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 2013  aprile 15 Lunedì calendario

LA VENDETTA GRECA CONTRO BERLINO

«I greci si occupino delle ri­forme, non delle favole sui risar­cimenti» ha tuonato da Berlino il potente ministro delle finan­ze tedesco Schaeuble. Ma il da­do ormai è tratto. Perché Atene tenta di prendersi la rivincita con la Germania, mettendo in­sieme il caso Siemens e quello dei danni di guerra. Due dos­sier non proprio di secondo pia­no, che potrebbero ribaltare il tavolo della trattativa con la ve­ra regia della troika e della Cancelliera: il rude Schaeuble.
Siemens in Grecia fa rima con scandali. In occasione delle Olimpiadi del 2004 e del caso OTE (il gestore telefonico nazio­nale ellenico) ci sono stati ano­mali e ingenti flussi di denaro per assicurarsi commesse e appalti. La stessa azienda tedesca ha alla fine ammesso pagamen­ti in nero per un miliardo e trecentomila euro, con la conse­guente rivoluzione all’interno del proprio management. Alcu­ni dei top manager più presti­giosi furono infatti costretti a dimettersi dalle cariche rivestite, come il presidente Heinrich von Pierer e l’amministratore delegato Klaus Kleinfeld. Ma senza approfondire su chi in Grecia quel fiume denaro ab­bia poi effettivamente ricevuto.
Otto anni dopo l’inizio delle ri­cerche sull’aspetto greco del mega scandalo internazionale legato alle tangenti del colosso Siemens, in Grecia sono stati uf­ficialmente accusati tredici top manager del gruppo, chiamati per gli interrogatori ad Atene dal prossimo 1 luglio. Tra loro il potente capo della società, per dodici anni chief executive, von Pirer, politicamente influentis­simo, ex consigliere e per di più caro amico della cancelliera Angela Merkel. Mai accusato della giustizia tedesca, fu rimosso dalla società dopo lo scoppio dello scandalo nel 2007, e ha pa­gato una multa di diversi milio­ni di euro. In Grecia, tuttavia, sia lui, sia gli altri coimputati do­vranno affrontare le accuse di corruzione e riciclaggio di dena­ro in merito agli appalti per le Olimpiadi del 2004, e per le tan­genti OTE per cui ballano 160 miliardi e altri 40 finiti in Svizze­ra. Accusati anche il numero due della multinazionale e il nu­mero tre, Zikaktsek Reinhardt e Michael Koutsenroiter.
In secondo luogo è terminato da pochissimi giorni ad Atene il lavoro di un pool di esperti tra cui dirigenti del ministero delle finanze e dell’archivio generale di Stato. Che hanno scansiona­to più di centonovantamila pagine e settecento volumi di ma­teriale riguardante i danni pro­vocati alla Grecia durante il na­zismo dalla Germania, ritrovati nei sottoscala dei ministeri in vari quartieri ateniesi. E che, con l’ausilio di richieste degli eredi dei trecentomila greci uc­cisi e delle perizie dei danni ad aziende e città, ammonterebbe­ro a 160 miliardi di euro, circa il 70% del debito ellenico nei confronti di Bce, Ue e Fmi. Ma da Berlino sempre Schaeuble alza «un muro», a cui il ministro de­gli esteri greco, Dimitris Avra­mopoulos, replica con un «abbiamo diritto ad avanzare prete­se, vedremo in seguito come e quando». Un dato certo è che il premier Samaras non vede di buon occhio il dossier sui risarcimenti, perché non vorrebbe compromettere il rapporto personale creato con la Cancellie­ra. Ma in Grecia il limite di sop­portazione del memorandum è stato abbondantemente supe­rato, con all’ordine del giorno i suicidi da crisi sottaciuti dai me­dia e famiglie intere che restano senza luce, dal momento che lo stato ha pensato bene di inseri­re il pagamento dell’Imu diret­tamente in bolletta. E ai morosi i comuni hanno semplicemen­te tagliato la fornitura, lascian­doli al buio. I numeri del maxi risarcimen­to sono stati pubblicat­i dal quo­tidiano ellenico To Vima e ripre­si dallo Spiegel. Ed è la prima vol­ta in assoluto che il dossier, non solo vede la luce, ma varca i con­fini nazionali, dal momento che è giunto a Berlino. Come l’avrà presa frau Angela?