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 2013  aprile 15 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 75

(Massimo Franco, «La crisi dell’Impero Vaticano»)–

(vedi anche biblioteca in scheda
e database libro in scheda )


Gli anni bui del Vaticano


Moschea

Giovanni Paolo II chiese all’allora sovrano saudita se fosse possibile costruire in Arabia una chiesa cattolica. La risposta, secca, fu: «No», perché l’Arabia era la terra santa del profeta Maometto. Il pontefice polacco provò a insistere, ricordando che a Roma era stata eretta una moschea. Ma il re rimbeccò con crudele sottigliezza: «È stata eretta a Roma, non dentro la Città del Vaticano».

Africa

In Africa nel XX secolo il numero dei cristiani è cresciuto del seimila per cento, passando da otto milioni e mezzo a 516 milioni di persone. Nel 1910 i cristiani erano il 9 per cento della popolazione africana; nel 2010 il 63%. Secondo il rapporto del Pew Forum on Religion & Public Life statunitense pubblicato nel luglio del 2012, è una crescita destinata a continuare: al punto che ormai la Nigeria ha più protestanti della Germania, dove pure è nata la Riforma.

Et et

«Come sostiene De Rita, la Chiesa non è mai “aut aut” ma “et et”».

Riforma

«Nel dicembre del 2012 il settimanale britannico “The Economist” ha svolto un’inchiesta significativa. Ha paragonato la crisi della moneta unica di questi anni a quella del Sacro Romano Impero nel XVII secolo, ritenendo di trovare similitudini vistose. Quanto accadde allora, nacque, secondo il periodico londinese, dal predominio crescente assunto dalla Prussia. “Rileggendo quelle vicende con le lenti di oggi, si potrebbe vedere l’origine della crisi odierna e i pericoli che pone a lungo termine, nella rapida crescita della Germania dopo la riunificazione con quella dell’Est (che coincideva in larga parte proprio con la Prussia e il Brandeburgo)” osserva il settimanale. E ricorda come la guerra dei Trent’anni conclusasi nel 1648 con la pace di Vestfalia “cominciò come un tentativo di risolvere i problemi della sovranità degli Stati, per poi assumere i contorni di una guerra di religione tra Protestanti e Cattolici, e poi portare tutti i poteri europei ad un ‘tana libera tutti’ con re, principi e generali che si scannavano, stupravano e saccheggiavano a piacimento”».

Anniversario

2017, 500 anni dalla Riforma protestante.

Fisco

«Un eccesso di cattolicesimo danneggia la salute fiscale delle nazioni» (Stephan Richter, direttore del sito Globalist).

Euro

Il rapporto pubblicato nel settembre 2011 da tre ricercatori dell’Ubs, l’Unione delle Banche svizzere, che quantifica il costo di una rottura del sistema della moneta unica. Stephane Deo, Paul Donovan e Larry Hatheway offrono un’analisi da incubo che lascia capire come la fine dell’euro equivarrebbe alla distruzione dell’Europa. Già i costi economici dànno i brividi. Nonostante manchino calcoli esatti, perché si aprirebbero scenari in parte inimmaginabili, le stime per difetto parlano di un calo del prodotto interno lordo fra il quaranta e il cinquanta per cento per le nazioni più deboli che dovessero lasciare l’area della moneta unica. «Tuttavia per la stessa Germania il prezzo da pagare in caso di uscita dall’euro sarebbe salatissimo: “Circa il 20, 25 per cento del suo Pil nel primo anno” scrivono gli analisti dell’Ubs».

Ior 1

Caratteristiche dello Ior, la banca vaticana fondata nel 1942 da Pio XII: istituzione no profit, non distribuisce profitti né dividendi; 33 mila clienti, di cui tremila africani e sudamericani; patrimonio stimato di 5 miliardi; non concede prestiti; non ha riserve; investe in operazioni a basso rischio; non è aperto al pubblico: per aprire un conto bisogna essere «impiegati del Vaticano o rappresentanti di un ordine o di una diocesi cattolica, oppure “Gentiluomini di Sua Santità”, quei signori azzimati in frac che assistono il pontefice nelle cerimonie ufficiali dentro i palazzi apostolici».

Ior 2

«Se si vogliono ritirare soldi con il bancomat all’interno del Vaticano, le istruzioni, in varie lingue, cominciano con il latino».

Dimissioni

«Giovanni Paolo II aveva scritto due lettere segrete, nel 1989 e nel 1994, nelle quali offriva le proprie dimissioni in caso di malattia gravissima o di altre condizioni che gli impedissero di svolgere adeguatamente il suo ministero: lo ha spiegato monsignor Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Karol Wojtyla. Citando il Catholic News Service, il gesuita Thomas Reese, che insegna al Woodstock Geological Center della Georgetown University a Washington, ha spiegato che l’allora papa si era ispirato a quanto aveva detto Paolo VI nel 1965; e cioè che un pontefice “non si poteva dimettere dal mandato apostolico” se non in quei due casi. Fuori da queste ipotesi, prevaleva il dovere di continuare a adempiere un compito affidato a Dio».

Notizie tratte da: Massimo Franco, «La crisi dell’Impero Vaticano», Mondadori, 17,50 euro