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 2013  aprile 16 Martedì calendario

ACEA, LA CAMPAGNA ELETTORALE SUL CAPITALISMO ALLA ROMANA

-Arriva il candidato sindaco di Roma Ignazio Marino, prende la parola e spara a zero contro Gianni Alemanno, che ha detto di non poter partecipare all’assemblea degli azionisti Acea perché impegnato a stilare la querela contro Report, che domenica sera ha fatto a fette il sindaco con un’inchiesta al fulmicotone di Paolo Mondani.
I PRETORIANI DI ALEMANNO, di cui l’Acea è piena, visto che il Comune controlla il 51 per cento della Capitale, si frappongono tra il senatore Pd e le telecamere, e promulgano una nuova legge: “Vietato girare interviste televisive dentro le sedi Acea”. Marino, che quando percepisce una telecamera a meno di 5 chilometri diventa praticamente fosforescente, non si perde d’animo: “Andiamo”. Almeno 300 metri in marcia sotto il sole fino al cancello della centrale Acea a pochi metri dal Raccordo anulare, e l’aspirante futuro sindaco fa il suo comizio. Poi tutti di nuovo dentro, dove c’è un clima euforico perché per la prima volta l’Acea ha un amministratore delegato che sa l’inglese. “Risparmieremo un sacco in interpreti”, commenta soddisfatto un dirigente.
Scene da cabaret, perché l’Acea non è solo la municipalizzata acqua e luce di Roma quotata in Borsa, ma anche, al tempo stesso, la parodia della municipalizzata acqua e luce di Roma quotata in Borsa. Girava voce che Beppe Grillo avrebbe fatto un blitz, ma non si è fatto vedere. Così bisogna accontentarsi di Marino che non si risparmia. Prende la parola, dopo aver speso ben 20 mila euro in azioni Acea, e protesta perché l’assemblea di bilancio con tanto di nomina del nuovo vertice per tre anni si svolge a poche settimane dalle elezioni: “Forse Alemanno vuole compiere l’ennesimo atto per occupare poltrone? Oggi si sta compiendo una soverchieria le cui conseguenze cadranno sui cittadini”. Ma il vero punto di attacco è che Alemanno, secondo il suo sfidante alle imminenti elezioni di fine maggio, ha scelto un amministratore delegato, Paolo Gallo, “espressione del principale socio privato di Acea”.
L’ACCUSA È PESANTE. Alemanno, anziché scegliere un manager di fiducia del Comune (che ha il 51 per cento di Acea), avrebbe scelto un protetto del secondo azionista, Francesco Gaetano Caltagirone detto Franco, proprietario del Messaggero, uomo chiave del potere a Roma. Gallo, quello che parla inglese, è sicuramente gradito a Caltagirone, e forse con questa nomina Alemanno spera di propiziarsi l’appoggio del Messaggero in campagna elettorale. Certo non è, come il predecessore Marco Staderini, espressione e amico di Pier Ferdinando Casini, tuttora genero di Caltagirone ma con peso politico in caduta libera. Insomma, ci si riposiziona, ed è ciò che non piace proprio a Marino, attento infatti a distogliere lo sguardo dagli altri eletti nel consiglio Acea.
Caltagirone, per la sua quota, ha confermato suo figlio Francesco e Paolo Di Benedetto, marito del ministro Guardasigilli Paola Severino. Alemanno, a parte il siluramento di Staderini e la sostituzione con Gallo, fino a ieri direttore generale, ha confermato il presidente Giancarlo Cremonesi, espressione della lobby dei costruttori e di altre variegate lobby romane, e ha assegnato gli altri due posti di sua competenza secondo il modello “larghe intese” che a Roma vige da sempre: uno al suo ex assessore ed ex parlamentare centro-destra Maurizio Leo, e uno al segretario generale della Fondazione Italiani Europei (targata Massimo D’Alema) Andrea Peruzy. Marino, alla domanda se la sua polemica riguardasse anche questa lottizzazione a 360 gradi che coinvolge anche il suo partito, ha risposto di non saperne niente e di non voler commentare cose che non conosce.
IL CANDIDATO SINDACO del Pd ha posto anche un altro delicato problema: se lui appena eventualmente eletto sindaco volesse far fuori Gallo e mettere un uomo suo, non è che Acea dovrà pagare una sontuosa buonuscita all’appena nominato e subito licenziato? Se in Italia vigessero le regole appena fissate in Svizzera da un referendum, le clausole del contratto di Gallo sarebbero state valutate ieri dagli azionisti con un voto consultivo. Invece siamo in Italia e Cremonesi ha detto che le clausole di Gallo sono affare del cda, e l’assemblea degli azionisti non se ne deve occupare. Come sempre lo scopriremo dopo. Ieri per esempio abbiamo scoperto che i sindaci revisori dell’Acea prendono 140 mila euro l’anno, contro i 75 mila che prendono all’Enel (fatturato circa 10 volte maggiore), gli 89 mila di Telecom Italia e i 90 mila di Mediobanca. Ma all’Acea è sempre festa per tutti. Tanto c’è un comitato etico che vigila, a 2500 euro di gettone per ogni riunione.