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 2013  aprile 17 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ULTIME SUL PRESIDENTE


CORRIERE.IT (ore 19.45)
«Ci sono le condizioni per una scelta condivisa», afferma Pier Luigi Bersani. «Mi pare - sottolinea il segretario del Pd - che la ricerca di una soluzione ampiamente condivisa sia a buon punto». «Credo -ha aggiunto Bersani- che ci siano le condizioni per avanzare una proposta ai gruppi parlamentari che si riuniranno questa sera». Il segretario del Pd avrebbe presentato, secondo l’agenzia Ansa, in un colloquio telefonico a Silvio Berlusconi la rosa dei candidati alla presidenza della Repubblica. Dell’elenco di personalità prese in considerazione per il Quirinale farebbero parte Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Franco Marini, che il Cav avrebbe già incontrato. Secondo alcuni fonti ci sarebbe anche un outsider: circola il nome di Sergio Mattarella, giudice costituzionale, ex ministro ed esponente di spicco dell’area cattolica. E si fa pure l’ipotesi di un altro giudice costituzionale, Luigi Mazzella, un passato da ministro di un governo Berlusconi.

LA SMENTITA E LA FURIA DI VENDOLA - La dirigenza del Partito democratico ha smentito che sia stata presentata questa rosa con una nota: «Si ragiona da giorni su diverse possibilità con tutte le forze parlamentari per arrivare a un nome largamente condiviso», si legge nel testo, ma questo non ha impedito una furiosa reazione di Nichi Vendola. «Se le intese, gli accordi e i dialoghi» che sono in corso in queste ore sul futuro Presidente della Repubblica costituiscono «la prova d’orchestr eccetera (vedi sotto)



REPUBBLICA.it (aggiornamento delle ore 19.45)
ROMA - L’accordo è fatto. E’ Franco Marini la "scelta condivisa" da Pd, Pdl e Scelta Civica. Il nome dell’ex presidente del Senato è stato fatto oggi da Bersani nel colloquio riservato con Silvio Berlusconi assieme a quelli di Amato e Mattarella. Quest’ultimo per il segretario Pd rappresentava il vero elemento di novità, la "carta segreta". Ma il Cavaliere ha estratto il nome di Franco Marini e alla fine si è trovata l’intesa, sulla base del criterio, enunciato dal leader democratico, della "più ampia condivisione". Quindi uno schieramento più largo del semplice accordo Pd-Pdl, allargato anche a Scelta Civica.

La cronaca. Una giornata che potrebbe essere decisiva per la corsa al Colle. A meno di 24 ore dalla riunione del Parlamento in seduta comune, la trattativa per un’intesa Pd-Pdl è entrata nel vivo, fino a chiudere la partita su un nome gradito anche a Scelta Civica.

Gabanelli e Strada rifiutano, Rodotà accetta. Sul fronte Cinque Stelle, Beppe Grillo lancia la candidatura di Stefano Rodotà, dopo il rifiuto sia della vincitrice delle Quirinarie, Milena Gabanelli ("Dico no ai 5Stelle, resto a fare la giornalista") sia di Gino Strada ("Dopo di me c’è una persona che io stimo. Sono più utile al Paese continuando a lavorare per Emercency"). Grillo lo annuncia su Twitter: "Dopo la rinuncia di Gabanelli e Strada ho chiamato Rodotà che ha accettato di candidarsi e che sarà il candidato votato dal M5s".

Vendola si smarca. Il nome dell’ex garante della privacy rischia di spaccare il Pd, mentre riceve l’apertura del leader di Sel, che twitta: "Facendo la tara agli insulti, nei fatti dobbiamo coltivare il terreno offerto: la rosa di nomi M5S è una elevata prova di dialogo". Le prove di accordo fra Pd e Pdl, del resto, trovano un ostacolo nel governatore pugliese. "Se le intese, gli accordi e i dialoghi in corso in queste ore sul futuro Presidente della repubblica sono la prova d’orchestra di un governissimo - tuona il leader di Sel alla Camera- esprimiamo la nostra radicale contrarietà" (vedi sotto)

REPUBBLICA.IT
Pier Luigi Bersani avrebbe presentato, secondo l’agenzia Ansa, in un colloquio telefonico a Silvio Berlusconi la rosa dei candidati alla presidenza della Repubblica. Dell’elenco di personalità prese in considerazione per il Quirinale farebbero parte Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Franco Marini, che il Cav avrebbe già incontrato.
LA SMENTITA E LA FURIA DI VENDOLA - La dirigenza del Partito democratico ha smentito che sia stata presentata questa rosa con una nota: «Si ragiona da giorni su diverse possibilità con tutte le forze parlamentari per arrivare a un nome largamente condiviso», si legge nel testo, ma questo non ha impedito una furiosa reazione di Nichi Vendola. «Se le intese, gli accordi e i dialoghi» che sono in corso in queste ore sul futuro Presidente della Repubblica costituiscono «la prova d’orchestra di un governissimo allora esprimiamo la nostra radicale contrarietà», ha spiegato da Montecitorio.
L’APERTURA A GRILLO - Sel va, quindi, verso il Movimento 5 Stelle: «Non è una questione di nomi, tutti meritano rispetto, ma la discussione riguarda il merito e ha delle ragioni politiche di fondo: se lavoriamo nella direzione dell’inciucio non stiamo facendo l’interesse del paese, mentre invece bisogna guardare con attenzione alle proposte di M5S». Secondo Vendola, quindi,«bisogna ascoltare la domanda di cambiamento» e non le «nomenklature».
ASPETTIAMO UN NOME CONDIVISO - Nel frattempo il presidente della Camera, Laura Boldrini, rispondendo ai giornalisti poco prima di entrare alla capigruppo congiunta di Camera e Senato, frena sulla possibilità di un nome condiviso: «Ancora non lo sa nessuno. Aspettiamo a vedere. Stiamo facendo un esercizio di democrazia. Ogni momento è prezioso». La Commissione ha poi deliberato che verranno tenuti due scrutini al giorno, uno alle 10 e uno intorno alle 15-15.30, anche nel fine settimana. Ogni votazione (compreso lo spoglio) durerà circa quattro o cinque ore. Gli elettori sono 1007 (630 deputati, 319 senatori, 58 delegati delle Regioni). Nei primi tre scrutini occorre la maggioranza di due terzi, pari a 672 voti. Dalla quarta, eventuale, votazione (venerdì pomeriggio) basta la maggioranza assoluta, pari a 504 voti.
Redazione Online

FUCCARO SU CDS PEZZO DEL 4 APRILE
ROMA ? Si comincerà a votare per il nuovo presidente della Repubblica il 18 aprile. La data è stata scelta dal presidente della Camera, Laura Boldrini, nella qualità di presidente del Parlamento in seduta comune, sentito il capo dello Stato e il «dirimpettaio» del Senato. Entro il 15 aprile verrà avviata la procedura che condurrà a insediare il collegio chiamato a eleggere il successore di Giorgio Napolitano, o a riconfermarlo, nel caso accettasse una ricandidatura, dato che è possibile una rielezione, anche se non si è mai verificata dalla nascita della Repubblica in poi. E tra i nomi di possibili «papabili» l’ex ministro del Pdl, Mara Carfagna, lancia (a titolo personale, come puntualizza il capogruppo Renato Brunetta) quello di Emma Bonino: «Mi sentirei garantita da una donna come lei, anche se, su alcune questioni, è distante da me».Le norme sono contenute nel secondo comma dell’articolo 85 della Costituzione. «Trenta giorni prima che scada il termine ? si legge ? il presidente della Camera convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali per eleggere il nuovo presidente della Repubblica». Nell’aula di Montecitorio si riuniranno i 630 deputati, i 315 senatori (oltre ai quattro senatori a vita: Andreotti, Ciampi, Colombo e Monti) e i 58 delegati regionali (tre per ciascuna Regione, tranne la Valle d’Aosta che ne designa uno). In totale i grandi elettori sono 1007. Per essere eletto il candidato dovrà avere cinquant’anni e godere dei diritti politici e civili. Il presidente è scelto a scrutinio segreto. Nei primi tre scrutini dovrà conseguire la maggioranza dei due terzi (672 voti), dal quarto sarà sufficiente la maggioranza assoluta (504). Una volta eletto dovrà prestare giuramento sulla Costituzione alle Camere e da quel momento cesserà da ogni altro incarico pubblico o attività professionale.Al momento, hanno nominato i grandi elettori soltanto Calabria, Friuli Venezia Giulia e Puglia. Le altre assemblee lo faranno entro l’11 aprile. A garantirlo è l’umbro Eros Brega che coordina la Conferenza dei consigli regionali. Il numero di tre delegati è indicato dalla Costituzione e ha lo scopo di dare rappresentanza anche alle minoranze. La regola (non scritta) è che siano designati due rappresentanti della maggioranza (abitualmente il governatore e il presidente del Consiglio) e il capo dell’opposizione. Nel caso della Valle d’Aosta ? si voterà per le regionali il 26 maggio ? la prassi prevede che l’unico delegato sia lo stesso presidente della Regione. In Veneto è sorta una disputa perché il Pdl non vorrebbe attenersi a questa prassi, presentando in aula i nomi. In Puglia la scelta è caduta sul presidente del consiglio Introna (Sel) e i vicepresidenti Maniglio (Pd) e Marmo (Pdl). In questo caso si è dovuto derogare dalla consuetudine di indicare governatore e capo dell’opposizione, perché entrambi, Vendola (Sel) e Palese (Pdl), sono stati eletti alla Camera e non hanno ancora optato se restare a Montecitorio o nella Regione Puglia.Intanto è proseguito il lavoro dei «facilitatori» insediati dal presidente Napolitano in due distinti comitati (uno sulle materie costituzionali, un altro su quelle economiche). Ieri si sono visti i cinque saggi incaricati di stendere un documento su come propiziare la crescita e l’occupazione. Uno di loro, il senatore del Pd Filippo Bubbico, ha fatto sapere che sarebbe da escludere una manovra correttiva, aggiungendo di svolgere il proprio ruolo «non come rappresentante dei partiti». Un altro facilitatore, Gaetano Quagliariello (Pdl) ha replicato alle critiche giunte dal suo partito: «Non sono un saggio, sono un uomo di partito e conosco gli obblighi nei confronti del mio partito. Li ho espletati tutti».@Lorenzo_FuccaroRIPRODUZIONE RISERVATA
Fuccaro Lorenzo

CORRIERE.IT
SCELTA CIVICA CONTRO PRODI
I montiani bocciano di fatto la possibilità che l’ex premier Romano Prodi possa diventare il prossimo presidente della Repubblica. «Sul nome di Prodi non abbiamo nessun problema, ma non ce la farà» perchè non gode di una «maggioranza ampia» mentre «noi spingeremo fino in fondo perchè ci sia un nome che trovi d’accordo anche il Pdl» e «il consenso ampio è un fattore indispensabile» spiega Andrea Olivero, coordinatore di Scelta Civica.
PDL - Intanto slitta al pomeriggio la riunione dell’Ufficio di presidenza del Pdl con Silvio Berlusconi. La riunione del parlamentino del Pdl - inizialmente convocata per le 11 di oggi - è stata rinviata al primo pomeriggio. Sul tavolo la linea da tenere in vista delle prime votazioni di giovedì per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. «Spererei molto che si arrivasse all’elezione del presidente della Repubblica giovedì mattina con la prima votazione, perchè sarebbe un bellissimo segnale, un bellissimo segnale di coesione, un bellissimo segnale di coerenza» ha detto Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera, intervistato da «Radio Anch’io», su Radio Uno. «Ci vuole - sottolinea l’ex ministro - una figura, come ha sempre detto il presidente Berlusconi, che non divide ma che unisce, una figura capace di rappresentare l’Italia a livello internazionale, una figura che abbia esperienza istituzionale, una figura che abbia una storia, una competenza».
Redazione Online

PEZZO DI FUCCARO OGGI SU CDS
ROMA - Amato, Prodi, D’Alema, Gabanelli... e Rodotà. A poche ore dall’inizio delle votazioni che porteranno a scegliere il successore di Napolitano come presidente della Repubblica, nessuno scopre le proprie carte. L’impressione è che stia prevalendo la pretattica in vista della battaglia campale che si giocherà a partire da domani, quando a Montecitorio si riuniranno in seduta comune deputati e senatori, assieme ai grandi elettori espressi dalle Regioni.
A fare il nome di Amato, come il candidato più idoneo, sono Rino Formica e Emanuele Macaluso in una lettera al direttore del Foglio Ferrara. Entrambi fanno parte dell’inner circle di Napolitano, sebbene abbiano storie politiche diverse: Formica proviene dal Psi craxiano mentre Macaluso faceva parte della corrente migliorista del Pci, la stessa alla quale apparteneva Napolitano. Li accomuna il giudizio (positivo) sul Dottor Sottile. «Amato - scrivono - ha l’esperienza e può esprimere al meglio l’unità nazionale da realizzare anche con il concorso di forze sociali e culturali con le quali Giuliano ha intrecciato la sua vicenda personale». Amato piace al centrodestra e trova consensi anche nel centrosinistra, anche se potrebbe trovare sulla strada del Quirinale, come concorrente, Romano Prodi. Il Professore, già presidente della Commissione europea, è gradito soprattutto a una parte del Pd, quello di osservanza renziana, come conferma Matteo Richetti: «Lo voterei con grande slancio e convinzione. Per ora, il nome di Prodi è il più autorevole e credibile a livello internazionale. Certo qualche problema di convergenza con il Pdl ci sarebbe». Richetti ritiene, inoltre, che «la candidatura di D’Alema non rappresenterebbe l’unità del Paese e creerebbe qualche problema».
Prodi, però, sarebbe come fumo negli occhi di Silvio Berlusconi. Se dovesse salire al Quirinale, fanno sapere da Palazzo Grazioli, l’opposizione del Pdl sarebbe durissima, sia in Parlamento sia nelle piazze. Diverso, invece, il giudizio su D’Alema, con il quale Berlusconi non ha mai incrociato i guantoni (a differenza di Prodi che lo ha battuto due volte: nel 1996 e nel 2006) e aveva trattato direttamente ai tempi della Bicamerale. Al momento, quindi, l’ex presidente del Copasir sarebbe il candidato sul quale il Pdl potrebbe convergere senza reticenze.
In ogni caso, in questa fase, spetta a Pier Luigi Bersani, quale leader del Pd, avanzare una rosa di nomi, come era stato richiesto nei giorni scorsi dallo stesso Cavaliere. E questa richiesta è stata di nuovo fatta ieri, durante il faccia a faccia tra Andrea Olivero, coordinatore di Scelta civica, e Angelino Alfano. «È stato - puntualizza - un incontro positivo e costruttivo. Con Alfano si è parlato di criteri anche se l’auspicio comune è che si arrivi a una candidatura condivisa fin dalle prime votazioni. Parliamoci chiaro: se si vuole un’intesa, bisogna vedersi non ci sono scappatoie». Ed ecco il possibile punto di convergenza, tra Pdl e Scelta civica, più volte auspicato: «Se il Pd proponesse il nome di Amato e il Pdl fosse concorde, credo che non faremmo mancare il nostro appoggio».
Parallelamente a questi colloqui il M5S rende noti i risultati delle Quirinarie fatte in rete. E si scopre che la più votata è Milena Gabanelli, seguita da Gino Strada, mentre al terzo posto si piazza il giurista Stefano Rodotà, già parlamentare della Sinistra indipendente ed esponente del Pds. La Gabanelli è incerta se accettare, Strada non sembra interessato. Resta Rodotà, sul quale Grillo e i suoi potrebbero tentare l’accordo con il Pd, qualora Bersani non stringesse un’intesa con Pdl e montiani. Infine, tra i nomi circolati anche quello del giudice costituzionale Sabino Cassese, mentre Famiglia Cristiana dice no a Emma Bonino.
Lorenzo Fuccaro

CORRIERE.IT
ROMA - «Direi che è fatta con Bersani», annunciava nel tardo pomeriggio di ieri Berlusconi, che proclamava «la fine della fase tattica» e parlava di un «accordo di ferro» per il Colle con il segretario del Pd sul nome di Amato, ritenuto «l’unico spiraglio». Diceva la verità il Cavaliere o stava bluffando? Tutte e due le cose, l’uso del condizionale - quel «direi» - lo testimoniava. E non perché dovesse solo far finta di aver preso una decisione, ma perché la corsa per il Quirinale è sempre piena di insidie: in passato è bastato un niente per far saltare patti più saldi di quello che il leader del Pdl sostiene di aver stretto con il capo dei democrat.
Di certo c’è che i due si sentono ormai assiduamente e non hanno più bisogno di intermediari. Ma siccome una stretta di mano telefonica non basta a chiudere un simile negoziato, alla vigilia delle votazioni Berlusconi mantiene - al pari del suo interlocutore - un atteggiamento non ambiguo, bensì prudente. E c’è un motivo se dalla sua corte è iniziato a filtrare il nome di D’Alema, se il primo presidente del Consiglio post comunista è stato accreditato come «il candidato»: Amato era e resta la prima scelta per il Cavaliere; D’Alema è la carta di riserva, su cui puntare nel caso in cui l’accordo sull’ex sottosegretario di Craxi non dovesse reggere, e Berlusconi volesse evitare di restar fuori dai giochi, ritrovandosi al Quirinale una personalità non gradito se non ostile.
Il punto è che Amato produce anticorpi all’interno dei due schieramenti: inviso a molti nel Pd e osteggiato da Vendola, determina lo stesso effetto in un pezzo del Pdl e nella Lega. Perciò, se davvero - come sostiene Berlusconi - è stata trovata un’intesa con Bersani sul candidato, il problema è come farlo eleggere, mettendo a punto la tempistica per ufficializzare quel nome e sottoporlo ai grandi elettori. Per esempio, riuscirebbe Amato a superare le forche caudine del voto segreto già alla prima chiama? È stato calcolato che - in caso di accordo tra Pd, Pdl e Scelta Civica - ci sarebbe un margine di centosessanta senatori: basterebbe o sarebbe preferibile aspettare le successive due chiame? E se si optasse invece per la quarta votazione - quando servirà la maggioranza semplice - non ci sarebbe il rischio di aprire le porte ad altri giochi, scatenando i franchi tiratori?
Insomma, un passo falso e Amato sarebbe bruciato. Di qui la carta D’Alema, che Berlusconi ha valutato con lo sguardo però sempre rivolto agli amatissimi sondaggi: perché - agli occhi del suo elettorato - l’ascesa dell’ex segretario del Pds al Colle con il supporto del Pdl saprebbe di «inciucio», avrebbe un impatto maggiormente negativo rispetto ad Amato, che certo non è considerato una «novità». Tuttavia, pur di non dover stare a guardare per la seconda volta l’elezione del capo dello Stato, il Cavaliere non ha escluso D’Alema dal mazzo. Preferirebbe Marini, «peccato che - giura scaricando le responsabilità sul fronte avverso - siano quelli del Pd a non volerlo». Ancora una volta dice il vero o bluffa?
Di sicuro Amato incontra il gradimento di Berlusconi, che è in piena sintonia con Napolitano, da tempo sponsor dell’esponente socialista. Ma se il patto Pd-Pdl dovesse saltare, l’inquilino del Colle avrebbe un altro candidato che vedrebbe di buon occhio come suo successore. Sarà una semplice coincidenza, ma non c’è dubbio che il giudice costituzionale Cassese incontra i buoni uffici del capo dello Stato uscente, ed è il nome con cui Bersani potrebbe evitare di venire travolto da Grillo, che ieri pronto ha iniziato la manovra di accerchiamento al Pd e gli ha di fatto proposto un accordo su Rodotà. Con Cassese, Bersani si precostituirebbe un’exit-strategy, ecco perché ne ha fatto cenno l’altra sera a Monti.
Il premier uscente però vuole che sul Quirinale ci sia una «scelta condivisa» con il Pdl, e la reazione istintiva di Berlusconi all’ascolto di quel nome non è stata entusiastica: «Cassese chi? Quello che ha lavorato per bocciare il lodo Alfano?». Chissà se Gianni Letta sarà riuscito a persuaderlo, spiegandogli che l’ex ministro di Ciampi «si è mosso sempre di intesa con il presidente della Repubblica». Napolitano, appunto. Da quell’orecchio però Berlusconi non ci sente, e infatti nella rosa predisposta dal capo dei democrat ci sono Amato, D’Alema, Marini e la Finocchiaro, che ieri ha chiesto e ottenuto di non venire esclusa dalla lista. È sui primi due nomi però che si gioca la partita per il Colle. Berlusconi dice che «è fatta». Sicuro che non si vada ai supplementari?
Francesco Verderami