Isidoro Trovato, CorrierEconomia 15/04/2013, 15 aprile 2013
MALESSERI ITALIANI. LA CRESCITA IMPOSSIBILE CON TASSE AL 56%
Lavorare quasi, sette mesi all’anno, 202 giorni, soltanto per pagare le tasse. Aspettare il 22 luglio per iniziare a guadagnare in proprio. Quest’anno la maggior parte delle imprese italiane vedrà slittare a luglio inoltrato il «Tax freedom day», il giorno della liberazione dalle tasse. Per la prima volta il calcolo della pressione fiscale viene applicato alle imprese per individuare la data a partire dalla quale un artigiano o un commerciante smette di lavorare per pagare lo Stato e inizia a faticare per se stesso.
I conti
La Cgia di Mestre ha calcolato i giorni di liberazione fiscale per le diverse tipologie di piccole imprese. Si tratta di realtà molto diffuse nel nostro Paese se si considera che oltre il 70% delle aziende non ha dipendenti. «Trattandosi della prima volta che viene eseguito questo calcolo si è proceduto ad effettuarlo per gli anni dal 2010 al 2013 — spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre — e il calcolo riferito a quest’anno è frutto, anche se in minima parte, di stime. Il giorno di liberazione fiscale, nel periodo considerato si sposta inesorabilmente sempre più avanti evidenziando come la pressione tributaria sia in costante crescita. Solo nelle elaborazioni che riguardano le società si può osservare nel 2013 una inversione di tendenza, che non è tanto dovuta alla particolare veste giuridica, ma alla presenza di personale dipendente. Tuttavia, questa inversione di tendenza si verifica su livelli di tassazione molto elevati». Per simulare meglio l’impatto tra aziende e Fisco sono stati immaginati quattro imprenditori tipo (vedi tabella) e in tutti i casi la pressione fiscale supera il 50% per l’effetto di diversi rincari: è aumentato il peso della tassazione locale. L’addizionale regionale Irpef versata nel 2012 è stata più pesante soprattutto per effetto dell’aumento della aliquota «base» dallo 0,9% al 1,23%. La sostituzione dell’Ici con l’Imu ha fatto sì che l’esborso arrivi quasi a raddoppiare per coloro che svolgono la loro attività in un capannone: e il 2013 porterà nuovi aggravi. Infine dal 2012 cresce il prelievo Inps per gli artigiani e commercianti. Il tutto senza contare che da quest’anno la vecchia Tarsu lascerà il posto alla Tares: la nuova tassa sarà più onerosa in quanto deve assicurare l’integrale copertura del costo per lo smaltimento dei rifiuti. «L’effetto di tutto ciò è che quest’anno le aziende dovranno lavorare qualche giorno in più per il Fisco — ricorda Bortolussi —. Le uniche notizie positive arrivano dalle aziende con dipendenti: il Decreto "Salva Italia" ha previsto la deducibilità dal reddito di impresa della quota dell’Irap relativa al costo del lavoro, inoltre sono state aumentate le deduzioni dalla base imponibile Irap in presenza di dipendenti giovani o donne. Questo fa sì che le imprese con molto personale e con presenza di donne e giovani, quest’anno abbiano un peso fiscale inferiore a quello dell’anno scorso».
Gli altri
Accorgimenti accolti come palliativi da parte delle aziende che denunciano ormai una condizione insostenibile. «Questo non è più un Paese per imprese — ribadisce Bortolussi —. Il carico fiscale è intollerabile, giusto per fare un esempio: la tassazione sugli utili da noi è al 68% e in Germania è appena al 48%, il tutto con una qualità di servizi alle imprese neanche paragonabili. E non parliamo soltanto di imposte dirette perché nell’ultimo anno il costo dell’energia è salito del 40% e quello dei trasporti del 10%. È evidente che il meccanismo è sbagliato perché il debito pubblico cresce insieme alla tassazione. Unica via d’uscita è il taglio della spesa pubblica che permetta un calo della pressione fiscale».
È il pilastro della tesi di chi (anche in Europa) sostiene che la politica del rigore è recessiva perché l’economia reale vive di consumi. Se questi calano e poi devi lavorare sette mesi per il fisco, diventa una battaglia persa.
Isidoro Trovato