Gian Battista Bozzo, il Giornale 18/4/2013, 18 aprile 2013
RECORD STORICO DI TASSE MA AL GOVERNO NON BASTA: C’E’ UN BUCO DA 7 MILIARDI
L’incertezza della situazione politica potrebbe minacciare le prospettive, pur molto deboli, di ripresa economica in Italia. Il lessico è, come al solito, prudente, ma la sostanza contenuta nel Bollettino economico della Banca d’Italia è chiara: il Paese non si può permettere uno stallo troppo prolungato. Servono misure immediate per contrastare la recessione. «Occorre proseguire con politiche economiche efficaci e credibili, che interrompano la spirale recessiva in atto nel nostro Paese quasi ininterrottamente dal 2008», si legge nel documento del servizio studi di via Nazionale.
La situazione resta difficile. Dopo la forte contrazione del Pil nel quarto trimestre 2012, il ritmo della recessione sembra aver rallentato nei primi tre mesi di quest’anno, ma nessun indicatore preannuncia una «svolta imminente». Le valutazioni delle imprese sulle condizioni dell’economia non migliorano, «e la fiducia dei consumatori resta orientata al pessimismo». I consumi si sono ridotti ancora in questo primo scorcio d’anno a causa della «forte incertezza» delle famiglie sulle prospettive di reddito e di occupazione. In febbraio il tasso di disoccupazione ha raggiunto l’11,6%, e il numero dei senza lavoro cresce soprattutto fra i giovani e i meno istruiti. La pressione fiscale ha raggiunto il record di sempre, superando persino il 1997, anno dell’eurotassa pagata dagli italiani per entrare nella moneta unica. Era stata pari al 47,4%. L’anno scorso ha raggiunto il 48,1% del Pil. L’aumento combinato della disoccupazione e della pressione tributaria hanno provocato la diminuzione del 4,8% del reddito reale disponibile delle famiglie: inevitabile la caduta dei consumi.
Il quadro finanziario resta ugualmente incerto. Bankitalia rileva che finora l’effetto elezioni è stato modesto sullo spread, e gli ultimi dati segnalano una ripresa dei flussi di capitale straniero verso il nostro Paese. Ma il danaro non arriva all’economia reale: nei primi mesi di quest’anno è proseguita la flessione dei prestiti alle famiglie e alle imprese. Il costo del credito appare stabilizzato, però resta un punto percentuale più elevato rispetto alla media dei Paesi dell’Eurozona. Proprio ieri il Fondo monetario internazionale ha confermato che il credito alle piccole e medie imprese «si sta contraendo rapidamente in Italia e Spagna». Le sofferenze rispetto ai prestiti alle imprese si è portato ai livelli della recessione dei primi anni Novanta, ma «l’assetto patrimoniale delle nostre banche resta solido».
Su questo scenario si deve mettere in piedi una politica economica. Bankitalia non parla esplicitamente di una manovra aggiuntiva, ma è evidente che la previsione governativa di un disavanzo 2013 al 2,9% lascia aperte gravi incognite. Mancano all’appello i 2,3 miliardi per finanziare la cassa integrazione in deroga, e 600-700 milioni per pagare le missioni internazionali. Poi ci sono i pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione alle imprese. Secondo il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, «ci sono spese in eccesso fra i cinque e i sette miliardi di euro che hanno bisogno di copertura finanziaria». Ed è evidente che il tutto dovrà essere reperito con tagli di spesa, visto che la pressione fiscale ha raggiunto, come s’è visto, livelli insopportabili. Nonostante la recessione, nei primi tre mesi di quest’anno le entrate sono aumentate dello 0,8% sullo stesso periodo 2012, grazie al gettito dell’imposta sostitutiva sul risparmio gestito e alle ritenute Irpef sui redditi da lavoro.
Il decreto sui pagamenti della Pubblica amministrazione per 40 miliardi in due anni potrà portare benefici all’economia, rileva la Banca d’Italia, ma molto dipenderà dai tempi dei rimborsi e dall’uso che di questo danaro faranno le imprese. In ogni caso, le previsioni degli effetti del provvedimento sulla crescita economica sono molto incerte:l’ipotesi del servizio studi della banca centrale è che il contributo al Pil potrebbe variare fra lo 0,5 e lo 0,7% complessivo nel biennio. Insomma, non si tratta di una pozione magica per l’economia.