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 2013  aprile 16 Martedì calendario

L’ORO TORNERÀ A BRILLARE. FRA 10 ANNI

No, non è davvero l’età dell’oro. Ieri, dopo la frana della settimana scorsa, il metallo giallo ha subito perdite da brivido: addirittura il sette per cento in meno, sotto quota 1.400 dollari. Una bella sberla per chi, nel settembre del 2011, ha pensato di correre sotto l’ombrello del bene rifugio per eccellenza per proteggersi contro l’inflazione o la perdita di valore della “carta”, fossero Btp piuttosto che titoli azionari. Allora un’oncia d’oro valeva in dollari (nel frattempo svalutati...) il 30% abbondante in più, a quota 1920. E le previsioni a breve degli esperti non promettono nulla di buono: una volta sfondate certe barriere al ribasso, infatti, gli speculatori (hedge funds in testa) saranno costretti a mettere in vendita i contratti accumulati negli anni scorsi, nella presunzione di potersi crearsi uno scudo d’oro anti-inflazione contro le emissioni di carta delle banche centrali. Non c’è dubbio: hanno avuto torto. Almeno finora.
Ma andrà sempre così? Nel breve termine, diciamo per tutto il 2013 e probabilmente, anche per il 2014, la musica non dovrebbe cambiare. Di questo sono convinti i grandi investitori, da George Soros a John Paulson, che dopo aver accumulato grosse posizioni in oro, hanno venduto a piene mani, facendo trapelare la notizia sui grandi giornali finanziari, tanto per accelerare la discesa.
GLI ACQUISTI SUL DEBITO
La spiegazione di questa conversione si trova nelle obbligazioni: i grandi gestori erano convinti che le quotazioni dei titoli di Stato, dai bond americani ai Jbond giapponesi o agli stessi titoli italiani, sarebbero precipitate a fronte dell’aumento dei deficit pubblici. Al contrario, almeno per ora, gli acquisti in arrivo dalla Federal Reserve (85 miliardi di dollari al mese) più quelli della Bce o di al banche centrali hanno impedito il tracollo. Ora che al concerto si è unito, con particolare violenza il Giappone (che acquisterà almeno 75 miliardi di suoi titoli al mese per due anni), i mercati si sono convinti che le quotazioni dei titoli di Stato resteranno alte, comunque sopra all’inflazione, per un bel po’. Almeno finché gli Usa non avranno abbassato il tasso di disoccupazione ai livelli voluti da Ben Bernanke e Barack Obama. E il Giappone non sarà riuscito a sconfiggere, dopo vent’anni, la deflazione.
Fino ad allora, diciamo fino al 2015, è difficile che l’oro possa dare grandi o durevoli soddisfazioni. Anche perché l’economia di Pechino frena ed i cinesi, assieme agli indiani grandi acquirenti d’oro, stanno riducendo gli acquisti. Al contrario, i risparmiatori che in questi anni hanno comprato gli Etc (cioè i fondi legati al metallo prezioso) stanno correndo ai ripari, probabilmente in perdita. Il quadro, insomma, è chiaro. Forse troppo. C’è chi, infatti, l’oro lo compra, con l’obiettivo di cogliere l’opportunità offerta dai prezzi in calo. Tra questi spiccano le banche centrali (Russia, Turchia e Filippine in testa) che nel corso del 2012 ne hanno comprato per quasi 400 tonnellate. Ma anche alcuni esperti che meritano di esser ascoltati, visti i precedenti.
Tipo Kyle Bass, un signore che, nel 2006, quando banche e speculatori di tutto il mondo andavano a caccia di obbligazioni legati al mercato del mattone americano, si mise a studiare con attenzione le caratteristiche dei prodotti sfornati dalle varie Golman Sachs e così amati dalle agenzie di rating. Un anno dopo, nel 2007, decise che si trattava di fumo più che di arrosto e cominciò a vendere a piene mani, anche grazie ai prestiti dei (pochi) che si fidarono di lui. E che con lui fecero fortuna.
LE PREVISIONI
Pochi giorni fa qualcuno ha chiesto a Bass su cosa investire di qui a dieci anni. La sua risposta? Vendete yen e comprate oro. Ci rivediamo nel 2023. Per ora i fatti gli danno ragione a metà. Lo yen, sotto la spinta della banca centrale, sta perdendo colpi (e altri, probabilmente, ne perderà). E l’oro ha fatto lo stesso. Ma la scommessa di Bass è a lungo termine: prima o poi la massa enorme di denaro messa in circolo dalle banche centrali (oltre 22 mila miliardi di dollari ad oggi) darà luogo alla ripresa ma si tradurrà anche in inflazione. E quel giorno, scommette Bass, l’oro si prenderà una rivincita. Senza dimenticare che, prima di allora, l’oro non farà da scudo contro l’inflazione ma contro le tentazioni di prelievi patrimoniali un po’ sì.