Paolo Mastrolilli, La Stampa 16/4/2013, 16 aprile 2013
SPETTATORI O GUASTATORI? L’AMBASCIATORE THORNE SPIEGA I 5 STELLE AGLI STATI UNITI
«L’Italia ha gli strumenti per trovare una via d’uscita alla situazione attuale, e svolgere il ruolo responsabile che le compete». È un giudizio a metà fra la speranza e l’esortazione, quello che l’ambasciatore americano a Roma David Thorne ha espresso l’altro giorno alla Columbia University di New York. Ex allievo della School of Journalism, dove aveva studiato nel 1971 al rientro dalla guerra in Vietnam, Thorne è stato premiato con la Dean’s Medal for Public Service, il riconoscimento più alto che il preside della Facoltà assegna ad un laureato distintosi nel servizio pubblico.
Durante il pranzo in suo onore, ha raccontato agli ex colleghi che una delle cose che lo hanno colpito di più nella missione diplomatica è stata l’attenzione per la leadership che gli Stati Uniti sanno ancora fornire. Pochi Paesi, forse nessun altro, sono in grado di mostrare la via. Questo, almeno in Europa, genera preoccupazioni per il timore che l’America volti le spalle e si concentri solo sull’Asia, ma la volontà di preservare l’antico rapporto di stretta collaborazione è un segnale incoraggiante.
L’Italia, da questo punto di vista, conserva un ruolo strategico, nonostante i problemi di instabilità politica che la affliggono oggi. Gli Stati Uniti sono nati con la democrazia e la rispettano per natura, ma negli ambienti dell’amministrazione Obama è palpabile la speranza che il dibattito romano si concluda con un accordo. L’intesa tra Pd e Pdl sembra l’unica strada percorribile, vista la posizione presa dal Movimento di Beppe Grillo, e il voto per la scelta del successore di Giorgio Napolitano dovrebbe diventare la chiave da cui discende tutto il resto. Tra i nomi che girano, quello di Amato pare in crescita, almeno a chi preferirebbe una soluzione di compromesso tra i due poli.
Grillo ha suscitato interesse, per come ha condotto la campagna incentrata sulla democrazia partecipativa, e anche per alcune posizioni prese sulle riforme strutturali necessarie al Paese. Ora però ha deciso di tenersi fuori dal processo politico, a parte la richiesta di ottenere l’incarico per formare il governo o il Quirinale, e questo significa confinare il 25% dell’elettorato ad un ruolo di spettatore, se non di semplice guastatore. L’effetto forse si legge già in alcuni sondaggi, che danno M5S in calo di circa il 3%, mentre il Pdl è in leggera crescita.
Gli italiani, in sostanza, cominciano a preoccuparsi per l’instabilità protratta, anche perché nel difficile clima economico attuale un ritorno rapido alle urne non darebbe il tipo di segnale che la comunità internazionale si aspetta da un paese decisivo per le sorti dell’euro, e per evitare una nuova crisi.
I mercati finora hanno tenuto una posizione attendista perché credono che gli italiani alla fine si accorderanno, e perché sono distratti dall’andamento positivo generale delle Borse. Gli investitori stanno facendo soldi e ci sono segnali di ripresa. Se questi segnali verranno confermati salirà la marea, che riporterà in alto tutti, Italia compresa. Anche se da noi, guardando i numeri, non ci sono molti elementi concreti che puntino verso la ripresa. La cosa che ci salva al momento è che nei mercati c’è questo umore positivo, e non esiste una crisi di liquidità come all’inizio della crisi. Se però l’umore e la situazione della liquidità cambiassero, i mercati ci metterebbero poco a mutare atteggiamento e spingerci subito a fondo.
Sono problemi che Thorne seguirà da Washington, dove dovrebbe tornare all’inizio dell’estate come consigliere del segretario di Stato John Kerry. Sperando di lasciare al suo successore (l’avvocato italo-americano John Phillips, a meno di sorprese dell’ultima ora), un Paese stabilizzato.