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 2013  aprile 21 Domenica calendario

IL GIOVANE CAMPIONE DI GRECO ANTICO: ATTENTI ALLA RETE —

Ha tradotto l’Inno a Zeus dal greco antico come un fulmine e ha conquistato i mille euro dell’«Agon eschileo», una sorta di Oscar dei grecisti assegnato ogni anno a Gela, ma Filippo Bosco, 19 anni compiuti proprio ieri, jeans e maglietta, Facebook e Twitter sempre sott’occhio, non ha certo l’aria del secchione. Arrivato da Chieri, Torino, col suo accento piemontese, alto e riccioluto, garbato e felice di aver vinto questa gara nazionale dei primatisti di versioni dal greco con un brano dell’Agamennone di Eschilo, giocherella con le metafore subito adattate al Paese che prova a uscire dall’impasse con la riconferma di Napolitano al Quirinale: «Ho tradotto l’inno sulla conoscenza acquisita attraverso il dolore e la sofferenza...». Già, proprio il brano in cui echeggiano versi adattati forse alle votazioni di ieri sera: «Anche a coloro che non vogliono, giunge il pensare che salva...».
E lui che sulla Rete zompa in continuazione sembra voler rispondere con questo verso di Eschilo a quanti s’affidano alla democrazia telematica: «È una gran cosa, è fonte di conoscenza immediata, ma soprattutto ai giovani della mia generazione vorrei dire di stare attenti a populismo e demagogia. Perché bisogna riscoprire l’aspetto autentico della democrazia. Senza valutazioni superficiali. Ottimo il confronto su Facebook e su tutti gli altri canali di comunicazione immediata, ma basta leggere post e commenti per capire quanta alta sia la percentuale di faciloneria, leggerezza, approssimazione».
E quasi boccia le «quirinarie» seguite nella sua trasferta di Gela: «A parte gli hacker che inquinano, è facile cadere nella demagogia con questo mezzo che non sempre si rivela una certezza e una garanzia per stare dalla parte del popolo, per interpretare le idee della maggioranza. Credo che emergano meccanismi di inquinamento prevedibili. E Internet non può diventare una ideologia. I contenuti dobbiamo metterceli noi dentro. Ma, appunto, dobbiamo stare attenti a chi li mette dentro. Riscoprendo un necessario senso critico. Lo stesso che i classici ci insegnano. Cos’era la demagogia se non il rischio della primissima democrazia di Atene? E dobbiamo ancora difenderci dal quel rischio».
Applausi a scena aperta a Gela dove il sindaco Angelo Fasulo e il preside dell’«Eschilo», Gioacchino Pellitteri, hanno consegnato l’assegno da mille euro al piemontese arrivato dal «Monti» di Chieri, lasciando al secondo posto con 750 euro Marco Maldonato del liceo «Giovanni XXIII» di Marsala e al terzo posto con 500 euro Vittorio De Stefano del «Tasso» di Roma.
Premi, cenone e gran festa fino a mezzanotte con gli auguri per il compleanno di Fabio che ringraziava e smanettava col telefonino leggendo gli sms inviati da Chieri, dai genitori, papà Giovanni e mamma Rosanna, entrambi professori, dal fratello più grande Pietro, una passione per la musica, dai gemelli di 15 anni, Anselmo e Gioacchino. Ed è a loro che pensa questo «grecista» scettico, convinto che i classici vecchi di duemila anni possano aiutarci a capire: «Come dico ai miei fratelli, il futuro di questo Paese è incerto, ma le radici sono salde, la cultura classica è una roccia e su tutto questo si costruisce il futuro». Il rischio della retorica? «Se lo ponevano gli ateniesi, riflesso della demagogia, mali superabili con la conoscenza. E con l’impegno. Come quello del presidente Napolitano che ci lascia sperare».
Felice Cavallaro