Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 17 Mercoledì calendario

GLI INQUIRENTI IN BANKITALIA PER INSEGUIRE I SOLDI DEI GIAPPONESI

ROMA — Un miliardo e ottocento milioni di euro sono una massa contante che si fa fatica anche solo ad immaginare tutta insieme. Ma che, soprattutto, è ancora più faticoso andarsi a prendere in una banca accusata di usura - Nomura - la cui sede legale è in Giappone e che di quel denaro non ha intenzione di lasciarsi sequestrare neppure un centesimo.
Per questo, ieri di buon mattino, ufficiali del Nucleo di Polizia valutaria e il procuratore di Siena Giuseppe Grosso hanno salito i gradini di Banca d’Italia. Non c’erano nuovi documenti da cercare, né persone da sentire, né ombre da dissipare, ma solo da entrare con urgenza e in forza del decreto di sequestro nella stanza dei bottoni che quotidianamente sorveglia e regola il flusso di liquidità interbancaria tra tutti gli istituti che operano nell’Eurozona per provare a trovare e congelare denaro di Nomura in giro per il continente. Parliamo di un’immensa e sofisticatissima cassaforte telematica conosciuta come Target2 (acronimo per Trans European Automated real time gross settlement express Transfer System), vale a dire il sistema automatico di regolamento e compensazione dei pagamenti fra banche centrali e commerciali degli Stati membri dell’Unione. Realizzato e gestito da Banca d’Italia, Deutsche Bundesbank e Banque de France, impone a qualsiasi banca d’affari o istituto di credito al mondo che conclude transazioni all’interno dei Paesi membri di operare attraverso conti correnti di deposito dedicati accesi in garanzia presso le banche centrali dei singoli Paesi. E dunque se cerchi il denaro di una banca estera è quei conti dedicati che devi trovare.
E’ una procedura che, a ieri mattina, non aveva precedenti nelle routine di ricerca e congelamento di fondi illeciti regolarmente movimentati e inghiottiti in quel mercato europeo aperto dei capitali che, per dirla con le parole di una qualificata fonte investigativa, «è diventato per molti banchieri d’affari una comoda Tortuga». Una procedura che potrebbe segnare un primo, incoraggiante, precedente. Anche se il primo affondo di questa inedita caccia non ha trovato il bersaglio. La Finanza ha accertato infatti che Nomura non ha conti dedicati presso la Banca d’Italia su cui poter far valere immediatamente il sequestro e dunque il prossimo passaggio sarà la Banca centrale tedesca altro gestore del sistema Target2 - dove la Procura di Siena spera di trovare quello che non ha trovato a Roma. E se poi anche quel tentativo dovesse risultare vano, la caccia si sposterà allora fuori dall’Eurozona. A Londra, dove Nomura ha il suo quartiere generale per l’Europa, dove l’affaire Alexandria è stato concepito e battezzato e dove la Procura di Siena è pronta a far valere attraverso una rogatoria il suo buon diritto al congelamento di quel miliardo e 800 milioni di euro.
Certo, non sarà un passaggio agevole. Di cui del resto è prova il comunicato con cui, ieri pomeriggio, a borse chiuse, Nomura prova a rassicurare i propri azionisti e a rompere quello che si annuncia come un accerchiamento nell’Eurozona, che rischia di rendere complicatissime di qui in avanti le operazioni della banca sui mercati dell’Unione. «Siamo stati informati di un potenziale sequestro delle garanzie a fronte di transazioni con Mps - si legge nella nota - ma nessun asset di Nomura è stato sequestrato. Faremo tutti i passi necessari per proteggere la nostra posizione e contesteremo vigorosamente qualsiasi illazione di illeciti su questa faccenda». Le notizie, insomma, sono tre, avvisano i giapponesi. Quel sequestro, a oggi, è solo un pezzo di carta. Che per altro Nomura non ha ancora ricevuto. E a cui non ha alcuna intenzione di accedere attraverso qualsivoglia forma di transazione. Più o meno una dichiarazione di guerra. Con una certezza. Che quel miliardo e ottocento milioni di euro depositati a garanzia da Mps sono evidentemente da tempo in qualche cassaforte che i giapponesi ritengono inespugnabile.