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 2013  aprile 17 Mercoledì calendario

BANCA DA SALVARE, SI PUNTA SULLA CURA PARMALAT

Un Monte dei Paschi «mo­dello Parmalat». È la scommessa che, sotto traccia, alcuni analisti e operatori di mercato stanno ef­fettuando sul titolo dell’istituto senese. La speranza è che al nuo­vo corso del presidente Alessan­dro Profumo e dell’amministra­tore Fabrizio Viola riesca lo stes­so miracolo di Enrico Bondi. Que­st’ultimo, tra il 2005 e il 2010, ri­portò nelle casse del gruppo di Parma oltre 2 miliardi attraverso le azioni legali nei confronti delle banche che, indebitandolo, ne aggravarono il dissesto.
Ecco perché ieri in Borsa i se­questri disposti dalla Procura di Siena non hanno causato ulterio­ri scossoni a Mps che, anzi, ha chiuso in rialzo dell’1,3%.Poteva sicuramente andare peggio.
Come quantificare il danno? In­nanzitutto, seguendo la traccia di un report di Mediobanca di qualche settimana fa, si può parti­re dall’esperienza di Parmalat. Il piatto forte sono state le revocato­rie, cioè la richiesta di annullare accordi con gli istituti di credito che avevano obbligato il gruppo che faceva capo a Calisto Tanzi a riacquistare obbligazioni pro­prie o ad acquistare altri titoli in cambio di assistenza finanziaria nelle emissioni obbligazionarie. Su 7,5 miliardi di revocatorie Par­malat recuperò 1,5 miliardi, cioè il 20%, attraverso le transazioni.
Le operazioni «Alexandria» con Nomura e «Santorini» con Deutsche Bank non solo hanno causato perdite per oltre 600 mi­lioni (730 considerando Nota Ita­lia), ma hanno obbligato la ban­ca a r­icomprare a un prezzo mag­giorato oltre 4,5 miliardi di Btp ce­duti alle due controparti tramite pronti contro termine. A questi si aggiungono i 3 miliardi di interes­si persi in tre anni sul portafoglio Btp (25 miliardi) perché con un derivato sono stati «scambiati» con qualche decina di milioni di interessi a tasso Euribor. Con le cause per risarcimento danni si può superare quota 10 miliardi.
Certo, un’azione risarcitoria è più difficile da vincere, soprattut­to p­erché il disastro è stato causa­to dagli oltre 10 miliardi spesi per l’acquisto di Antonveneta. Ma il Monte può far notare come tutto il garbuglio con le altre banche abbia alla fine costretto la banca a ricorrere a 4 miliardi di Monti-Bond (2 miliardi sono serviti per ripagare i vecchi Tremonti­bond) per mettere in sicurezza il patrimonio. E i salati interessi corrisposti al Tesoro hanno com­promesso la redditività della ban­ca fino al 2016. Oltre al danno emergente c’è anche il lucro ces­sante dei mancati utili (negli ulti­mi 4 anni è stato pagato solo una volta il dividendo).
Se il tasso di recupero si avvici­nasse al 20% di Parmalat, forse si potrebbero recuperare 2 miliar­di e, con un po’ di buona sorte nel­le dismissioni, si potrebbe pensa­re a restituire buona parte dei Monti-bond. Lasciandosi le ma­cerie alle spalle.