Stefano Malatesta, la Repubblica 21/4/2013, 21 aprile 2013
COSI’ SALPO’ LA LEGGENDA DI ACHAB
Quando venne pubblicato Moby Dick nel 1851, Herman Melville aveva trentadue anni, era stato marinaio nelle baleniere che partivano da Nantucket, l’isola a sud di Cape Cod, e aveva scritto due libri di notevole successo:
Taipi e Omoo. Questi racconti si inserivano nel filone dei mari del sud, diventati durante il XVII e XVIII secolo un mito geografico da quando la nave di Bouganville, l’ammiraglio francese, era stata accolta nella rada di Papeete a Tahiti da centinaia di canoe cariche di ragazze, completamente nude, che portavano ai visitatori ananas, banane, i frutti dell’albero del pane e collane di fiori.
Da giovane lo scrittore aveva un carattere avventuroso, ma anche eccentrico e imprevedibile che lo portava a decisioni improvvise e spesso sbagliate. Amava l’oceano, ma era infastidito e annoiato dalla vita di bordo e aveva la tendenza a eclissarsi in ogni porto. Nel Pacifico sbarcò senza preavviso sulle isole Marquesas, vivendo con quelli che erano ritenuti dei cannibali e che invece erano dei buoni selvaggi, come dicevano gli illuministi.
Nel frattempo a Melville erano successe tre cose: aveva comprato una casa nel Massachusetts, aveva conosciuto Nathaniel Hawthorne, che diventerà il suo più importante consigliere, e aveva letto da qualche parte la storia di una nave baleniera aggredita da un enorme capodoglio. La baleniera non era affondata, come succede invece per la Pequod in Moby Dick, ma era andata alla deriva per settimane con sette marinai, sopravvissuti mangiando la carne dei loro compagni morti. La storia fece una grande impressione su Melville, ma probabilmente senza l’incoraggiamento di Hawthorne non avrebbe mai osato scalare le altezze bibliche che rappresentano la forza del libro. Quando il romanzo venne pubblicato fu un flop. I lettori di Melville erano abituati a tutt’altro genere, senza capire che
Moby Dick spalancava le porte a una letteratura americana rimasta discretamente provinciale. In vita non ebbe mai il riconoscimento che meritava, eppure le immagini trasmesse sono assolutamente straordinarie e uniche nella letteratura mondiale: il capitano Achab che inchioda una moneta d’oro sull’albero maestro per il primo che avvisterà il mostro, il gigantesco maori tutto tatuato che lancia dalla prua della scialuppa baleniera il primo arpione contro la balena. E finalmente il finale con il capitano Achab, avvolto dai cordami che lo tengono stretto con il Male e che viene trascinato nell’abisso. Melville aveva osato andare nella no man’s land ed era ritornato con un buon bottino.