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 2013  aprile 15 Lunedì calendario

1971: SCAMBIO DI CINE ALL’ONU ESCE TAIWAN, ENTRA PECHINO

Vorrei avere notizie sul fatto che Taiwan fino al 1971 aveva il seggio nel Consiglio di aicurezza delle N. U. al posto della Cina popolare e poi lo perse in favore di Pechino: come mai?
Carlo Alberto Tabacchi
tabacchi@libero.it
Caro Tabacchi, quando le truppe comuniste conquistarono Pechino nel 1949 e Mao proclamò la nascita della Repubblica popolare, soltanto la Gran Bretagna, fra le maggiori potenze occidentali, riconobbe il nuovo Stato. Era installata a Hong Kong sin dalla metà dell’Ottocento e non poteva permettersi di ignorare l’esistenza di un regime che sarebbe stato da allora la «casa madre» della sua colonia. Per gli Stati Uniti, invece, la vittoria dei comunisti nella guerra civile era soltanto una usurpazione e la vera Cina era a Taiwan, dove Chiang-Kai-shek e i fuggiaschi del Kuomintang avevano trovato rifugio dopo la sconfitta. La guerra di Corea e la partecipazione di volontari cinesi a fianco degli aggressori provenienti dal Nord rafforzarono la presidenza americana nella convinzione che il seggio cinese nel Consiglio di sicurezza non dovesse cadere nelle mani di Pechino. Da allora la politica americana in Asia e in particolare la guerra del Vietnam, furono motivate dal desiderio di contrastare il contagio del comunismo cinese nella regione.
I fattori che contribuirono alla svolta americana degli anni Settanta sono numerosi. La guerra del Vietnam diventava sempre più sanguinosa e la vittoria sempre più remota. Gli scontri fra truppe cinesi e sovietiche lungo il fiume Ussuri, in Siberia, dimostravano che i rapporti fra le due maggiori potenze comuniste erano pessimi e che da quella rottura l’America avrebbe potuto ricavare qualche vantaggio. E la Cina, infine, aveva cominciato a lanciare verso Washington segnali interessanti fra cui, nell’aprile 1971, l’invito di una squadra americana a un torneo di ping pong. Il presidente americano Richard Nixon reagì annunciando la revoca dell’embargo su alcuni prodotti strategici necessari all’economia cinese e pochi mesi dopo dichiarò che avrebbe fatto una visita ufficiale in Cina. Dietro questo scambio di gesti e segnali vi era la mano del segretario di Stato Henry Kissinger che aveva visitato segretamente Pechino e preparato l’incontro.
Fu evidente da quel momento che l’America avrebbe smesso d’impedire l’ingresso della Cina all’Onu. Ma fu altrettanto evidente che non desiderava l’uscita di Taiwan dalla maggiore organizzazione internazionale. Dovette accettare il fatto compiuto, tuttavia, quando l’Assemblea dell’Onu approvò con una larga maggioranza (76 a 35 con 17 astensioni) una risoluzione albanese per la sostituzione della Cina nazionalista con la Repubblica popolare. Ma gli Stati Uniti continuarono a garantire la sicurezza di Taiwan anche con forniture di armi. Ancora una osservazione interessante, caro Tabacchi. Taiwan perdette il seggio, ma dette prova da allora di un grande dinamismo economico. Oggi esiste una parte della società di Taiwan che vorrebbe separare i suoi destini da quelli della Cina e rivendica una nuova identità nazionale. Ma il maggiore ostacolo su questa strada è rappresentato dalla Cina popolare che continua a considerare l’isola una provincia separata e non rinuncia alla prospettiva della riunificazione.
Sergio Romano