketch demenziali.
E poi c’è lui, Daniele Selvitella, titolare del canale Daniele doesn’t matter, cioè Daniele non ha importanza. Che invece pare averne tantissima: 300.000 fedelissimi iscritti; oltre 200.000 visitatori al giorno; 30 milioni di visualizzazioni in poco più di tre anni; un partenariato per la pubblicità con Google, proprietario di Youtube, che gli garantisce provvigioni in base al numero di contatti; un accordo con un’azienda tedesca di e-commerce che ogni mese vende per corrispondenza alcune centinaia di felpe e magliette col logo Daniele doesn’t matter; una seguitissima trasmissione serale, Kisskissenefrega, su Radio Kiss Kiss e un libro, Come diventare famosi stando comodamente seduti in poltrona (Mondadori), pubblicato da poco e firmato con lo pseudonimo Daniele Doesn’t Matter. Un volume interattivo: in fondo a ogni capitolo ci sono un copione e un Qr code, il codice a barre bidimensionale che, inquadrato con uno smartphone, consente di vedere il contenuto multimediale.
Approdato per scherzo sul Web il 15 ottobre 2009, dieci mesi dopo il primo youtuber italiano Guglielmo Scilla, meglio noto come Willwoosh, ora mister Doesn’t Matter contende al precursore del genere la leadership nel settore con quasi mezzo milione di seguaci (o follower) fra Youtube, Facebook e Twitter. Solo che Scilla, 25 anni, romano, oltre a essere scrittore e conduttore radiofonico, ha fatto l’attore in tre film per il grande schermo, esperienza che davanti a una telecamera conta parecchio, mentre il coetaneo Selvitella, piemontese di Casale Monferrato, può vantare al massimo il diploma in grafica pubblicitaria e la laurea in scienze del design conseguita a Torino, che certo gli servono per conferire un tocco di alta professionalità ai video postati su Youtube ma non a interpretare le situazioni comiche di sua invenzione che mandano in solluchero i fan.
L’esordio avvenne con 10 metodi per spendere 100.000.000 di euro. Selvitella se ne vergogna talmente che di quei 10 metodi non riesce a ricordarne nemmeno uno: «A dirla tutta, dovrei rimuovere il filmato. Ma fa parte della mia storia e ho deciso che resti dov’è». Da allora di video ne ha caricati 123. In media durano una decina di minuti ciascuno. Se li scrive da solo: circa 9.000 battute (aggiungendone altre 3.000, suppergiù la lunghezza di questa intervista). E, sempre da solo, li recita, li gira, li monta. Qualche titolo aiuta a meglio comprendere il genere letterario: 100 cose che non sai, 30 soddisfazioni della vita, 20 metodi per rimorchiare, 15 cose da non fare in vacanza, 10 problemi inutili, fino a Modi di dire stronzi. Il primo ha totalizzato da solo oltre un milione di visualizzazioni.
Al che uno si chiede: ma come accidenti si farà, con simile merce, a diventare famosi stando comodamente seduti in poltrona? Diciamo che lo smascheramento dei luoghi comuni è arte antica che paga sempre; mutatis mutandis, la stessa che ha consentito al giornalista Luca Goldoni, classe 1928, di diventare un bestsellerista con libri come Esclusi i presenti, Cioè, Non ho parole, Dipende, Lei m’insegna, Colgo l’occasione, Vai tranquillo, varianti colte dei titoli di Selvitella. Ma Daniele doesn’t matter, figlio unico di un odontotecnico e di una casalinga, ha la fortuna, o la sfortuna, di poter vantare anche una variante anatomica di irresistibile efficacia: due denti aguzzi che lo fanno assomigliare a Vlad l’Impalatore o a Dracula il Vampiro, fate voi.
I suoi canini sono veri?
«Ricevo dai 5.000 ai 15.000 messaggi e mail al giorno, e rispondo a tutti. Almeno 200 mi pongono questa stessa domanda. Sì, sono veri. Mia madre avrebbe preteso di farmeli accorciare dal dentista, ma a me vanno bene così. Ho una bocca preistorica, che mi ha regalato lo stesso successo di Twilight».
I suoi genitori che cosa pensano del mestiere di youtuber?
«Non hanno mai condizionato le mie scelte. A patto che ci mettessi impegno. “Vuoi fare il prestigiatore? Impegnati!”. “Vuoi studiare grafica? Impegnati!”. Papà è un mio fan, dà i giudizi sui video. Mamma all’inizio era titubante. Ora dice: “È mio figlio!”».
Non ha trovato niente di meglio da fare nella vita?
«Ho cominciato come web designer a 16 anni, mentre ancora studiavo. A 17 avevo già la partita Iva. Dopo uno stage, l’agenzia di pubblicità Leo Burnett voleva assumermi. Mai stato disoccupato».
Quando ha capito d’essere diventato famoso?
«Quando il cassiere del Pomodorino, pizzeria di via Principe Eugenio, a Milano, mi ha riconosciuto. La gente mi ferma per strada. Le prime volte è bello, poi diventa...».
Ripetitivo?
«Ripetitivo è una brutta parola. Diventa un’abitudine».
La sua fidanzata ne va orgogliosa?
«Non voglio toccare l’argomento. Mi seguono tantissime ragazze. Ci ho un messo un po’ di tempo a farglielo capire».
Il successo com’è arrivato?
«Per caso. Nel 2009 esco di strada per colpa dell’aquaplaning con la mia Bmw Z3, comprata di seconda mano. Mi ritrovo all’ospedale con un orecchio penzolante. Cinquanta punti di sutura. Avevo già postato su Youtube una decina di video. Torno a casa e me ne invento uno, sempre divertente ma a sfondo sociale, dal titolo Incidenti incidentati. Un appello alla prudenza. Ha fatto di botto 20.000 visualizzazioni. A quell’epoca si vedevano soltanto filmati tipo Paperissima oppure cantanti stonati del genere La Corrida. Lì ho capito che per diventare famosi non è necessario umiliarsi, come fa tanta gente disposta a tutto pur di agguantare il successo. Basta lanciare i messaggi giusti col tono giusto».
E lei ha il tono giusto.
«Ho studiato la materia. Ho usato una tecnica di marketing chiamata “immagine coordinata”, quella che fa sì che un’azienda sia subito identificabile per il logo, la grafica, lo slogan, l’etichetta. Quindi ogni filmato su Youtube si apre sempre con la stessa sigla California style e la mia silhouette che balla sullo sfondo delle fiamme, un po’ come lo sparo e il sangue che cola nei titoli di testa dei film dell’agente 007. Il tutto per trasmettere l’idea della professionalità, non del dilettantismo. L’ho fatto con l’intento di diventare un personaggio. Gli internauti dovevano poter dire: “Caspita, c’è un team dietro questi filmati”».
Invece?
«Ci sono soltanto io, con una fotocamera Canon Eos 550D in grado di fare riprese Full Hd nei formati Mp4 e Mov, montata su cavalletto nella mia camera d’infanzia, a Casale Monferrato, dove torno nel week-end dopo aver lavorato a Milano tutta la settimana. Una location molto riconoscibile, con un guardaroba colorato alle mie spalle».
Tutto qua?
«Magari. Calcoli dalle 4 alle 6 ore per scrivere il testo. Poi 2 ore per girare e altre 40 per eseguire il montaggio dei vari spezzoni».
Lavora più di un metalmeccanico.
«Lo faccio di notte, perché di giorno scrivo i copioni per Radio Kiss Kiss. Comincio alle 23.30 e a volte finisco alle 8 del mattino».
Ma non dorme mai?
«Non più di 4-5 ore per notte. D’altronde devo lanciare un filmato su Youtube una settimana sì e una uno».
E che cosa ci guadagna?
«Quando Youtube si accorge che hai tanti iscritti e tante visualizzazioni, ti contatta e ti chiede di diventare partner. Questo significa maggiori possibilità tecniche per la realizzazione dei filmati e inserimento della pubblicità. A cominciare dai pre-roll, brevi spot che precedono il tuo video. Se durano meno di 15 secondi, sei obbligato a sorbirteli. Se durano di più, l’utente può interromperli. Aggiunga i banner che compaiono durante la visualizzazione o nella pagina web di Daniele doesn’t matter».
Di quali aziende?
«Da Coca-Cola a Tim e Vodafone. E tutte le prime visioni cinematografiche».
Non mi ha detto quanto ci guadagna.
«Non posso svelarlo. Un tot a contatto».
Il sito Socialblade.com ha calcolato gli introiti di ogni canale di Youtube: «Daniele doesn’t matter dovrebbe raggiungere i 60.000 euro l’anno».
«Questa è una scemenza comparsa sulla Repubblica. Socialblade.com ha scritto una cosa diversa e cioè che ciascun canale può incassare da 10.000 a 200.000 euro l’anno, una forbice talmente larga da rendere di per sé poco credibile la stima. Diciamo che viene premiata la regolarità dell’impegno. Contenuti sempre nuovi sono una garanzia per Google, che vende la pubblicità di Youtube. Non è la pentola d’oro, ma ci campo».
Permettendosi il lusso di criticare colossi come Apple.
«Ho scherzato su un’apparente contraddizione: se l’Ipad Mini è più piccolo dell’Ipad 3 perché l’Iphone 5 è più grande dell’Iphone 4? Un giudizio molto comune, considerato che la legge non scritta dei cellulari finora è sempre stata quella di ridurne le dimensioni, mai di aumentarle. Eppure m’è toccato chiedere scusa agli Apple fanboy più sensibili».
Le piace ironizzare sui tic collettivi.
«Non interpreto me stesso: dico quello che pensa la gente. Sembro incazzato, ma di mio sono accondiscendente. È la gente a essere incazzata».
Sbaglio oppure fa di tutto per tenersi alla larga dalla politica?
«Non sbaglia. Mi considero politically correct. Ma non per mancanza di idee. È che non mi piacciono i comizi e le guerre ideologiche. So di avere una certa presa sul pubblico, perciò sarebbe scorretto condizionarlo con le mie opinioni».
L’esatto contrario di quanto fa Daniele Luttazzi.
«Come attore mi fa ridere. Come politico lo trovo fastidioso. Io mi sforzo di dare alla fine una morale positiva a tutti i miei sketch, di non essere mai distruttivo».
Perché non è finito a fare l’autore di testi per qualche comico da strapazzo? Pare che Luciana Littizzetto, oltre a Beppe Tosco, ne abbia al suo servizio addirittura altri due.
«Amo mettere la faccia in ciò che dico».
Maurizio Crozza ed Enrico Bertolino si fanno aiutare da Andrea Zalone, un ex avvocato. E per Rockpolitik l’ispiratissimo Celentano recitava le battute scritte per lui da Vincenzo Cerami, Carlo Freccero, Diego Cugia e Maurizio Caverzan.
«Non reciterei mai un copione altrui».
In Tv avrebbe lo stesso successo?
«Su Internet sono amato. Se mi spostassi altrove, sarebbe un tradimento».
Così amato da imporre ai suoi seguaci di inviarle foto a tema: 517 col dito medio alzato alla Bossi, 219 con linguacce, 170 con volti sofferenti.
«Un giochino per tenere alta la soglia d’attenzione su Facebook e Twitter».
Se si secca la vena creativa, che fa?
«Non si seccherà. La quotidianità mi regala ogni giorno nuovi spunti».
«“Zio, posso farti una domanda?”. “Direi che l’hai fatta anche senza il mio permesso e siamo a posto così”». Non si sente in colpa verso i disoccupati a guadagnarsi da vivere sparando freddure come questa?
«No. Nella vita bisogna anche ridere. Non saranno video culturali, ma non sono nemmeno i cinepanettoni di Neri Parenti o le scoregge di Alvaro Vitali».
Ma lei pensa che il suo lavoro contribuisca a migliorare l’Italia?
«No. Sarebbe un obiettivo eccessivo».
Illude i ragazzi, insegnando loro che si può diventare famosi standosene comodamente seduti in poltrona.
«Il titolo del libro è una ruffianata per venderlo. In realtà dietro lo youtuber ci sono studio e impegno. Però lo ammetto: il lavoro in miniera è un’altra cosa».
Stefano Lorenzetto
LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. È stato vicedirettore vicario del Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Ultimo libro: Hic sunt leones (Marsilio).
LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ’75. È stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Tredici libri: La versione di Tosi e Hic sunt leones i più recenti. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo. Le sue sterminate interviste l’hanno fatto entrare nel Guinness world records.