Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 17/04/2013, 17 aprile 2013
QUEL GRANDE ELETTORE TUTTO CASA E PARTITO - «È
stato un errore escludere Matteo Renzi dai grandi elettori», ha riconosciuto perfino Massimo D’Alema. Gli errori in realtà, se vogliamo, sono stati due. Al posto del sindaco di Firenze, infatti, la Toscana ha deciso di dare il nobile incarico di scegliere il prossimo capo dello Stato a un uomo che anche i lettori più distratti meritano di conoscere meglio.
Si chiama Alberto Monaci ed è tutto «casa e partito»: letteralmente. Presidente del Consiglio regionale, senese, dipendente del Monte dei Paschi in pensione, diccì da sempre, deputato per cinque anni nella I Repubblica, fratello di quell’Alfredo già membro del CdA dell’istituto, vice-presidente della Fondazione Sansedoni delegata ad amministrare gli immobili del «Monte» e poi candidato con Mario Monti alle ultime politiche, quando andò in pezzi il patrimonio della Dc era l’uomo forte del partito a Siena.
Fu dunque tra i primi a sapere della (s)vendita, tra l’altro, della sede del partito: un appartamento immenso su due piani con loggiato in un antico edificio a ridosso di piazza del Campo. Erano anni in cui il mercato tirava. Un monolocale in centro costava un occhio della testa, figurarsi un’abitazione così grande e in quel posto tra i più prestigiosi al mondo. Indovinate chi lo comprò? La signora Anna Gioia, fisioterapista ma soprattutto compagna di Alberto Monaci, al quale aveva dato due figlie. Prezzo di vendita: 570 milioni, cioè 294.000 euro. Pari al valore catastale (allora bassissimo rispetto a quello reale) rincarato di un minuscolo 3%. Saputa la cosa, la raccontammo sul Corriere e arrivò una querela della signora con una richiesta danni di 100.000 euro. Il 21 aprile 2009, finalmente, ecco la sentenza. Definitiva. Che dava torto ai querelanti e raccontava della deposizione di Romano Baccarini, già senatore, segretario amministrativo del Ppi e protagonista della dismissione del patrimonio immobiliare della ex Dc.
Baccarini, che come scrissero i giudici «aveva esordito con un perentorio "tutto vero"», riferì «di una sua visita a Siena accompagnato dal Monaci che lo avrebbe dovuto assistere nella vendita in quanto vi era urgenza di pagare i debiti, in particolare i tfr degli ex dipendenti e le tasse. Ricevette una prima offerta di trecento milioni di lire che giudicò "risibile". (...) Siccome l’esigenza di monetizzare per pagare i debiti si faceva pressante, Baccarini decise la vendita in blocco degli immobili senesi ex dc...». Compreso quell’appartamento al prezzo che dicevamo.
«Quando venne a sapere dai giornali che la convivente Anna Gioia aveva acquistato l’appartamento», prosegue la sentenza, Baccarini «sobbalzò sulla sedia (...) telefonò a Monaci dicendogli che era un farabutto perché non gli aveva detto assolutamente nulla; Monaci gli rispose che aveva fatto tutto la Gioia e che lui non sapeva nulla». A sua insaputa... In altri Paesi avrebbe chiuso con la politica. Da noi lo delegano a votare per il Colle.
Gian Antonio Stella