Gianni Mura, la Repubblica 14/4/2013, 14 aprile 2013
IMMEDIATA FUGA DELL’EMIRO DA UN CALCIO CHE NON CAMBIA
Leggo di WhatsApp che manderà in pensione gli ormai obsoleti sms che già avevano ferito a morte lettere e cartoline. Con WhatsApp non c’è tempo da perdere: si legge tutto e ci si sente impegnati a rispondere subito oppure meglio tacere per sempre. Il “citius” di de Coubertin ormai si applica ai messaggi. Mi ami? Sì. Mi amerai per tutta la vita? Forse. Quanto tempo è passato? Sei secondi e otto decimi. Ganzo, ma si può far meglio, come per i cambi di gomme ai box della formula Uno, o Bolt sui 200. Il sentimento si consuma al banco. Nelle nostre vite è entrato un invisibile starter. La sua faccia buona e progressista dice che cambierà le abitudini. L’altra faccia, meno buona, sa già che cambierà tutto,
ma ancora non conviene dirlo.
Si può già dire, però, che nel calcio italiano non cambia nulla. Facciamo finta che un emiro vero, interessato a investire, abbia passato qualche giorno da noi. Domenica mattina, telegraficamente, dirigente- tifoso Galliani aggredito tribuna autorità Firenze da quattro tifosi (daspati): più giovane habet anni 50. Balotelli, pare buuheggiato, litiga con arbitro. Fiorentina ideò terzo tempo calcistico et patrocina premio fairplay. Dove errore?
Domenica sera, Inter 3-Atalanta 4, rigore
contro Inter inesistente, altri gol buoni. Mischione finale Schelotto- atalantini. Presidente Moratti dice non credere buonafede arbitri. Lunedì: presidente Moratti ribadisce concetto malafede: deferito. Derby Roma, lunedì, con disordini et accoltellati, alcuni “puncicati”. Est usanza rituale come sagra infiorata Genzano. In urbe, infilata di lama. Sempre lunedì, Bergamo. Funerale presidente Ivan Ruggeri. Titolo Gazzetta: “All’addio di Ruggeri scoppia la pace con il gruppo ultrà: era un uomo forte”. Pace unilaterale: da che pulpito viene predica? Da Claudio Galimberti detto Bocia, capo ultrà atalantini. “Lo contestavamo come presidente, non come uomo”. Povero Ivan, forse non potuto cogliere differenza. Per anni contestato (“in modo forte, perché lui era forte”) e anche figlio, costretto lasciare presidenza con padre da anni in coma. Applausi chiesa solo da prime file, dove c’erano quelli del calcio. Dietro, silenzio attonito. Silenzio di rispetto vero.
Martedì ministro Interno, Cancellieri, dichiarato certe gare bisogna disputarle in orario diverso. Derby Roma
in notturna rende più pericoloso et difficile lavoro forze ordine. Manco per sogno, hanno replicato dalla Lega, che sa quel che conviene a tv che sganciano quattrini. Da questo particolare l’emiro ha dedotto che ministro, figurarsi prefetto o questore, contano fino certo punto. Emiro pensato che in Italia non conviene investire. Tornato suo emirato. Probabilmente perso notiziola piè di pagina, su Gazzetta. Questa: gruppo giovani ciclisti ternani (allievi) reduce da corsa Alatri, si ferma area di servizio Mascherone (A1). Dove si ferma anche gruppo tifosi Perugia di ritorno vittoriosa trasferta Frosinone. Perugini calcio aggrediscono ternani due ruote, ds Sandro Latini e padre di allievo finiscono ospedale. “La Digos avrebbe già individuato gli aggressori”. Se sì, il daspo è poco. La stupidità è un’aggravante. Perché sono sempre i tifosi di calcio quelli che hanno voglia di menar le mani? Nessuno da dentro il calcio risponde. E questo non è rispetto, è omertà.
Cambiamo discorso. Rischia di scomparire il GiroBio per dilettanti, una delle poche cose decenti espresse dal ciclismo negli ultimi anni. Ecologico, romantico, ma soprattutto etico. Programmato dal 9 al 16 giugno, ma l’ideatore e organizzatore Giancarlo Brocci da solo non ce la fa con le spese (500mila euro). La sua richiesta di un piccolo contributo (5mila euro) alle squadre invitate è stata accettata da quelle straniere ma respinta da quelle italiane (ben 13): perché la crisi c’è anche per loro e per non creare un precedente.
Non sarebbe male se un precedente lo creasse Malagò, il presidente del Coni. Una sorta di una tantum, perché il GiroBio non muoia. E’ morto, notizia ieri sul Corsera, Daniele Parolini. Ai più giovani il nome non dirà molto, ma per quelli della mia generazione è stato uno dei più bravi e sicuramente il più bello. Terzino della Cremonese, una storia d’amore con Mina (mai sventolata), una grande amicizia con Armando Picchi. In via Solferino ha lavorato 28 anni, quasi tutti passati nella redazione sportiva. Nel ’90 ha mollato tutto. Si era fatto domande sul senso della vita e del mestiere e si era risposto. Era andato in Africa (Kenya, Congo), nelle discariche e baraccopoli a lavorare da laico con i padri comboniani. E’ tornato a Cremona per morire, Daniele. Gli sia lieve la
terra.