Guido Olimpio, Corriere della Sera 14/04/2013, 14 aprile 2013
QUELLE TRACCE DI GAS TROVATE DAGLI INGLESI. OBAMA E’ CAUTO
Gli agenti speciali inglesi e australiani hanno raccolto campioni di terra in una zona a nord di Damasco. Poi sono riusciti a fare uscire dalla Siria la «prova» e l’hanno consegnata ai laboratori della Difesa britannica. Sono seguite indagini che hanno portato ad una conclusione. Parziale. Nella zona dove è stato prelevato il campione ci sono tracce di «un qualche tipo di arma chimica». Chi l’ha usata? Gli 007 non hanno la risposta: il regime è il primo sospettato ma nulla permette di escludere i ribelli. La storia, raccontata dal Times, ha destato attenzione ma anche cautela. Per le implicazioni. Gli Usa e gli alleati hanno sempre sostenuto che l’impiego dei gas avrebbe provocato un intervento armato Usa. La morte invisibile è la linea rossa invalicabile, ha più volte ricordato la Casa Bianca. E forse è anche per questo che il responso degli scienziati britannici è prudente. Dopo i test sulla sostanza hanno stabilito tre punti: 1) non sono lacrimogeni di tipo «aggressivo» (talvolta usati dagli eserciti); 2) è un’arma chimica che non siamo in grado di identificare; 3) non si tratta di gas nervino. Da mesi girano voci sul ricorso a mezzi di distruzione di massa. Molte le segnalazioni, poche le prove. Un diplomatico citato dall’Afp sostiene che «ci sono stati diversi casi dove siamo sicuri dell’impiego di proiettili chimici, anche se in modo sporadico». Attacchi condotti, di solito, da forze governative contro le posizioni dei ribelli. Circostanza che, stando all’opposizione, si sarebbe ripetuta ieri con 3 bambini uccisi dai gas ad Aleppo. Sedici i feriti. Secondo la ricostruzione un elicottero ha sganciato ordigni che hanno centrato una casa nella zona di Sheikh Maqsud. Prima però di arrivare alle contromisure, i governi occidentali attendono altre verifiche. L’Onu ha un team di esperti a Cipro, ma la Siria ha negato finora l’ingresso. Le nuove indagini sono giudicate indispensabili per togliere ogni dubbio e stabilire, se possibile, i responsabili. Ecco perché da Londra sostengono di non «avere ancora la pistola fumante». Prudenza dettata dal ricordo delle bugie che portarono all’invasione in Iraq e dalle paure che accompagnano qualsiasi intervento nel conflitto siriano. Negli Usa continuano a girare rapporti dell’intelligence sull’instabilità del fronte ribelle. Ci sono timori per l’attualità (la frammentazione degli insorti, la crescita della componente qaedista) ma anche per il futuro. Uno studio ha messo in guardia sul dopo Assad: la cacciata del dittatore potrebbe essere seguita dal settarismo violento, con regolamenti di conti tra le componenti che formano la Siria. Chi ha a cuore il destino siriano, pur non negando i pericoli, ribatte citando i numeri del conflitto. Settantamila vittime, milioni di profughi all’estero o all’interno, città dove non funziona più nulla. Un bilancio angosciante ottenuto senza dover ricorrere alle armi chimiche ma spesso con fucili e cannoni.
Guido Olimpio