David Carretta, IL 12/4/2013, 12 aprile 2013
ROMA FUORI DALL’EURO È IL WORST CASE SCENARIO
La decisione dell’Italia di non aderire alla cooperazione rafforzata sul brevetto europeo costerà alle imprese italiane almeno il 30 per cento in più rispetto ai concorrenti europei per far tutelare le loro idee e invenzioni: 85 euro per pagina tradotta, perché occorre una doppia registrazione in Italia e nel resto d’Europa. Ma, in caso di controversia, il conto potrebbe lievitare a diverse decine di migliaia di euro, per la necessità di difendere il brevetto di fronte ad almeno due giurisdizioni. Nell’Europa a velocità multiple e differenziate che si sta costruendo a Bruxelles, l’esempio del brevetto europeo aiuta a comprendere i costi della non partecipazione a uno dei tanti cerchi settoriali che si sovrappongono. Uscire dall’Unione europea avrebbe un impatto devastante per le piccole e medie imprese che esportano principalmente in Europa, ma anche per la grande industria e il settore agro-alimentare. La mozzarella di bufala Dop, ad esempio, si vedrebbe imporre una tariffa del 55 per cento per entrare nel mercato Ue. E sulla Panda prodotta nello stabilimento Fiat di Pomigliano peserebbe una tassa di ingresso in Europa del 4 per cento. L’uscita dall’euro costerebbe a ogni italiano tra i 9.500 e gli 11.500 euro, secondo uno studio della banca svizzera Ubs. Crollo del pil, disoccupazione di massa, collasso del commercio estero e panico finanziario: per gli analisti di Ubs, con il ritorno alla Lira, non è da escludere il pericolo di una dittatura o di una guerra civile. La fondazione tedesca Bertelsmann Stiftung ha definito l’Italexit come il "worst case scenario" anche per i partner europei: di qui al 2020 la Germania ci rimetterebbe 1,7 trilioni di euro, con un costo pro-capite di 21.000 euro, superiore alla stangata subita dagli italiani.