Rocco Moliterni, TuttoLibri - La Stampa 20/4/2012, 20 aprile 2012
CON I BISCOTTI ALLA BAUDELAIRE SI ANDAVA IN CIELO
«Da cuoca a cuoca devo confessare che questo libro, col suo miscuglio di ricette e ricordi, è stato messo insieme durante i primi tre mesi di un attacco di itterizia», si apre così I biscotti di Baudelaire , il libro di cucina di un personaggio speciale come Alice B. Toklas (la B sta per Babette): una di quelle intellettuali anticonformiste (non nascondeva la sua omosessualità e fu, fino alla morte di quest’ultima, compagna di Gertrude Stein), che animarono con la loro intelligenza - e a questo punto possiamo dire anche con i loro piatti - il bel mondo internazionale nella prima metà del secolo scorso. Nel salotto delle due amiche erano di casa Hemingway e Matisse, Sherwood Anderson e gli altri esponenti di quella che sarebbe entrata nella storia come la «generazione perduta», secondo una definizione della stessa Stein.
Mettiamo subito le mani avanti per i lettori italiani: la Toklas, come ricorda lei stessa nella prefazione, è nata in America e ha vissuto a lungo in Francia, e «il libro l’ho scritto per l’America, ma sarebbe bello che i suoi suggerimenti riuscissero anche a passare al di là della Manica a trovare finalmente posto nelle cucine inglesi». In altre parole l’intento culinario del libro è fare raffronti tra la cultura gastronomica francese («i francesi mettono nel considerare l’importanza della buona cucina, lo stesso rispetto, impegno, intelligenza e interesse che riservano alle altre arti, alla pittura, alla letteratura e al teatro») e quella americana («la cucina è diventata ormai una specie di scienza esatta»). Così un lettore italiano avrà qua e là la sensazione di essere tagliato fuori e troverà talora più interessanti i ricordi e i personaggi più o meno famosi che popolano le pagine del libro che non le ricette. Queste sono più di trecento e per fortuna non solo francesi o americane. Molte mettono comunque voglia di cimentarsi ai fornelli, anche perché da buona cuoca la Toklas non propone solo piatti complicati: e se preparare la crema di fegato non è da tutti, il melone alla Sharazade è praticabile (a patto di avere lo champagne). E il consiglio, per i capitoli non fatti di sole ricette, è di saltarle e di leggerle in un secondo momento per non perdere il flusso di memoria dell’autrice.
Un flusso di memoria che ci riporta ad esempio a quando la Toklas, nel 1908, andò ad abitare con Gertrude Stein in Rue de Fleures a Parigi e la sua compagna le chiedeva nel giorno del Ringraziamento di preparare il classico tacchino farcito. E «visto che Gertrude non riusciva a decidere se preferiva funghi, castagne oppure ostriche, nel ripieno decisi di usare tutt’e tre gli ingredienti». Tra gli ospiti potevano capitare artisti come Picabia («il solo pittore da cui ebbi una ricetta: anche se si tratta semplicemente di un piatto d’uova è all’altezza della fama del suo creatore») o Picasso, per cui la Toklas inventa un modo di cucinare il branzino che riportiamo in basso.
Nascono paralleli sorprendenti tra gli assassinii nei gialli di Dashiel Hammett e ciò che avviene in cucina, si entra nelle case di baronesse amiche di Paul Claudel e in cortili di campagna dove un cane randagio di nome Diane gioca con l’anatra Blanchette (la storia è l’occasione per la ricetta dell’anatra all’arancia e si intuisce come il gioco sia finito). Si rivive il clima dell’occupazione tedesca, dove bisognava ingegnarsi per procurarsi gli ingredienti anche per i piatti più semplici.
C’è un capitolo dedicato ai tesori, ossia a quei sapori scoperti per la prima volta nell’infanzia come le frittelle che Nora, la cuoca della madre di Alice, preparava a colazione nella San Francisco di fine ’800. Un capitolo è dedicato alle ricette degli amici e qui scopriamo ad esempio che Fernanda Pivano, all’epoca ancora Sottsass, ha donato alla Toklas una sorta di bignamino della cucina regionale italiana insegnandole a fare gnocchi alla romana, pesto alla genovese e pizza alla napoletana. Il grande fotografo Cecil Beaton si è limitato a suggerire come fare le mele glassate, che lei definisce «un dolce greco, molto orientale».
A questo punto non c’è che da svelare il segreto dei Biscotti di Baudelaire , che danno il nome al libro. E’ una ricetta dell’amico Brion Gysin che li definisce, il «cibo del paradiso». Tra i vari ingredienti c’è infatti anche la cannabis sativa e la Toklas assicura che «se vi lascerete andare potrete provare quasi tutto quello che provò Santa Teresa».