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 2013  aprile 17 Mercoledì calendario

“MPS ACQUISTÒ L’ANTONVENETA SENZA ACCORGERSI DEI DEBITI”

Cinque dirigenti ai vertici di due banche descritti come una cupola creata con l’unico obiettivo di truffare e trarre profitto indebito, anche attraverso l’usura aggravata, con metodi propri “della criminalità organizzata”, ai danni del Monte dei Paschi di Siena. Lo scrivono i magistrati toscani titolari dell’inchiesta Antonveneta nelle 69 pagine del decreto di sequestro preventivo d’urgenza con cui ieri hanno disposto il sequestro di contratti, fondi e beni per due miliardi di euro. Un miliardo 866 mila euro a Nomura, altri venti milioni circa agli ex vertici di Mps: Gian Luca Baldassarri, Giuseppe Mussari, Antonio Vigni. Ai tre sono stati sequestrate conti correnti, tra cui un fondo fiduciario intestato alla moglie di Vigni (Monica Valenti), e abitazioni per importi equivalenti ai bonus, retribuzioni e incentivi ricevuti da Rocca Salimbeni nel periodo compreso tra il 2009 e il 2012. Gli anni in cui, secondo quanto scrivono i pm Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso, gli ex vertici hanno avuto benefici falsificando i bilanci, nascondendo il contratto stipulato con Nomura, nascosto per tre anni in una cassaforte e rivelato dal Fatto Quotidiano il 23 gennaio 2013. Con quel contratto le perdite del 2009 sono sparite, Mussari e Vigni hanno salvato la poltrona e incassato bonus. Ma, come notano, i pm, il prezzo di aver fatto sparire 220 milioni nel 2009 ha creato una perdita che in soli tre esercizi è arrivata a 1,4 miliardi di euro. Un contratto che sta ancora creando “immani conseguenze negative” a Mps e quindi ha spinto i pm a intervenire “d’urgenza”.
“VA SOTTOLINEATO l’incremento dei bonus di Vigni e Baldassarri nel 2010 lievitati rispettivamente del 75% e del 266%”, aggiungono i magistrati, si tratta di “profitti da reato, (...) ovvero dalla frode”. I tre sono indagati per usura e truffa aggravata, ostacolo all’attività di vigilanza, false comunicazioni sociali e infedeltà patrimoniale aggravata insieme a Sadeq Sayeed, Ceo di Nomura per Europa e Medio Oriente, e a Raffaele Ricci, dirigente della banca giapponese. L’istituto di credito non è indagato “pur non essendo estraneo al reato”, annotano i pm. Che ricostruiscono i passaggi che hanno “provocato disastrosi effetti alle casse del terzo gruppo bancario italiano (...) e sull’intero settore”. L’errore madre è l’acquisto di Antonveneta da parte di Mps, voluto da Mussari a un prezzo lievitato da 9,2 a 16,7 miliardi di euro. L’allora presidente di Rocca Salimbeni non aveva idea del costo reale. Lo riferisce ai pm Piero Montani, nel 2007 a capo di Antonveneta riportando l’incontro avuto con Mussari e Vigni. “Il resoconto di quel colloquio fatto da Montani - si legge nel decreto - dimostra da un lato la macroscopica dissennatezza dimostrata dai vertici della banca”. E ancora: “Montani dichiara di aver colto in costoro uno smarrimento (...) tanto da affermare che, forse, solo in quel momento i due realizzarono che l’esborso complessivo sarebbe stato ben più elevato” dei 9 miliardi. “Emblematica, per raffigurare plasticamente lo smarrimento degli indagati (Mussari e Vigni, ndr) è la domanda che Montani si pose alla fine di quel colloquio: ‘Ma questi hanno capito veramente quanto devono pagare?’”.
EPPURE L’ACQUISTO viene completato. Ma per far fronte all’esborso Mussari è costretto a ristrutturare il derivato Alexandria si rivolge a Nomura. Che si premura in una conference call - rivelata anche questa dal Fatto a gennaio – di far presente quali sono i rischi cui va incontro Mps. A quel colloquio Mussari si presenta con un “canovaccio” con le risposte già scritte in inglese. “Qualcosa di veramente singolare”, riferisce ai pm Daniele Bigi, responsabile bilancio di Mps. “Aspettava una domanda e leggeva la risposta che avrebbe dovuto dare”. Il canovaccio viene poi ritrovato dagli inquirenti durante le perquisizioni nell’abitazione di Baldassarri, oggi in carcere. Il resto lo riferisce Raffaele Ricci, dirigente di Nomura: era stato lui a inviare a Baldassarri il “canovaccio con il contenuto di quanto il nostro chairman Sayeed Sadeq avrebbe dovuto chiarire con Mussari allo scopo di tutelare la posizione di Nomura”.
LE RISPOSTE Mussari le aveva. E il contratto venne firmato, poi nascosto fino all’arrivo dei nuovi vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che lo hanno trovato nell’ottobre 2012. Ed eccolo il contratto congelato ieri dai pm, quel miliardo e 866 milioni di euro corrisponde a “quanto versato da Mps a Nomura alla data del 5 aprile 2013”. Cifra e operazioni “geneticamente ispirate da una finalità perversa e occulta: ripianare una perdita su un investimento facendola sparire attraverso nuove operazioni”. Il tutto a spese del Monte che, concludono i pm, ha riportato “conseguenze patrimoniali e ha esposto Rocca Salimbeni a un danno reputazionale che si è immediatamente tradotto in pregiudizi di ordine patrimoniale, tra cui in particolare il ritiro di depositi per alcuni miliardi”.