Giuliana Ferraino, Corriere della Sera 16/04/2013, 16 aprile 2013
IL GRANDE CRASH DI ORO E ARGENTO IN CADUTA DEL 9% —
Il mondo deve essere proprio sottosopra se anche il bene rifugio per eccellenza, l’oro, può perdere 140 dollari in un giorno solo, con un crollo del 9,3%, e scendere a quota 1361 dollari l’oncia. È la peggiore flessione da trent’anni, l’ultimo tonfo risale al febbraio 1983. In una giornata negativa per tutte le materie prime, a causa del rallentamento dell’economia cinese, anche l’argento ha pagato pegno, e ieri è sceso dell’11%. Fine della grande corsa al rialzo dei lingotti, con una forte accelerata all’indomani della più grande crisi finanziaria dagli anni 30, dopo il fallimento della banca americana Lehman Brothers? Il mercato è in flessione da settimane. Alla chiusura di venerdì scorso il metallo giallo aveva perso il 4% del suo valore, pari a 60 dollari, toccando il minimo da due anni a 1355,80 dollari al Comex, il mercato dei futures di Chicago. Una brusca inversione di tendenza rispetto alla straordinaria performance degli ultimi dieci anni. I prezzi sono saliti più di sette volte dal 2001, toccando il record assoluto, a quota 1920 dollari all’oncia, nel 2011. In piena tempesta economica e finanziaria. L’allentarsi dei timori sulla crisi del debito sovrano in Europa e soprattutto la scommessa di una ripresa dell’economia americana, sebbene sostenuta più dalla Federal Reserve che dagli investimenti, ha risvegliato gli appetiti (e la propensione al rischio) degli investitori. Il sentiment nei confronti dell’oro è cambiato e le grandi banche d’affari negli ultimi mesi hanno confermato la nuova tendenza, ridimensionando drasticamente le stime sul prezzo del metallo prezioso, dal Credit Suisse alla Société Générale a Goldman Sachs. A rimetterci questa volta saranno i grandi investitori, che hanno puntato sull’oro alimentando «the ultimate bubble», la bolla suprema, come è stata talvolta definita durante i momenti di massima euforia. Tra i più penalizzati, come molta probabilità, figura John Paulson, tra i pochi ad aver guadagnato miliardi con il suo hedge fund scommettendo contro il mercato immobiliare americano durante la crisi dei subprime. A fine 2012, Paulson controllava quote di fondi legati all’oro pari a 3,1 miliardi di dollari, oltre ad avere partecipazioni in nove miniere aurifere per un investimento complessivo di quasi 1,1 miliardi di dollari. Secondo gli operatori di mercato, ad aver accelerato il declino del metallo prezioso, probabilmente ha contribuito la decisione di Cipro, nell’accordo per il salvataggio delle sue banche, di vendere parte delle sue riserve in oro, scatenando i timori di un effetto domino da parte di altri Paesi in difficoltà.
Giuliana Ferraino