Elisa Battistini, il Fatto Quotidiano 26/3/2013, 26 marzo 2013
IL CINEMA CHE VISSE DUE VOLTE
Lo scorso anno La donna che visse due volte è stato votato miglior film di tutti i tempi dai principali critici del mondo scalzando Quarto Potere. Questo cambio al vertice sembra cogliere una tendenza in crescita: oggi i registi fanno un po’ come James Stewart con Kim Novak, rivestendo gli attori con i panni dei defunti divi. All’interno della marea montante dei biopic si diffonde la sottocategoria dei film sui protagonisti del cinema. Sacha Baron Cohen si cimenterà nei gorgheggi di Freddy Mercury, si stanno preparando pellicole su Nina Simone (Zoe Saldana, Avatar) e Janis Joplin (Amy Adams, The Master), è già pronta quella su Steve Jobs, Hannah Arendt attende la sala mentre abbiamo appena accantonato Lincoln. Ma soprattutto è arrivato Hitchcock di Sacha Gervasi quasi in contemporanea con le sue muse Grace Kelly e Tippi Hedren. Anthony Hopkins è il doppio del regista de La finestra sul cortile, che dovrà aspettare ancora per vedere Nicole Kidman recitare la sua interprete nel film Grace di Monaco. Tippi Hedren è invece già finita sul piccolo schermo. Con il volto di Sienna Miller, la protagonista de Gli Uccelli è andata in onda in The Girl prodotto da Hbo e Bbc. Manca solo Ingrid Bergman e la rimpatriata è fatta.
NEL CASO del triangolo hitchockiano, Grace mostra la Kelly già principessa, The Girl la Hedren alle prese con i ciak di Gli uccelli e Marnie e ovviamente con i celebri tormenti ossessivi del suo regista (interpretato da Toby Jones, l’attore chein Infamous faceva Truman Capote) mentre Hitchcock parla dell’avventurosa produzione di Psycho concentrandosi sul rapporto con la moglie Alma (Helen Mirren, già doppio della regina Elisabetta in The Queen) che di Hitch era stretta
collaboratrice. Sotto la doccia, a farsi accoltellare, ci sarà Scarlett Johannson, novella Janet Leigh. Se per il grande regista britannico i film erano come “la vita senza i momenti di noia”, il cinema riaggiorna la sua frase: molti film oggi sono le vite dei famosi elevate a simbolo o il racconto del cinema senza pause di produzione. L’anno scorso Michelle Williams ha sfidato in un corpo a corpo Marilyn e presto si attende Linda–Gola profonda–Lovelace riesumata dalla carne di Amanda Seyfreid. Ma da lustri (Mammina cara su Joan Crawford con Faye Dunaway è del 1981) le dive, specie se belle e dannate,vivono almeno due volte. Fantasmatica e seduttiva, la riproposizione della divina morta è la proliferazione di un simulacro infinito. Forse è l’essenza stessa dell’immaginario cinematografico. Sul fronte maschile, se Peter Sellers il donnaiolo e Charlie Chaplin lo sposo di minorenni sono già stati proposti da anni (il primo era Goffrey Rush, il secondo Robert Downey Jr.) ora si attende l’Errol Flynn di Kevin Kline, intrappolato nell’alcol in The Last of Robin Hood sull’ultimo periodo della vita del divo anni Trenta, interpretato da Jude Law in The Aviator. Dove invece Cate Blanchett recitava Katharine Hepburn e Kate Beckinsale quella di Ava Gardner. Già negli anni Venti Francis Scott Fitzgerald suggeriva a Griffith che l’industria del cinema era un ottimo soggetto: nel tempo l’idea che Hollywood Babilonia elaborasse il proprio, inconscio, dietro le quinte si è rivelata fruttuosa.
LA SETTIMA ARTE cerca la propria scena primaria anche per riaggiornare la fascinazione che ha esercitato sulle masse. E poi c’è la parte più commerciale, che per il rasoio di Ockham basta
e avanza: in una fase di crisi, puntare sul già noto aiuta ad attrarre spettatori. E se da tempo sono annunciati un film su Judy Garland, uno sulla Dietrich e di tanto in tanto torna Rock Hudson, finché manca l’interprete il gioco non funziona. Ma intanto se ne parla con più eco che per altri progetti. Perché quella del divo che diventa personaggio è una variazione sul tema più caro a Hollywood: riportare ciclicamente in vita i propri modelli narrativi fondamentali.
Julia Roberts in Pretty Woman è come Audrey Hepburn in Sabrina ed entrambe sono figlie di Cenerentola. Perciò se Hitch e Grace non si incontreranno, è probabile che Nicole Kidman – diretta da Oliver Dahan, già regista del biopic su Edith Piaf – incroci Lady Diana interpretata dalla sua amica, nella vita, Naomi Watts.
Pochi invece sono i capolavori vivisezionati quanto Psycho di cui ora viene narrato il making of al cinema e il prequel per la tv americana (in Bates motel). Nel 1998 Gus Van Sant lo riprodusse identico anche nel nome: non un remake, ma un film-calco (dove a morire sotto l’acqua era la assai meno glamour Anne Hache), inquadratura per inquadratura (quasi), a dimostrazione che non possono esistere copie ma solo originali e, per questo, il cinema si ricicla ma non è mai identico a se stesso.