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 2013  aprile 17 Mercoledì calendario

QUIRINALE, SI COMINCIA DOMANI ALLE 10

Si aprono domani mattina, alle dieci, presso Montecitorio, dove si riunirà l’intero Parlamento in seduta comune (presiede il presidente della Camera, Boldrini, al cui fianco siederà il presidente del Senato, Grasso), le procedure del primo scrutinio per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. I “grandi elettori” chiamati ad eleggere, secondo la Costituzione (articoli 55 e 83), il nuovo Presidente sono, in questa occasione, 1007, così suddivisi: 630 deputati, 319 senatori (di cui quattro “a vita”), 58 delegati regionali. Nei primi tre scrutini, sempre secondo quanto prescrive la Costituzione (articolo 63, II comma), è necessaria una maggioranza qualificata, pari ai due terzi dell’assemblea (672 voti), mentre a partire dal quarto scrutinio in poi basterà ottenere la maggioranza assoluta dei voti (504). Per questo si parla così tanto, e così spesso, del quarto scrutinio.

COME SI VOTA
Voteranno, seguendo una prassi consolidata per la “chiama”, prima i senatori, poi i deputati, infine i delegati regionali. Le vistose cabine elettorali poste sotto la presidenza dell’aula di Montecitorio e necessarie per garantire la segretezza del voto saranno di certo tre. Il “grande elettore” ritira la scheda, che sarà di colore diverso a ogni votazione così da rendere immediatamente identificabile ogni scrutinio, si reca nella cabina (“il catafalco”), esprime il suo voto e lo deposita nell’urna (“l’insalatiera”). Terminata la “chiama”, si procede allo scrutinio, che è pubblico ma richiede diverse ore per lo spoglio di 1007 schede. Ecco perché non vi saranno più di due votazioni al giorno.

I BLOCCHI DI PARTENZA
Il centrosinistra può contare – sulla carta - sulla massa di voti più consistente: 496 nella ipotesi più minimale, oltre i 500 in quella più ottimista. I voti del centrosinistra sono così suddivisi: 345 alla Camera, 123 al Senato. Ma contiamoli meglio. Nel blocco Camera il centrosinistra conta 293 deputati del Pd, 37 di Sel (che comprendono il voto della presidente Boldrini e di due deputati dimissionari, Vendola e Smeriglio, ma ancora presenti), 15 deputati sui 18 del gruppo Misto così composti: 5 dell’Svp-Patt, 4 del Psi, 5 Centro democratico, uno ex Cd-Misto (Bruno). Al Senato i conti sono più complessi, per il centrosinistra: ai 107 del Pd vanno sommati sicuramente otto senatori su 11 del Misto (sette di Sel, uno ex-Pd) e sette senatori su dieci del gruppo Autonomie-Svp-Psi (5 dell’Svp-Patt, 2 del Psi). Inoltre, ben 28 delegati regionali su 58 sono di area centrosinistra, così suddivisi: 23 del Pd (tra cui tre governatori di regione: Errani, Rossi e Zingaretti), uno di Sel, uno del Pdci, uno dell’Svp e due liste civiche (Sicilia e Lombardia). Dall’altra parte, il blocco di partenza del centrodestra è fatto da 270 grandi elettori così suddivisi: 126 alla Camera (97 Pdl, 19 Lega, in realtà 20 compreso il già dimesso governatore Cota, nove di Fratelli d’Italia) e 117 al Senato (91 Pdl, 16 Lega, 10 Gal-Grandi Autonomie e Libertà) cui vanno aggiunti 27 delegati regionali: 23 del Pdl (tra cui i governatori Caldoro, Scoppelliti e Cappellacci), quattro leghisti (tra cui i governatori Zaia, Maroni e Cota). I montiani di Scelta civica contano su 70 grandi elettori: 47 deputati, 21 senatori (compreso il senatore a vita Monti), due delegati regionali (entrambi eletti dell’Udc). E il M5S su 162: 109 deputati, 53 senatori, nessun delegato regionale. Restano fuori dal computo dei blocchi di partenza dei vari schieramenti (998 grandi elettori in tutto) in nove: tre senatori a vita (Andreotti, Ciampi e Colombo, un dimissionario dell’M5S, Mangili, i due esponenti della Val d’Aosta, un senatore e il presidente di regione in qualità di delegato, tre deputati del Movimento Italiani all’Estero-Maie). Ma i due valdostani e due senatori a vita su tre votano solitamente con il centrosinistra, ecco perché tale schieramento può già contare su 500 voti. Naturalmente, già scorporando i voti di Sinistra e libertà (45) da quelli dei Democratici o quelli della Lega (40) dal Pdl, le somme cambiano di molto, ma qui si entra in un campo minato, quello dei famosi “franchi tiratori”.

IL GIURAMENTO
Il nuovo Presidente, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune (articolo 91 della Carta), ma tale cerimonia avviene di solito a qualche giorno di distanza dall’elezione. E’ solo dal giuramento che ha inizio il mandato presidenziale. Giorgio Napolitano venne eletto il 10 maggio 2006 (al IV scrutinio con 543 voti su 990) e giurò il 15 maggio, infatti il suo mandato scade il 15 maggio 2013.

I PRECEDENTI
Dalla nascita della Repubblica ad oggi sono stati necessari in media dieci scrutini per eleggere il nuovo Capo dello Stato. Il presidente più votato è stato Sandro Pertini (832 voti), il meno votato Antonio Segni (443 voti). Al primo scrutinio sono stati eletti solo due presidenti, Ciampi e Cossiga. L’elezione più lunga fu quella di Leone, che richiese ben 23 scrutini prima della fumata bianca. Il record delle presenze di un parlamentare alle votazioni presidenziali spetta a Giulio Andreotti: dalla nomina del capo provvisorio dello Stato De Nicola non ha mai mancato una delle undici votazioni.