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 2013  aprile 18 Giovedì calendario

DEBITO PUBBLICO - VOCE DI WIKIPEDIA


In economia per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti economici nazionali o esteri quali individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell’acquisizione di obbligazioni o titoli di stato (in Italia BOT, BTP, CCT, CTZ ecc...) destinate a coprire il disavanzo del fabbisogno finanziario statale ovvero coprire l’eventuale deficit pubblico nel bilancio dello Stato.

Quando il debito è contratto con soggetti economici di stati esteri si parla di debito estero, mentre quando è contratto con soggetti economici interni allo stesso stato si parla di debito interno: normalmente entrambe le componenti sono presenti in misura variabile all’interno del debito pubblico di uno Stato.

La presenza di un debito nei conti pubblici statali impone la necessità da parte dello Stato, oltre alla sua copertura finanziaria nei tempi e modalità di scadenza prestabilite dai titoli stessi compresi gli interessi, di tenerlo sotto controllo per non cadere nel rischio di insolvenza sovrana ovvero fallimento dello stesso, stampando cartamoneta o ricorrendo a politiche di risanamento dei conti pubblici all’interno di politiche di bilancio pubbliche come ad esempio politiche restrittive o di rigore.

IL RAPPORTO DEBITO-PIL

Più che il valore assoluto del debito, un importante indice della solidità finanziaria ed economica di uno Stato (come prescritto anche nel caso del Patto di stabilità e crescita vigente nell’Unione Europea) è il rapporto tra il debito pubblico e il Prodotto interno lordo, in quanto il PIL in questo caso rappresenta un indice o parametro di quanto lo Stato è in grado di risanare il proprio debito pubblico tramite ad esempio imposizione fiscale. Il debito pubblico cui sono riferiti i parametri del Trattato di Maastricht non computa il cosiddetto debito implicito, la spesa degli Stati membri per assistenza, sanità, pensioni.

Relativamente al rapporto tra il debito pubblico e il Prodotto interno lordo, ci sono quattro possibili situazioni in cui può trovarsi lo Stato in un determinato anno:

il tasso di crescita del PIL risulta minore del tasso di interesse dei titoli di Stato e c’è pure un disavanzo primario in rapporto al PIL, nel senso che le uscite dello Stato sono maggiori delle entrate in rapporto al PIL. In tal caso il rapporto debito/PIL tenderà ad aumentare all’infinito.
il tasso di crescita del PIL n risulta maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato i, ma c’è ancora un disavanzo primario in rapporto al PIL. In tal caso il rapporto debito/PIL convergerà in modo decrescente verso un certo valore (che si dice "stato stazionario") se, e solo se, il rapporto debito/PIL iniziale è maggiore dello stato stazionario. In particolare, in tal caso, affinché il rapporto debito/PIL decresca, occorre che il PIL cresca a tal punto da rendere la differenza n-i sufficientemente grande e il disavanzo primario sia invece il più piccolo possibile. Se invece il rapporto debito/PIL iniziale è minore dello stato stazionario, il rapporto debito/PIL convergerà sempre verso lo stato stazionario, ma in modo crescente.
il tasso di crescita del PIL n risulta minore del tasso di interesse dei titoli di Stato i, ma si è intervenuti aumentando le tasse, per cui non c’è un disavanzo primario e le entrate sono più delle uscite. In tal caso il rapporto debito/PIL decrescerà annullandosi dopo un certo tempo se, e solo se, il rapporto debito/PIL iniziale è minore dello stato stazionario. In particolare, affinché il rapporto debito/PIL decresca, occorre che la differenza n-i sia sufficientemente piccola e che le entrate siano sufficientemente grandi. Se invece il rapporto debito/PIL iniziale è maggiore dello stato stazionario, il rapporto debito/PIL tenderà ad aumentare all’infinito.
il tasso di crescita del PIL risulta maggiore del tasso di interesse dei titoli di Stato e si è intervenuti aumentando le tasse per cui non c’è un disavanzo primario e le entrate sono maggiori delle uscite. In tal caso il rapporto debito/PIL decrescerà rapidamente fino ad annullarsi.

Debito interno
Il debito interno si contrae quando lo Stato per acquistare moneta dal Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato (MOT) emette titoli di stato a favore degli acquirenti pari alla quantità di moneta corrisposta sulla quale emissione paga il valore nominale più gli interessi stabiliti dai mercati sugli stessi titoli di stato. Gli investitori possono esercitare un ruolo determinante nella politica economica degli Stati, in ragione degli stock di debito posseduti, tramite la compravendita di titoli all’asta pubblica o nel mercato secondario (per un rifinanziamento oppure per acquisire nuovi titoli di debito). In linea teorica un debito interno è preferibile a un debito estero in quanto i capitali investiti/prestati una volta restituiti possono tornare più direttamente all’interno del sistema economico del paese stimolando i consumi ovvero la domanda e quindi la crescita economica stessa.

Insolvenza dei titoli di stato
Di solito i titoli di stato sono considerati titoli a basso rischio, equiparati pertanto alla moneta. Tuttavia storicamente non mancano casi di insolvenza sovrana: la Spagna dichiarò bancarotta ben 16 volte fra metà ottocento e il novecento.
Di recente il governo argentino nell’ambito della sua crisi economica a cavallo degli anni 2000 ha rifiutato di pagare i detentori di titoli e ha cambiato moneta, togliendo al peso argentino corso legale. Con questo atto l’Argentina, rifiutandosi di pagare i vecchi creditori, ha dichiarato unilateralmente di aver azzerato il debito pubblico nella vecchia valuta. In realtà, l’Argentina è stata portata dai creditori di fronte ai tribunali internazionali (USA e Germania) e inoltre sta subendo un’azione mossa presso la Camera Arbitrale (ICSID) della Banca Mondiale. I bond (obbligazioni) argentini, a causa del default (cessazione dei pagamenti) decretato e ancora non risolto, non hanno avuto per qualche tempo accesso al mercato nelle borse internazionali, ma potevano essere trattati solo sul mercato nazionale, soggetto alla legislazione argentina. Sul mercato EuroTLX, accessibile agli investitori italiani, sono attualmente trattate 4 obbligazioni Argentine, due in Euro con scadenza 2038 e due in USD con scadenza 2017 e 2038.
Nel 2012 la Grecia, durante la sua crisi economica, ha concordato con i rappresentanti di banche e istituzioni europee una "ristrutturazione" del debito consistente in un forte taglio al capitale e una dilazione delle scadenze.
Il tasso d’interesse dei titoli è uno degli indici più immediati per misurare la rischiosità percepita dagli investitori; un altro indice, utilizzato ultimamente, che misura la rischiosità relativa percepita, è il cosiddetto spread: esso infatti valuta la differenza di rendimento tra un titolo di stato di un paese, e un titolo di pari caratteristiche emesso da un altro paese, preso come riferimento.

Le agenzie di rating
Le agenzie di rating al mondo forniscono le loro valutazioni (rating) sulla solidità finanziaria anche degli Stati, intese come capacità dello Stato in questione di ripagare o far fronte al proprio debito pubblico o equivalentemente il rispettivo rischio di credito, fornendo indici di maggiore o minore fiducia presi a riferimento dagli investitori nei confronti dell’emissione di titoli di stato del paese.


La presenza di un debito pubblico all’interno del bilancio dello Stato pone il problema del controllo stretto sulla sua espansione e del relativo rischio di credito: tale processo di copertura parziale o totale di debito e interessi è detto finanziamento del debito. Tipicamente questa avviene attraverso tagli alla spesa pubblica, tassazione dei contribuenti (cioè portando in attivo il bilancio annuale dello Stato) o con l’emissione di nuovi titoli di stato col rischio, in quest’ultimo caso, di alimentarne le dimensioni fino a richiedere un aumento delle prime due misure o arrivare a una quota di titoli superiori alla domanda effettiva del mercato con effetto insolvenza su parte delle scadenze. L’esigenza di tenere sotto controllo l’espansione del debito pubblico ha quindi due principali motivazioni:

La prima è di carattere finanziario e attiene alla difficoltà di finanziare il debito pubblico quando questo cresce troppo velocemente. Come in tutti i casi di prestito di denaro se il debito è elevato o cresce velocemente cala fisiologicamente la fiducia dei creditori nel riacquisire i propri capitali ceduti scoraggiando l’ulteriore credito con possibile effetto di mancata copertura del debito stesso da parte dello Stato; in queste condizioni, se cala la fiducia dei sottoscrittori dei titoli sulla capacità del debitore di pagare gli interessi e di restituire il capitale, il finanziamento del debito può avvenire allora solo corrispondendo interessi più elevati cioè offrendo rendimenti più alti dei titoli di Stato (vedi spread). Analogo aumento degli interessi avviene quando cresce la tassazione del risparmio, che diminuisce l’interesse netto che rimane al risparmiatore. La spesa per interessi aggrava dunque il deficit pubblico facendo ulteriormente aumentare il debito e può innescare un circolo vizioso in cui all’aumento vorticoso del debito corrisponde un aumento della spesa per interessi, del deficit e quindi in ultimo del debito pubblico stesso fino alla possibile dichiarazione di insolvenza del debito ovvero al fallimento.

La seconda motivazione riguarda il cosiddetto "effetto spiazzamento". Se una parte dei risparmi privati finisce col finanziare il debito pubblico, si sottraggono risorse ai consumi e agli investimenti privati, con conseguenze negative sulla crescita economica. È l’effetto spiazzamento. È pur vero che queste somme sono distribuite ai detentori dei titoli, che sono imprese, privati e banche che possono tornare a prestare questo denaro per finanziare lo sviluppo.

Il finanziamento con tagli e imposte
In generale dunque per la riduzione della crescita del debito si può agire puntando sul risanamento dei conti pubblici ovvero alla riduzione del deficit pubblico attraverso politiche di bilancio pubblico di tipo restrittivo ovvero con tagli alla spesa pubblica e/o con un amento delle entrate statali sotto forma di prelievo fiscale, maggiore recupero di denaro da evasione fiscale, privatizzazioni di enti e proprietà pubbliche, condoni ecc. In alternativa si può finanziare il debito con il debito ovvero con l’emissione di nuovi titoli di stato con l’inconveniente però di aumentarne il rendimento atteso dal finanziatore/investitore e quindi la spesa per interessi. In Italia tali provvedimenti economico-finanziari a tal fine sono specificati all’interno di documenti contabili-finanziari quali la legge finanziaria o espressi all’interno di programmi di più lunga durata come il DPEF.

Il debito pubblico nel mondo
Il debito pubblico del mondo è la somma del debito pubblico dei singoli paesi, espresso in dollari si aggira circa su 150.000 miliardi di dollari nel 2011

Il debito pubblico negli Usa
Il debito pubblico USA, al 28 febbraio 2011 ha raggiunto la cifra di 14.194,76 miliardi di dollari, massimo storico assoluto,[6] aumentando nei precedenti tre anni al ritmo di 1.000 miliardi di dollari ogni sette mesi circa. Ha raggiunto (e superato) i 14.000 miliardi il 31/12/2010; in precedenza era arrivato a 13.000 miliardi il 01/06/2010.[7] Uno studio a lungo termine del debito pubblico USA da parte dell’Ufficio Bilancio del Congresso USA prevede per i prossimi anni una crescita così spropositata che si può arrivare a parlare di pericolo di bancarotta per gli USA[7] Da notare che le cifre sopramenzionate si riferiscono al solo debito federale, con l’esclusione dell’ingente debito locale (municipale, contee e singoli stati). Il 12 luglio 2011 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato in un’intervista a Cbs News che non può garantire che i pensionati riceveranno gli assegni della pensione dopo il 3 agosto se democratici e repubblicani non trovano un accordo per alzare il tetto del debito nelle prossime settimane. Al 25 luglio 2011 non è stata trovata ancora una soluzione all’interno del Congresso, poiché la posizione dei democratici e repubblicani rimane fermamente contrapposta: i primi vedrebbero come soluzione temporanea l’aumento delle imposte derivate da redditi elevati; i secondi vedono come via maestra il taglio della spesa pubblica. Di fatto, una mancata soluzione porterebbe al superamento in tempi molto brevi della soglia massima d’indebitamento, stabilita per legge a 14.294 miliardi di dollari, ponendo gli USA dinanzi a un sostanziale rischio di default come mai prima d’ora. L’ultima data utile per un accordo rimane il 2 agosto 2011.[8]. Da segnalare inoltre che nei giorni precedenti alla scadenza del 2 agosto, il governatore dello Stato del Minnesota, Mark Dayton, ha ufficialmente dichiarato il default dello Stato federato[9] (anche chiamato dal popolo americano Shut Down, chiusura). In conseguenza al default, più di 22.000 dipendenti pubblici si sono ritrovati senza stipendio e musei, zoo, parchi e anche autostrade sono state chiuse per mancanza di fondi. Il Congresso nei giorni precedenti alla scadenza del 2 agosto sta cercando soluzioni che possano aumentare la liquidità del Minnesota in modo tale da uscire dalla situazione di "Shut Down". Il 1º agosto 2011 Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama afferma con un comunicato delle 20.40 che i leader dei partiti in entrambe le camere hanno raggiunto l’accordo per scansare il rischio default. L’accordo prevede un aumento del tetto massimo del debito pubblico pari a una cifra che nei mesi seguenti potrà raggiungere i 2.500 miliardi di dollari, e tagli alla spesa pubblica per somme equivalenti ai sopracitati aumenti della soglia di indebitamento.[10] Il 6 agosto 2011, l’agenzia di Rating Standard & Poor’s annuncia il taglio della valutazione sul debito USA da AAA ad AA+, con possibilità di altri tagli nei mesi a seguire. È il primo caso di taglio del rating del debito USA nella Storia.

Il debito pubblico in Italia
La spesa per gli interessi corrisposti ai detentori delle obbligazioni statali è detta "servizio del debito" e costa all’Italia circa 80 miliardi di euro annui.[12]. La spesa per interessi prevista per il 2012 è pari a 86 miliardi[13].
Il debito pubblico è quindi pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici). Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e prestiti.
Andamento del debito negli ultimi anni confrontato con il PIL (in milioni di €)
Oltre al forte indebitamento dello Stato, il 2010 ha segnato i massimi storici per l’indebitamento degli enti locali (Comuni e Province), con un debito pro-capite di 1300 euro pari al 3,9% del PIL. Gli enti locali sono ammessi alla rinegoziazione dei debiti (legge n. 539 del ’95, art. 5). Restano invece esclusi dai benefici della Bersani-bis e del Decreto fiscale del luglio 2009, limitati alle persone fisiche e ai mutui per la prima casa: anticipate estinzioni senza penali, surroga a costi zero, e relative penali per le banche che ostacolano l’esercizio di tale diritto.
I titoli di stato sono oggetto di giudizio da parte delle agenzie di rating. l’Italia è stata declassata nell’ottobre 2006 perdendo la sua doppia AA dall’agenzia di rating Standard&Poor’s che ha abbassato la sua valutazione da AA- ad A+.[34],[35]. Dopo quattro anni e mezzo di tregua, nel maggio 2011, il rating italiano torna sotto la lente delle agenzie: Standard & Poor’s modifica le prospettive della A+ da stabili a negative. Infine, nel settembre 2011 Standard & Poor’s taglia il rating dell’Italia da A+ ad A. in vista di una nuova emissione di BOT e CCT.

La struttura del debito pubblico in Italia
Il debito pubblico italiano, pari a 1.843.015 milioni di euro nel 2010, è composto per oltre tre quarti da passività a medio lungo termine (1.418.737 milioni), quasi completamente a tasso fisso. La vita residua media del debito pubblico italiano è di 7,8 anni. Inoltre, il 46,15% del debito pubblico è detenuto dalla Banca d’Italia o da istituzioni finanziarie italiane. Il 9,58% è posseduto da altri residenti, mentre il restante 44,27% è allocato all’estero[36].

Il debito pubblico in Svizzera

In quanto stato federale, la Svizzera conosce tre livelli di indebitamento pubblico: federale, cantonale e comunale. Per "debito pubblico" si intende quindi la somma dei debiti dell’amministrazione federale, dei 26 cantoni e dei 2596 comuni.[37]
Cenno storico
Debito pubblico svizzero (Confederazione, cantoni e comuni) in rapporto al PIL dal 1950 al 2010.

Nel 1945 l’economia svizzera si trovava in una condizione invidiabile: non aveva subito devastazioni, aveva un apparato industriale intatto e disponeva (unico paese insieme con gli Stati Uniti) di una valuta stabile e liberamente convertibile. Il conflitto mondiale, tuttavia, aveva privato la Svizzera dei suoi tradizionali mercati esteri e il clima d’assedio (soprattutto dopo la capitolazione della Francia nel 1940) aveva duramente condizionato anche l’economia elvetica, quasi impossibilitata a commerciare con il campo degli Alleati. Nel 1945 il debito pubblico elvetico sfiorava il 75% del PIL. Fortunatamente gli anni che seguirono (dal 1946 fino al 1973) furono caratterizzati da alti tassi di crescita economica in tutto il continente e il debito pubblico venne ridotto, entro il 1972, al 33% del PIL svizzero. In seguito alla crisi petrolifera, il debito ricominciò a crescere sino al 45% del PIL. Negli anni seguenti l’economia elvetica ha conosciuto un nuovo ciclo favorevole, trainata soprattutto dal settore dei servizi (i cui addetti sono passati dal 36,9% della popolazione attiva nel 1950 al 53,4% del 1980). La crescita economica e l’incremento del PIL hanno permesso di riportare il debito pubblico al 32% del PIL nel 1990.[38]
Il freno all’indebitamento
La sede della Banca Nazionale Svizzera a Berna sulla Piazza federale. La BNS emette le obbligazioni della Confederazione e i prestiti, ne regola i pagamenti, consiglia il DFF e investe temporaneamente gli averi della Confederazione.[39].

Negli anni novanta il debito pubblico svizzero ha ricominciato a salire. Nel 1990 rappresentava il 29,9% del PIL, nel 2000 il 49,9% e nel 2004 il 53%. In termini assoluti, nel 2004 il debito pubblico svizzero (suddiviso fra Confederazione, Cantoni e Comuni) era pari a 239 miliardi di franchi svizzeri (159 miliardi di euro), di cui 130 imputabili alla Confederazione. Il "servizio del debito" costava annualmente alle casse pubbliche elvetiche 7 miliardi di franchi (4,6 miliardi di Euro). Tra i fattori che hanno portato all’aumento del debito pubblico elvetico, il Dipartimento federale delle finanze (DFF) cita i deficit dei conti finanziari (durante la lunga crisi degli anni novanta), ma anche il risanamento (con la trasformazione in aziende pubbliche) de La Posta Svizzera (conclusosi il 1º gennaio del 1998) e delle Ferrovie Federali Svizzere (ultimato il 1º gennaio del 1999), nonché il necessario risanamento delle casse pensioni dei dipendenti di FFS, Posta e Confederazione.[40].

Preoccupati dal crescente indebitamento, nel 2000 i cittadini elvetici hanno lanciato un referendum per porre un freno all’aumento della spesa pubblica. Il 2 dicembre del 2001, in seguito alla consultazione popolare, è stato quindi approvato, dall’84,7% dei votanti e da tutti i cantoni[41], il meccanismo del "freno all’indebitamento" pubblico. Il meccanismo adottato a livello federale è basato sull’accantonamento delle eccedenze negli anni di alta congiuntura, in modo da finanziare spese pubbliche straordinarie nei momenti di crisi.[42] Questo meccanismo ha permesso alla Svizzera, per esempio, di accumulare eccedenze fra il 2001 e il 2008 (anno in cui l’economia svizzera è cresciuta del 3,3%) e di varare spese straordinarie per far fronte alla crisi economica del 2008-2010 (quando sono stati spesi, fra il gennaio 2009 e il gennaio 2010, 2,2 miliardi di franchi supplementari per rilanciare l’economia e mantenere elevata la spesa nella ricerca e sviluppo).[43]

Con il referendum del 2 dicembre 2001 venne quindi introdotto nella Costituzione svizzera un nuovo articolo, l’Art. 126, che nel dettaglio prevedeva:

La Confederazione equilibra a lungo termine le sue uscite ed entrate.
L’importo massimo delle uscite totali da stanziare nel preventivo dipende dalle entrate totali stimate, tenuto conto della situazione economica.
In caso di fabbisogno finanziario eccezionale l’importo massimo di cui al capoverso 2 può essere aumentato adeguatamente. L’Assemblea federale decide in merito all’aumento conformemente all’articolo 159 capoverso 3 lettera c.
Se le uscite totali risultanti dal conto di Stato superano l’importo massimo di cui ai capoversi 2 o 3, le uscite che eccedono tale importo sono da compensare negli anni successivi.
La legge disciplina i particolari[44],[45],[46].

A partire dal 2005 il debito pubblico svizzero è stato ridotto grazie agli sforzi congiunti di Confederazione, Cantoni e Comuni. Nel 2005 il debito ha toccato il suo massimo: 244 miliardi di franchi, pari al 52,6% del PIL. Nel 2006 è sceso a 231,3 miliardi (47,2%), nel 2007 a 226,9 (43,6%), nel 2008 a 223,7 miliardi (41,3%) nel 2009 a 208,9 miliardi (38,8%).[37] Nel 2010, mentre l’economia svizzera era in ripresa dopo la crisi, vi è stata un’ulteriore riduzione del debito pubblico a 199,5 miliardi, pari al 38,2% del PIL[47]. Il "freno all’indebitamento" si è quindi dimostrato un meccanismo efficace per scongiurare l’indebitamento eccessivo (in cinque anni il debito pubblico è stato ridotto del 20%), ma sufficientemente elastico per garantire - in casi eccezionali - una spesa pubblica elevata

Il debito pubblico in Germania

Il debito pubblico della Germania, dice Raffelhuschen, è il più alto d’Europa: 2080 miliardi, nel 2010, secondo Eurostat[53], pari all’83,2% del prodotto interno lordo ed è stato artificialmente sgonfiato non computando le spese pubbliche delle pensioni e dei servizi sociali[54]. La Germania acquista, così, il primo premio nella classifica mondiale dell’affidabilità, stilata dalle agenzie di rating americane, Global Finance, Moody’s, Standard Poor’s e Fitch.
Il debito pubblico in Cina

Il debito delle amministrazioni provinciali cinesi ammonterebbe a 2.300 miliardi di dollari, nel 2010, al secondo posto dopo gli Stati Uniti.[55].
Il debito pubblico in Giappone

l debito pubblico del Giappone è previsto in crescita fino a un nuovo livello record di 13.500 miliardi di dollari, a causa degli sforzi per la ricostruzione post-terremoto. Il debito pubblico del Giappone è già il più alto del mondo, a circa il 200% del Pil. Il debito è previsto in crescita a 13.500 miliardi di dollari alla fine dell’esercizio 2011-12 che si chiuderà a marzo.
Il debito pubblico in Argentina
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Crisi economica argentina.

L’Argentina, a seguito dell’impugnazione del suo debito, ha istituito una particolare modalità di finanziamento del debito pubblico, con la quale emette dei titoli di debito più complessi dei tradizionali bond. Si tratta di warrant, che pagano l’interesse soltanto se la crescita del PIL misurata a fine anno (e non quella prevista) supera il 4.2%: il capitale, come per i normali titoli di Stato, è garantito al 100%, mentre non lo è la quota interessi ma questo impegno vale solo nella misura in cui lo Stato, come appunto fece la stessa Argentina, non dichiara default (cessazione dei pagamenti). In questo modo l’andamento del debito pubblico è legato alla crescita della ricchezza reale della nazione e si dovrebbe evitare quanto accadeva in passato, quando lo Stato doveva contrarre debiti non per poter effettuare investimenti produttivi che avrebbero arricchito il Paese, ma per ripagare i detentori di titoli quando le tasse sul reddito prodotto da cittadini e imprese non fornivano un gettito sufficiente allo scopo. Si deve anche considerare che troppo spesso i finanziamenti produttivi, ovvero destinati agli investimenti e allo sviluppo, sono stati dirottati verso la copertura del deficit pubblico stesso, inteso come spesa corrente dello Stato, innescando un circolo vizioso. L’Argentina a tutt’oggi mantiene lo status di default, è stata estromessa dai mercati finanziari internazionali, è stata condannata per comportamento doloso, avendo occultato le sue riserve prima di dichiarare default (essa mantiene oltre 150 miliardi di dollari all’estero).

Recentemente l’Argentina ha dichiarato un altro default sui titoli INDEC di cui sopra tramite un’abile manipolazione dell’indice di riferimento dei prezzi su cui sono calcolate le cedole: così il paese è riuscito a pagare lo 0,5% sui titoli, un rendimento di fatto negativo che riduce in pratica il capitale investito dai risparmiatori.
Crisi del debito degli Stati sovrani
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Crisi economica del 2008-2013.

Tra il 2010 e il 2011 nell’ambito della Crisi economica del 2008-2013 si è conosciuto l’allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle finanze pubbliche di molti paesi (in larga misura gravati dalle spese affrontate nel sostegno ai sistemi bancari), soprattutto dell’eurozona, che in alcuni casi hanno evitato l’insolvenza sovrana (Portogallo, Irlanda, Grecia), grazie all’erogazione di ingenti prestiti (da parte di FMI e UE), denominati "piani di salvataggio", volti a scongiurare possibili default e alla realizzazione nell’Unione Europea del cosiddetto fondo salva-stati.