Alessandra Retico, la Repubblica 22/4/2013, 22 aprile 2013
ARIANNA ERRIGO: IO TIRO DA SOLA
Arianna è un filo teso dalla pancia alla mano, la sinistra. I colpi non li tira, li disegna in aria. In palestra si annoia ma sulla pedana balla. «Odio l’allenamento, io devo divertirmi. Mi annoiano gli esercizi e non ho pazienza: il mio peggior difetto, il mio miglior pregio». Svettante (alta 1.80) Errigo: prima nel ranking mondiale del fioretto, argento a Londra 2012. Ha iniziato con le lame a sei anni, ora ne ha 24. Lombarda, caliente.
«Chissà che c’entro io col nord: amo il sole e la morbidezza del meridione». Da Monza è infatti calata al sud dopo i Giochi, dalla nebbia al verde di Frascati, i Castelli vicino Roma. Per studiare all’università (tecniche ortopediche a Tor Vergata), per allenarsi alla palestra Simoncelli, l’altra periferia che dopo Jesi significa centro della scherma: Valerio Aspromonte e Ilaria Salvatori tra gli iscritti, e adesso Arianna a cercare una nuova strada. In nazionale quattro anni fa, subito nel dream team. Ex calciatrice, ex pallavolista, ex qualsiasi sport pur di non stare ferma. E ricominciare: da quell’unico punto che le è costato l’oro alle Olimpiadi contro Elisa Di Francisca. Sul podio piangeva, dopo otto mesi ancora sanguina: «Ho tutti i dvd delle gare, ma non sono ancora capace di vederli: mi fa ancora male».
E doloroso è stato l’abbandono del suo maestro Giovanni Bortolaso, sua guida per dieci anni, andato prima in Germania e poi in Russia come vice dell’ex ct azzurro Stefano Cerioni, senza nemmeno salutarla.
Brutto colpo.
«Un male cane. Ancora non riesco a farmene una ragione. Giovanni è scappato, mi ha tradito. Era una storia la nostra, in senso tecnico e umano, lui l’ha distrutta. E io adesso non so fidarmi più di nessuno. Sapevo già prima di Londra che sarebbe andato in Germania per motivi economici, stavo cercando un modo per riportarlo in Italia, gli ho cercato degli sponsor, eravamo d’accordo. Invece lui mentiva: si stava già organizzando di nascosto per trasferirsi a Mosca. Non mi ha mai dato spiegazioni. Ha detto bugie anche alla federazione. Mi ha lasciata da vigliacco. Io avevo 14 anni quando mi sono affidata a lui, lui ne ha più di 50 e non è stato in grado di comportarsi da adulto. Non gliela perdono».
E ora?
«Non posso avere altre storie, non ancora. Mi alleno col mio amato specchio. E tiro parecchio coi maschi, mi
piace molto, e provo anche la sciabola. Mi segue una psicologa oltre al preparatore atletico. Sarò presuntuosa, ma credo di essere in grado di andare avanti da sola fin quando non troverò qualcuno di cui fidarmi in pieno. Uno, in realtà, già ce l’avrei ».
Chi?
«Giulio Tomassini».
Il maestro di Valentina Vezzali.
«L’unico che mi fa stare zitta. Io tendo ad avere dubbi, a chiedere, a interrogare. Giulio è uno che mi calma. Già mi ha seguita negli ultimi ritiri. Presto glielo chiederò formalmente».
Nel frattempo Valentina andrà in maternità.
«E ci rimarrà per poco. A maggio partorisce, ad agosto sono sicura che per i mondiali a Budapest sarà in pedana».
Voi due avete litigato parecchio.
«Nel suo libro ha scritto che ai mondiali di Parigi 2010 ha perso apposta con me per non incontrare la Di Francisca in finale. Agli Europei di Legnano l’ho sistemata con un 15 a 6 e le ho detto: non sai perdere. Ci siamo spiegate, è finita lì, ma lei non cambierà: se in allenamento tiro male, io mi arrabbio e mi viene voglia di tornarmene a casa. Lei vuole la rivincita, manco fosse una finale olimpica. Una guerriera da studiare».
Intanto le russe stanno imparando da tutte voi, con Cerioni che le guida.
«Stefano conosce i nostri punti deboli e li sfrutta. Nelle prime gare di coppa del mondo era lì che gridava nel suo angolo, in italiano. Metteva le sue borse vicino al nostro spazio, si avvicinava sbraitando. All’inizio ci ha quasi confuse, noi siamo abituate ai suoi modi e alla sua voce. Lo ascoltavamo. È un genio, furbissimo, sa che siamo fragili, sa dove pungerci. Abbiamo reagito, battendo le sue nuove allieve con ferocia, con orgoglio. Ormai tra noi e le russe non è scherma, è una guerra d’onore».
Durerà il vostro primato?
«Io dico di sì. Siamo una scuola, abbiamo esperienza, e i giovani crescono. Il nuovo ct Cipressa è uno che viene dalle pedane e ci conosce, non ha bisogno di inventarsi niente. Io rispetto la scelta di Cerioni, a soffrirne di più è stata Elisa visto che era il suo maestro. Lei, almeno, è stata lasciata nella chiarezza».
Fidanzata?
«Dai mondiali di Catania nel 2010, con Antonio, siciliano, un anno meno di me, ma uno maturo: un uomo o lo è subito o mai».
Segue la politica?
«Con sofferenza. La gente di questa politica non ne può più».
Se non avesse fatto scherma?
«Design. Ho fatto un istituto d’arte con questo indirizzo a Monza. Mi piace la musica: funky, reggae, la colonna sonora di Rocky prima di un incontro. Io devo vibrare e non ho mezze misure: tutto o niente».
Per questo l’argento olimpico non le basta.
«L’oro è un’altra cosa, e comunque a me non basta come ho combattuto. La mia scherma è estrosa, d’attacco, creativa. Invece lì non sono stata me stessa. E tradirsi non perdona».