Paolo Di Paolo, Il Messaggero 22/4/2013, 22 aprile 2013
NOSTALGIA DEL PINO SILVESTRE
Riabilitiamo la nostalgia! Si può fare qualcosa a favore del più osteggiato dei sentimenti umani? Quando si mostra appena un po’ di rimpianto per un’epoca lontana, per un oggetto scomparso, per una vecchia fotografia, si viene subito intruppati nella schiera dei «passatisti» che non guardano al futuro. La nostalgia è un sentimento fuori moda, malvisto nella vita privata come in quella pubblica. Guai a vagheggiare qualcosa che è accaduto un po’ di tempo fa, si passa per vecchi. Invece si può essere nostalgici a ogni età, anche a sedici anni. «La nostalgia non significa lamentarsi dei tempi che corrono contrapponendoli a un passato migliore. È un metodo per provare a capire quanto ci accade intorno, partendo dalla certezza di essere determinati, sempre, molto più da quanto è accaduto che da quanto è, oppure accadrà». Così scrive Giacomo Papi nel suo sorprendente “Inventario sentimentale” appena pubblicato da Laterza. Ed è un’ottima prospettiva: guardarsi indietro non significa essere ostaggi di un calendario scaduto.
COME ERAVAMO
Il tempo ci allontana le cose, le persone, allontana perfino noi da noi stessi: la «ricerca del tempo perduto» può essere utile e salutare per qualunque essere umano. Per questo Papi ci invita a mettere il naso in un consistente «dimenticatoio». Il luogo, estensibile all’infinito, dove finiscono (e forse, a modo loro, sopravvivono) gli oggetti che cadono dall’uso, le abitudini, talvolta perfino gli odori, i sapori, gli stati d’animo. Cose materiali, e cose immateriali - come il fumo nei locali o l’essenza di pino silvestre. Papi accosta le tessere di un affascinante mosaico del «come eravamo»: lo fa con ironia, e con la giusta dose di poesia. Quella che serve a raccontare il destino delle vecchie tavole calde e delle parrucche da uomo, i biglietti appesi alle porte dei negozi chiusi (dal canonico «torno subito» a un più vago «sono in zona»), e ancora: semafori sostituiti dalle rotonde nelle città di provincia, cinema porno scalzati dal sesso online; bottoni e gomitoli di lana; il fascino e il lieve squallore di autogrill e treni di notte, cartoline e lettere d’amore, almanacchi.
Qualcosa, in questa lista, non si arrende, continua a sopravvivere, resiste. Le cabine telefoniche, per esempio. A Londra sono quasi un patrimonio artistico. In Italia ne restano circa centomila, e da ciascuna partono in media tre telefonate al giorno. Quindici anni fa erano assai più frequentate, considerando che ogni cento abitanti c’erano poco più di dieci telefoni. Oggi, ne abbiamo 108 ogni cento persone. Papi dedica la sua attenzione anche alle etichette con cui si tentava di mettere ordine al caos del mondo, alle matite copiative, alla carta carbone. E alle vecchie diapositive, protagoniste di immancabili riunioni a fine vacanza.
L’ULTIMO RULLINO
L’ultimo rullino Kodachrome è stato sviluppato - ci informa Papi - a mezzogiorno del 30 dicembre 2010 in un laboratorio in Arkansas. Certo, se ne può fare tranquillamente a meno: il presente ci dota di altri mezzi per fermare gli istanti della nostra vita. Anzi, li ha moltiplicati. Con il paradosso che gli iper-tecnologici in apparenza anti-nostalgici sono i più nostalgici di tutti, pronti a fotografare, riprendere e dunque ad archiviare qualunque esperienza. Siamo tutti (quasi tutti) ostinati archivisti di noi stessi, collezionisti, gestori di memorie private e pubbliche: Facebook e YouTube non hanno forse qualcosa di proustiano? Papi ne è convinto, e non a torto. Così, ci trascina sempre più convinti nel suo «Inventario sentimentale», tra inservibili videocassette, Girelle Motta e fotogrammi di Carosello.
«È un tentativo - spiega - di descrivere il tempo in cui abitiamo partendo da quello a cui ha rinunciato. (...) La pretesa di essere nuovi è ottusa e ridicola. Il presente è un’illusione. Il passato è incommensurabilmente più esteso». Lui, con il suo elenco di assenze, con le sue struggenti domande (che fine hanno fatto gli orologiai? E i matti di paese? E le stelle cadenti?), attraversa questo vasto territorio dello Ieri personale e collettivo con perizia di esploratore. Raccoglie indizi, dettagli, pareri, confessioni. Citazioni vere e finte, di poeti e filosofi così bene inventati da sembrare veri. Torna alla mente una frase dell’ultimo film di Fellini, “La voce della luna”. Benigni guarda la luna (anche a lei è dedicato un capitolo del libro) ed esclama: «Come mi piace ricordare! Più che vivere. Del resto, che differenza fa?»