Angelo Picariello, Avvenire 21/4/2013, 21 aprile 2013
QUEI TRENTA MINUTI CON LA MOGLIE CLIO
«Vi prego di lasciarmi trenta minuti per riflettere. Ho bisogno di parlare con mia moglie». Sono quasi le 14 quando si capisce definitivamente che Giorgio Napolitano ha capitolato. Aveva tentato di resistere in tutti i modi. Qualche giorno fa, riservatamente, era andato a Palazzo Giustiniani, a dare un’occhiata ai locali che gli erano stati riservati come senatore a vita. Ma il trasloco, adesso, può aspettare. E dire che aveva resistito, per mesi, con tutti gli argomenti possibili. «Tu la chiami provvidenza io la chiamo fortuna, in ogni caso io penso che non vada sfidata», aveva replicato nel suo humor anglopartenopeo, rivolgendosi ad Andrea Olivero, quando, circa un mese fa, nelle consultazioni con Scelta Civica, la richiesta di riproporsi era arrivata di nuovo, e in modo pressante e accorato. Nel sottrarsi alle pressioni aveva usato, in pubblico, sempre argomenti di prassi e opportunità istituzionale. Ma hanno pesato anche motivi di carattere personale e familiari legati all’età e a qualche sintomo di stress che a fasi alterne si era manifestato. Preoccupazioni che preferiva tenere per sé. Al massimo, Napolitano le tirava fuori nei colloqui riservati, a volte ci scherzava su anche con i giornalisti, presagendo l’avvicinarsi del traguardo. E tutti hanno colto i segni di un’immedesimazione quando ha salutato il «gesto di straordinario significato storico e umano» di Benedetto XVI che lasciava il Soglio pontificio alla soglia degli 86 anni, due meno di lui.
A riaprire la questione del bis, che pensava definitivamente archiviata, ci aveva provato per primo Silvio Berlusconi, venerdì sera, subito dopo la bocciatura di Prodi. Tanto rovinosa da lasciare solo macerie. Berlusconi, stavolta senza neanche avvalersi della solita mediazione di Gianni Letta, aveva parlato personalmente al capo dello Stato per dirgli della sua preoccupazione, non vedendo più a sinistra interlocutori affidabili per uscire dallo stallo. «Ci aiuti lei, si renda disponibile». La risposta era stata la solita, ma Berlusconi aveva visto uno spiraglio, e nel successivo incontro con Mario Monti, Pdl e Scelta civica avevano tenuto la soluzione in caldo, camuffata dietro l’auspicata «soluzione istituzionale condivisa » e il nome avanzato da Monti in prima battuta di Anna Maria Cancellieri.
Raccontano poi che decisivo sia stato, ieri, il drammatico colloquio con Pier Luigi Bersani. «Io lascio, ma il ’nostro’ partito rischia di avvitarsi su se stesso, e questa sarebbe una sciagura per il Paese. Sono qui a chiederti una disponibilità che sarebbe visto da tutti come un segnale di distensione». Una disponibilità non tanto prolungata nel tempo, probabilmente, da offrire fintanto che il quadro interno e internazionale non si sia stabilizzato. Così gliel’ha prospettata Bersani, e quando sul Colle è arrivato Monti il percorso era già avviato. Il premier uscente non ha fatto altro che confermargli la sua convinzione trasmessagli in quel sabato mattina per scongiurare l’ipotesi dimissioni che Napolitano aveva valutato: «Solo la tua disponibilità permetterebbe la stabilizzazione del quadro internazionale. Il tuo sacrificio permetterebbe di far proseguire il nostro lavoro, sarebbe salutato con grande fiducia da tutti». Quando sul Colle arrivano i governatori, Napolitano mostra già di aver ceduto. E non è che le parole di stima e di incoraggiamento della Lega di Roberto Maroni non abbiano avuto il loro peso. Alle 14 restava solo il compito più difficile. Spiegare la decisione alla moglie Clio, compagna di una vita, che aveva già capito: «Non posso sottrarmi, il Paese è in una situazione drammatica e mi chiedono un ulteriore sacrificio. Potrebbe non durare a lungo, ce la faremo».