Fabio Martini, La Stampa 18/4/2013, 18 aprile 2013
LA SFIDA DI UNA VITA DEL “LUPO” DELLA CISL
Ha preso sonno tardi, più tardi del solito. Franco Marini è un freddo, uno che non si scioglie mai e anche ieri pomeriggio, appreso che c’era l’accordo sul suo nome, ha sfoggiato il suo proverbiale minimalismo.
«E mo’ vediamo...». Poi, a tarda sera, è rientrato nella sua casa ai Parioli, dove da 13 mesi Marini vive da solo, da quando è scomparsa la moglie Luisa, una vita da medico, una donna vitalissima, energica, alla quale il marito era legatissimo. Dopo essersi addormentato ieri sera da quasi-Presidente, questa mattina Marini indosserà il vestito delle cerimonie e, come sempre di buona ora, entrerà nel suo studio a palazzo Giustiniani, che il Senato gli ha assegnato come ex presidente. E da lì seguirà la votazione e il primo scrutinio, quello che potrebbe essere decisivo. Certo, Marini lo sa. Entrare papa nel conclave laico dei grandi elettori non porta bene, ma ieri al termine di una snervante giornata di trattative, sul nome di Marini si è trovata l’intesa di massima tra Pd e Pdl per una almeno due ragioni. La prima l’ha spiegata Roberto Maroni, telefonando ieri sera a Marini e annunciandogli la non ostilità della Lega: «Siamo con te perché sei un personaggio legato al popolo». La seconda ragione, persino più rilevante la spiegava ieri sera nel Transatlantico oramai deserto, Rocco Palese, uno dei parlamentari emergenti del «nuovo» Pdl: «Marini è emerso per una virtù particolare, quella di non avere nemici».
Nei suoi sessanta anni di militante sindacale e poi politico, ovviamente Marini ha avuto diversi avversari e anche qualche nemico. Eppure, Marini li ha sempre «eliminati» senza strappi violenti o plateali. Uno stile che gli è valsa una definizione rimasta proverbiale nel mondo democristiano. Erano gli anni nei quali Marini era il segretario della Cisl e militava nella corrente democristiana di Forze Nuove, guidata da un leader carismatico come Carlo Donat Cattin. Fu proprio l’autista di Donat Cattin a far notare al suo capo: «Franco è uno che ti uccide col silenziatore...», una battuta poi adottata dal leader Dc. Uno stile che gli ha consentito di strappare da personaggi importanti senza ferite apparenti. Come con Romano Prodi. Il primo governo dell’Ulivo non trovò difese nel Ppi mariniano, anche se successivamente Marini ha continuato a smentire che ci fosse stato un piano per far cadere Prodi: «Invenzioni», «leggende». Quando Marini lasciò la segreteria del Ppi nel ’99, lo fece con un discorso che esortava i suoi a dire no «al partito unico del centrosinistra». E più di recente, Marini era contrario alle Primarie volute da Bersani per la leadership del centrosinistra. Tra il 2006 e il 2008 ha presieduto il Senato con qualche ruvidezza, ma facendo valere le sue capacità di mediatore, sperimentate nella sua precedente vita di sindacalista. Il suo link con il centrodestra lo deve all’abruzzese Gianni Letta. Un legame di amicizia che ieri ha fatto immaginare due ipotesi originali: che Letta faccia il Segretario generale in un Quirinale con Marini presidente: ovvero che sempre Letta diventi ministro nel prossimo governo. Con Berlusconi, Marini non è mai stato brusco e il Cavaliere ha sempre apprezzato questo tratto pacifista dell’ex leader della Cisl. Sulle vicende giudiziarie di Berlusconi una volta Marini ha detto: «Che contro di lui ci sia una pressione fortissima si vede a occhio nudo». Rapporti soft con la destra, ma Marini non è un «inciucione». E’ un solitario, uno che non frequenta i salotti bene. E quando va in vacanza all’Isola del Giglio, dove 30 anni fa comprò una casa assieme alla moglie, non ama farsi vedere in giro: al ristorante va quando sono vuoti, all’ora di pranzo. Chi non lo ama, ripete che all’estero Marini non lo conosce nessuno e che la sua presidenza sarebbe una retrocessione rispetto a Napolitano che interloquiva in inglese con gli altri Capi dello Stato. Osservazione fondata, anche perché la cifra più autentica di Franco Marini è quella contenuta in una frase rivolta alcuni mesi fa ad un amico di Rieti: «Ci andiamo a fare un bagno al lago?», il lago del Salto, il lago dei suoi bagni da ragazzo.