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 2013  aprile 18 Giovedì calendario

APPALTI TRUCCATI E FATTURE FALSE TRUFFA SULLE SCATOLE NERE DEI RIFIUTI ARRESTATO ANCHE MALINCONICO


Doveva servire a tracciare il percorso dei rifiuti sull’intero territorio nazionale: su ogni carico d’immondizia, una spia elettronica. Su ogni camion, una “scatola nera” e una chiavetta Usb collegata a una centrale operativa. Sulla carta, il progetto più avanzato per fronteggiare «lo scenario drammatico» che, a partire dalla Napoli oltraggiata dalla crisi del 2006, si riproporrà in altre aree del paese. Invece, il sistema Sistri, assegnato nel dicembre 2009 a Selex Service Management, gruppo Finmeccanica, diventa un gigantesco affare del valore di 400 milioni, 40 dei quali già sperperati. Aggiudicato con una procedura coperta addirittura dal segreto di Stato apposto dal governo Prodi. E capace, accusano i magistrati, solo di favorire «gravi condotte di illecito arricchimento ». Per giunta, con un clamoroso danno: milioni di euro pagati dalle aziende dei rifiuti, costrette a dotarsi di scatole nere, per un servizio mai partito.
L’inchiesta, sfociata in 22 arresti, racconta di un manager come Sabatino Stornelli, ex ad di Selex, che si faceva pagare lavori e arredi per le case delle sue amiche — appartamenti di Propaganda Fide — dall’imprenditore napoletano Francesco Paolo Di Martino: ovvero, il signore dei subappalti del Sistri. Lo stesso che poi diventerà successore di Stornelli alla guida della squadra di calcio del Pescina, sponsorizzata con la creazione di «falsi contratti di forniture» per «cifre esorbitanti».
Nella rete finisce anche l’ex sottosegretario del governo Monti, Carlo Malinconico, accusato di corruzione e ora agli arresti domiciliari come altri 18 indagati. Stornelli invece è in cella insieme al fratello Maurizio e a Di Martino. Le indagini del Nucleo di polizia Tributaria della Finanza diretto dal colonnello Nicola Altiero e coordinate dai pm Catello Maresca, Marco Del Gaudio e Maurizio Giordano, hanno portato al sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro, 7 dei quali a Selex. Si indaga su società in Delaware e conti in Svizzera. Come testimoni potrebbero presto essere ascoltati gli ex ministri Alfonso Pecoraro Scanio e Stefania Prestigiacomo.
LE DOMANDE AL “CAPITANO ULTIMO”
Il 15 gennaio 2010 viene istituita una commissione di vigilanza sul Sistri presieduta da Malinconico e composta (a titolo gratuito) anche dal comandante dei carabinieri del Noe, Sergio De Caprio, il famoso capitano Ultimo che catturò Totò Riina. I verbali della commissione stilati tra il maggio e l’ottobre 2010, rilevano i magistrati, «risultavano redatti da un solo componente, il colonnello De Caprio», e poi ratificati dagli altri commissari. Note dalle quali non emergevano le criticità evidenziate, ad esempio, nelle osservazioni del consigliere di Stato Franco Massi. Ma, sentito come teste, Ultimo spiegherà: «Non abbiamo mai ritenuto di avere funzioni e compiti di una commissione tecnica di collaudo».
IL PARERE “COPIA E INCOLLA” DI MALINCONICO
Dopo il caso-vacanze che lo spinge alle dimissioni, Malinconico si trova ora agli arresti domiciliari per corruzione. Al docente, il ministero dell’Ambiente aveva chiesto un parere giuridico sul contratto sul Sistri. Una relazione preparata a titolo gratuito che, sottolineano i magistrati, «composta di 81 pagine, non faceva altro che descrivere fino a pagina 74 quanto già previsto dal contratto, poi sottoscritto, senza particolari valutazioni ad opera dell’estensore». Copiata, dunque. Nel corso di una perquisizione alla Eldim, viene poi sequestrata una mail che scotta. Cosa c’è in allegato? Le bozze di due contratti per consulenze da 500 mila euro. Un regalo da un milione, secondo il gip Nicola Miraglia del Giudice che ha trasmesso gli atti a Roma. «È un fulmine a ciel sereno, chiarirà la sua estraneità», afferma l’avvocato Paola Balducci.
“C’È PARECCHIA ROBA IN PENTOLA”
Dell’affare Sistri si interessò anche Luigi Bisignani, come emerge dalle intercettazioni dell’indagine del pm Woodcock sul caso P4, nella quale il lobbista patteggerà poi la pena. «Devo dargli un messaggio... è stata firmata quella cosa che si aspettava da parte della Selex... per l’ambiente... anche perché c’è parecchia roba in pentola», dice un manager delle Poste alla segretaria di Bisignani in un colloquio del 15 dicembre del 2009. E il 7 gennaio del 2010, le riferisce: «Sembra che i tempi ormai son maturi».
CROSETTO E LE SCATOLE NERE
Le “black box” erano il cuore del Sistri. E l’ex sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto (non indagato) avrebbe «caldeggiato » la società Viasat perché realizzasse le scatole nere. Lo dicono due alti dirigenti Finmeccanica: Lorenzo Borgogni, indagato per false fatturazioni e il teste Giorgio Zappa. «In Finmeccanica vi erano due orientamenti — afferma Borgogni — Da un lato Guarguaglini era per la soluzione interna in cui Drs avrebbe curato la tecnologia e Selex Communications la realizzazione. Dall’altro, il direttore generale Zappa, sollecitato anche dal sottosegretario Crosetto, caldeggiavano le ragioni della privata Viasat... All’inizio, passò la linea interna che però, per ragioni tecnico operative... dovette ben presto essere cambiata. Si investì quindi Viasat dell’attività relativa a tali dispositivi». Ai pm, Zappa dice: «Non so come fu individuato in Viasat il fornitore delle black box» ma ricorda «che di Viasat me ne parlò il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto».
I LAVORI FITTIZI DELLA SCUOLA
Spunta anche una scuola di Castellammare di Stabia, un tempo gestita dalle suore, come società utilizzata da Di Martino per accreditare la creazione delle chiavette e il pagamento dei subappalti. Erminia Esposito, già segretaria di Di Martino, racconta: «Ho potuto verificare personalmente degli strani movimenti economici». Precipitosi viaggi in auto a Roma al segnale di una telefonata per portare soldi. «Non so a chi li andasse a consegnare fisicamente. Aveva contatti con Stornelli». Tutto cash. «Ho anche visto che questi soldi, prelevati poco prima in contanti e custoditi inizialmente nella cassaforte, oppure dopo nella cassetta di sicurezza della banca, venivano messi in una scatola della grandezza del “case” di un computer».