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 2013  aprile 21 Domenica calendario

CANTIAMO DA DIO MIRACOLI DELLA MUSICA ITALIANA

Ancora negli anni Venti, tempo di grammofoni e fonografi, la Chiesa osteggiava i balli moderni, il foxtrot, il charleston, demonizzava il tango “in odor di lascivia”, ma allo stesso modo intuiva la forza innovatrice della musica — la musica che aggrega — e guarda caso è un prete toscano, don Dario Flori, detto Don Sbarra, a scrivere quello che sarà l’inno del Partito popolare prima, e della Dc dopo: O bianco fiore. E iniziò allora quel rapporto tra il Divino e la canzonetta che ancora oggi dura. La pedagogia della Chiesa informa la nazione: almeno nella prima metà del secolo. Leonardo Sciascia un giorno degli anni Cinquanta sale su un bus di democristiani diretti a un comizio di Fanfani e assiste a questa scena: «I ragazzi cantarono O bianco fiore
mentre si attraversava il paese, poi scivolarono in canzoni d’amore, arrivando ad Agrigento ripresero
Bianco fiore».
È del 1912 la prima canzone di musica leggera che incrocia Dio, Fili d’oro, per la voce napoletana di Gennaro Pasquariello: nel 1952 Nilla Pizzi, con
Una donna che prega, arriva terza a Sanremo. Sono passati quarant’anni ma l’idea di religiosità non è cambiata granché. È ancora quella dell’Italietta cattolica tardo-ottocentesca, campagnola; la fede un fatto scontato, la parrocchia, il perimetro sociale della comunità.
Un teologo, Brunetto Salvarani, e un operatore culturale, Odo Semellini, entrambi di Carpi, studiosi di Guccini, hanno avuto una pazza idea. Censire e analizzare tutte le canzoni della musica pop italiana che toccano il tema religioso. Ne hanno scovate trecentodiciotto. E ne hanno fatto un libro, con annesso dizionario — Dio, tu e le rose (Il Margine) — che è un caleidoscopio spiazzante di personaggi e rimandi, una storia d’Italia da Nilla Pizzi a Capossela, passando per De André, Claudio Rocchi, Battiato, i Baustelle, Jovanotti, Giovanni Lindo Ferretti, quest’ultimo emigrato dai Cccp fedeli alla linea ai fedeli di Ratzinger. Una specie di specchio del Paese.
Adriano Celentano, per dire, è la prova che l’Italia ha sterzato nella modernità. È il boom economico e le città si sono espanse, accogliendo migrazioni bibliche dalle campagne. Il 1963 è l’anno in cui si fanno più figli. Il Concilio spiega le sue ali. Sono abolite le messe in latino. Celentano è il cattolico cittadino, che comincia a interrogarsi sulle contraddizioni anche ecologiche di quel rutilante sviluppo.
Compone Chi era lui, lato di B de Il ragazzo della via Gluck, tutto dedicato alla figura di Gesù, e Pregherò sulle note di Stand by Me.
Nel 1966 Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti vincono a Sanremo con Dio come ti amo: Dio qui è semplicemente l’esclamazione dell’innamorato, ma è difficile immaginare, appena qualche anno prima, una citazione del genere in una canzonetta.
Poi irrompe la valanga del Sessantotto. Musiche samba alle funzioni. Le messe beat: la prima è a Roma, officiata il 27 aprile 1966 nella chiesa Nuova dell’oratorio del san Filippo Neri.
Il Borgheseci monta su una campagna di stampa. Francesco Guccini scrive che Dio è morto, («nelle auto prese a rate Dio è morto/ nei miti dell’estate Dio è morto»), manifesto di una generazione: l’Osservatore
romano la esalta, la Radio Vaticanala manda in onda, la
Raidemocristiana la censura. Stessa sorte capita anche a Fabrizio De André con Si chiamava Gesù e Preghiera in gennaio.
Lucio Dalla è costretto a cambiare il suo 4 marzo 1943
(a cominciare dal titolo, che era Gesù bambino):
«E ancora adesso che bestemmio e bevo vino/ per i ladri e le puttane sono Gesù bambino» diventa «e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino / per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino ». Ora il paradosso è questo: sia Guccini che De André passano per autori di sinistra, ma il loro essere fuori dai ranghi tradizionali della militanza, figure anarchiche in senso lato, fa sì che la loro platea di estimatori sia forse addirittura più ampia nel campo cattolico. Paolo Scappucci della Pro Civitate Christiana scrive una lettera entusiasta a Faber: «Molto spesso, quando ho occasione di parlare ai giovani in riunioni o conferenze e dibattiti porto sempre i tuoi dischi». Nei mesi più accesi della contestazione, esce
La buona novella, un album fondamentale. Gli chiedono ruvidamente: «Perché parli di Gesù mentre noi contestiamo l’autoritarismo?». Replica del poeta: quel che chiedete non è poi così lontano dagli insegnamenti di Cristo. Dirà De André in una delle sue ultime interviste, nel ’97: «Gesù rimane un esempio da imitare e ama il tuo prossimo come te stesso è un principio bellissimo».
Negli anni Ottanta Dio diventa plurale. Franco Battiato ci parla della mistica sufi: è un’apertura a mondi diversi, come un anticipo di globalizzazione. Poi, nell’Italia da bere, lo sfaldamento delle ideologie incrina molte certezze. «Tanta gente è convinta che ci sia nell’aldilà qualche cosa... chissà» canta forse non a caso Vasco Rossi nel 1987. E con questo dubbio il Dio delle canzoni scala le hit parade.