Goffredo Buccini, Corriere della Sera 14/04/2013, 14 aprile 2013
I GIORNI NERI DI DE MAGISTRIS ASSEDIATO DALLA SUA NAPOLI —
«Il sindaco è mmuorto, chiudete i negozi!», strillavano mercoledì scorso i guaglioni a quei commercianti del centro ancora tentennanti sulla serrata. Beh, Giggino non ci sta a fare il morto, rilancia. E, per rilanciare, va a ripescare un’idea che «scassa», degna del rivoluzionario in bandana arancione sicuro appena due anni fa di smantellare la Napoli «nonsipuotista», malata insomma di immobilismo.
«Fermati un attimo sotto palazzo San Giacomo», dice dunque all’autista, sulla via della Coppa America da andare a inaugurare. Poi scandisce: «Sì, voglio buttare giù le Vele, e presto. E fare a Scampia un grande polo di medicina universitaria. Questa cosa l’abbiamo pensata con Caldoro. Due persone così diverse come me e il governatore possono ben dialogare per la terra che amano. I soldi? Project financing». Nel giorno delle vele gonfie a mare, s’avanza dunque il miraggio di liberarsi delle Vele malavitose.
Detta così sembra una mossa della disperazione («camorra di strada, vecchia politica e borghesia mafiosa vogliono mettere le mani sulla città», sospira cupo): il sussulto d’un sindaco ora snobbato dall’intellighenzia, mollato dall’opinione pubblica posillipina che se n’era incapricciata, osteggiato da una plebe già pronta a cercarsi un altro «padre di Napoli», l’ennesimo. Ma l’arcinapoletano de Magistris e l’antinapoletano Caldoro — l’ultimo Masaniello e il primo Bartleby vesuviano — stanno ragionando sottotraccia da mesi sull’idea che già un anno e mezzo fa spuntò nel dibattito: Caldoro è un secchione che prima di aprire bocca studia, da cinque anni mira al polo universitario; de Magistris ci ha aggiunto l’abbattimento delle Vele, è nel suo stile. Il progetto consacrerebbe peraltro l’asse con cui il governatore pdl si tiene stretto il sindaco traballante, pure per destabilizzare il Pd. L’impatto simbolico sarebbe fortissimo, anche se qui s’inceneriscono progetti di eccellenza, e non solo in senso metaforico, come a Bagnoli. «Peccato che nel frattempo abbiano tirato su altre palazzine vicino alle Vele e dunque bisognerebbe buttare tutto giù con la dinamite: questa cosa bisognava farla anni fa», sbotta Lina Lucci, leader della Cisl campana. Napoli del resto è un ossimoro perenne, un’idea e la sua negazione. Finiti i giorni delle «assemblee di popolo» e dei «beni comuni», restano casse comunali in pre-dissesto, niente soldi neppure per il gasolio dei bus, rifiuti esportati in Olanda, tutti contro tutti in una tarantella che ha trovato mercoledì la più plastica raffigurazione. «C’è una strategia della tensione, molti fatti sono collegati», protesta il sindaco.
Sarà. Ma in via Marina, dove il tassista sterza brusco per evitarci l’ultima voragine, non si vede nessuna strategia, le buche non le scavano menti raffinatissime: «Quando piove poi diventano piscine!». Stando in mezzo alla strada tutto il giorno, i tassisti sono — assieme ai commercianti — tra le categorie più inferocite con de Magistris, a causa soprattutto del lungomare che, «liberato» dalle macchine, ha tramutato in sciarada stradale tutta la zona. Passato il rosario di crateri accanto al porto, si arriva infine alla città proibita dell’odiata Ztl e dintorni — via Caracciolo e via Partenope, la riviera di Chiaia pericolante dopo il crollo di marzo — che oggi è tuttavia anche una città in festa.
La Coppa America è sicuramente un risultato brillante, gli alberghi hanno l’80 per cento di presenze in un periodo di fiacca; davanti al Village veleggiano i catamarani (fino a 600 euro per ammirarli dai salottini privati sul mare), i napoletani applaudono al mattino dai moli e ballano la sera in piazza Plebiscito, alla festa popolare con Toquinho e gli Almamegretta: e tutti si commuovono per Marco, il bambino del rione Sanità fissato con la vela, che taglia il nastro inaugurale. «Speriamo bene, qua ogni giorno stiamo in bilico», mormora scaramantico il sindaco: le bombe carta davanti al municipio hanno lasciato il segno, ancora venerdì sera sono entrati gli artificieri a palazzo San Giacomo per un nuovo allarme e, come promemoria, arriva presto la notizia di un morto di camorra ai Ponti Rossi, periferia orientale.
Giggino ha perso fascino e ne soffre. Il divorzio con gli intellettuali è ormai bell’e consumato, l’insurrezione borghese sta nelle cose. Domani, a presentare il suo «Zerozerozero», arriva qui Saviano, il primo a scomunicarlo. Nemmeno Ermanno Rea è tenero: «Avevo dato al sindaco il mio appoggio personale, perché Napoli non può essere amministrata da un moderato. Ma lui ha staccato la spina dalla gente. Lo stesso sbaglio di Bassolino». Il quale Bassolino, paradossalmente, gli fa la morale sul blog: «Riuscirà de Magistris a cambiare il suo egocentrismo?». Lettieri, che contro Giggino perse di brutto, ora dice che «siamo in guerra tutti i giorni» e intanto raccoglie firme per sfiduciarlo. Ma per buttarlo giù c’è pure aria di congiura interna, di «spallata», cui lui risponde annunciando rimpasti di ferro in giunta. «Noi siamo contro la spallata, ma il sindaco si liberi dei cattivi consiglieri», dice la Lucci, lasciando trasparire il profilo savonaroliano di Tommaso Sodano, il vicesindaco. Si mette male. Troppi epurati, da Narducci a Realfonso a Raphael Rossi, i più autonomi dello staff. Troppe promesse non mantenute, non basta ripetere che «i soldi non ci sono ma arriveranno». «Lui non sopporta due cose: i numeri e le cattive notizie», ridacchia un manager che gli è stato vicino, «l’ideale per un sindaco, no?». Giuseppe Galasso scrive di Masaniello: «Si parlò di filtri velenosi che ne avevano turbato la mente». I commercianti continuano a rifiutargli un incontro, ridurre a camorra la protesta di mercoledì è un’assurdità. In una città dalla mente turbata, si litiga per le giostrine dei bambini. Giggino le ha lasciate installare in via Partenope, vicino all’Orientale, forse troppo. Il rettore Lida Vignoni se l’è presa. Seriamente: «Offendono l’ateneo». Ancora Galasso scrive: «Il popolano trionfante apparve trasformato in un insopportabile e pericoloso despota».
Goffredo Buccini