Ettore Colombo, Il Messaggero 10/4/2013, 10 aprile 2013
COME SI ELEGGE IL CAPO DELLO STATO
Il presidente della Repubblica italiana (detto anche capo dello Stato) rappresenta l’unità nazionale del Paese in Italia e all’estero. Viene eletto dal Parlamento in seduta comune e rimane in carica per sette anni. La Costituzione stabilisce che può essere eletto Presidente della Repubblica qualsiasi cittadino italiano che abbia compiuto i cinquant’anni di età e goda pienamente dei diritti civili e politici. Non è necessario, dunque, essere un parlamentare per diventare capo dello Stato. Paradossalmente, però, sempre la Costituzione non dedica molti articoli alla più alta carica dello Stato: appena otto (quelli che vanno dall’art. 83 all’art. 91) su 138. Del resto, quando i padri costituenti scrissero la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il I gennaio 1948, vollero appositamente attribuire al Capo dello Stato pochi e delimitati poteri, per lo più di rappresentanza, a causa della tragica esperienza del fascismo appena vissuta.
COME SI ELEGGE
Ad eleggere il Presidente della Repubblica è il Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) riunito in seduta comune. Il primo atto è la convocazione dei comizi elettorali che viene effettuata dal presidente della Camera. A integrare il corpo elettorale (parlamentari più senatori a vita) la Costituzione prevede la presenza, tra i grandi elettori, di tre delegati per ogni regione italiana, tranne la Valle d’Aosta che ne designa uno solo (art. 83 Cost). Una particolarità pensata dai padri costituenti per rafforzare il ruolo del capo dello Stato in qualità di garante dell’unità nazionale. In totale, si tratta dunque di una platea di 1007 votanti: 945 parlamentari (630 deputati e 315 senatori), quattro (attualmente) senatori a vita, 58 delegati regionali. L’elezione si svolge sempre a scrutinio segreto, ma i quorum richiesti sono diversi: è necessaria la maggioranza di due terzi (671 voti) dei componenti dell’assemblea nei primi tre scrutini e la maggioranza assoluta degli stessi (504 voti) dal quarto in poi.
QUANDO SI ELEGGE
Il Parlamento va riunito dal presidente della Camera in seduta comune 30 giorni prima che scada il mandato presidenziale. L’attuale capo dello Stato, Giorgio Napolitano, scade il 15 maggio (e resterà in carica fino ad allora), quindi le nuove elezioni sarebbero dovute iniziare il 15 aprile, ma la presidente Boldrini ha dato comunicazione ufficiale per la prima convocazione dei grandi elettori per il 18 aprile.
COME SI VOTA
Si vota a scrutinio segreto all’interno dell’aula della Camera dei Deputati eletta a seggio unico. I ‘grandi elettori’ entrano nella cabina elettorale (palchetto oscurato posto sotto la presidenza) scrivono la loro preferenza (nome e cognome, oppure solo il cognome, scheda bianca o scheda nulla) che poi depositano nell’urna apposita. Per consuetudine votano prima i senatori, poi i deputati, infine i delegati regionali.
QUANTO RESTA IN CARICA
Il mandato presidenziale dura sette anni e la sua carica è stata volutamente sfalsata rispetto alla durata ordinaria delle Camere (cinque anni), rendendo impossibile che le stesse Camere possano rieleggere due volte lo stesso presidente, ma ciò non impedisce la rielezione di un capo dello Stato. Non è mai successo, ma non è impossibile né la Costituzione lo vieta espressamente. Il presidente entra in carica al momento del giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione, giuramento che avviene con un messaggio davanti alle Camere riunite in seduta comune. L’ufficio di capo dello Stato è incompatibile con qualsiasi altra carica, pubblica o privata, né si può svolgere, durante il mandato, qualsivoglia attività professionale. Il mandato presidenziale non può essere sospeso: in caso di prolungata assenza dalla sede vacatio) per viaggio all’estero o impedimento fisico, la supplenza dell’incarico è affidata al presidente del Senato, che è un presidente ‘supplente’, non un suo ‘vice’. Cause di interruzione definitiva del mandato sono le dimissioni volontarie, la morte, malattia permanente, la destituzione per alto tradimento e attentato alla Costituzione.
RESPONSABILITA’ DEGLI ATTI
Specifiche disposizioni rendono ogni attentato alla persona o offesa all’onorabilità del presidente della Repubblica crimini di particolare gravità (il cd. vilipendio al capo dello Stato), ma interminabili discussioni in dottrina sono nate sulla totale o parziale irresponsabilità degli atti se effettuate nell’esercizio delle sue funzioni. Le sole eccezioni al principio dell’irresponsabilità restano se il Capo dello Stato commette due reati esplicitamente ricordati dalla Costituzione: l’alto tradimento o l’attentato alla Costituzione. In tal caso, scatta lo stato d’accusa del Parlamento.
POTERI E CONTROFIRMA
Attribuzioni, facoltà e poteri presidenziali sono regolati dall’art. 87 della Costituzione (cui si rimanda per il dettaglio), ma al principio dell’irresponsabilità va affiancato il principio della ‘controfirma’: ogni atto presidenziale, per essere valido, deve essere controfirmato dal ministro competente/proponente o dal presidente del Consiglio. Il presidente della Repubblica - che svolge, per esplicita attribuzione della Costituzione, anche la funzione di presidente del Consiglio supremo di Difesa e presidente del Csm – può rinviare alle Camere leggi sulla cui costituzionalità nutre dubbi o perplessità e può inviare alle Camere messaggi di stimolo o di controllo, può nominare dei senatori a vita e dei giudici costituzionali, può sciogliere le Camere in via anticipata (tranne nel semestre bianco), guida le consultazioni e nomina il premier e i suoi ministri.