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 2013  aprile 15 Lunedì calendario

NASCE UN PARTITO CONTRO L’EURO

Ieri a Berlino è stato fondato «Alternative für Deutschland» (cioè Alternativa per la Germania). La notizia ha destato scalpore. Perché?

È la prima volta che in Germania nasce un partito che vuole principalmente mettere in discussione l’euro. I fondatori sostengono di avere già 7.500 iscritti e puntano a incassare alle elezioni di settembre per il rinnovo del Bundestag un risultato «a due cifre». Lo ha detto uno dei suoi fondatori, l’economista ed esponente della Cdu Bernd Lucke, in un’intervista alla «Bild». Ma molti esperti e sondaggisti dubitano che possa raggiungere la soglia di sbarramento del 5%, indispensabile per entrare in Parlamento. Al congresso fondativo che si è svolto ieri a Berlino hanno partecipato circa 1.300 persone.

Cosa prevede il programma del partito?

Il punto principale del programma di «Alternative für Deutschland» è una «dissoluzione ordinata dell’area dell’euro». Secondo le tre pagine del programma «la Germania non ha bisogno» della moneta unica, che addirittura «nuoce» ad altri Paesi. Ma non è ben chiaro se l’obiettivo è tornare tout-court al marco o proporre il famoso «Kerneuro», in sostanza un euro dei Paesi del Nordeuropa, o comunque due aree monetarie separate tra Nord e Sud, come vagheggiato da uno dei membri più famosi, l’ex presidente degli industriali, Henkel.

Da chi è costituito il partito? Chi lo vota?

È vero che tra i suoi sostenitori ci sono esponenti dell’estrema destra come Albrecht Schachtschneider o filonazisti come Stefan Milkereit, ma l’aspetto inquietante è che raccoglie consensi nel partito di Angela Merkel e che pesca tra i liberali della Fdp. Ieri, durante il congresso, quando uno scalmanato signore con la barba si è messo a sventolare freneticamente la bandiera tedesca, gliel’hanno strappata, raccontava la «Sueddeutsche Zeitung». Sarebbe sbagliato, insomma, bollarlo come partito della destra radicale. Raccoglie molti consensi anche al centro. Klaus-Peter Schöppner, capo dell’autorevole istituto di sondaggi Emnid, ha detto che «se l’AfD avesse la possibilità di raggiungere il 5% (soglia minima per entrare in Parlamento, ndr), il tre per cento proverrebbe tra non-votanti conservatori e il due per cento da voti di protesta».

È un caso unico?

Assolutamente no. Anzi, prima di ieri, prima della creazione di «Alternative für Deutschland», la Germania era uno degli ultimi Paesi in Eurolandia vantare l’assenza di un partito esplicitamente contrario all’euro. Dalla Finlandia alla Grecia, dall’Italia alla Francia la crisi e l’austerità hanno fatto nascere partiti che puntano, nel caso più estremo, a mettere in discussione la permanenza nell’euro, nel caso più blando, a ridiscutere il Fiscal compact e la dura austerità imposta a molti Paesi, in alcuni casi in cambio di aiuti finanziari che ne hanno scongiurato il fallimento.

Esistono in tutta Europa partiti anti-euro?

In alcuni Paesi nordici esistono formazioni politiche che si affiancano ai partiti tradizionali da decenni, ma che sono cresciute molto in questi anni scagliandosi contro i salvataggi della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda, insomma contro i paesi periferici dipinti come «spreconi» che approfittano della generosità del Nord Europa. È il caso della Finlandia, dove il partito «Veri finlandesi» di Timi Soini ha il 20% dei consensi e polemizza regolarmente contro le decisioni europee. Oppure del partito Pvv di Geert Wilders in Olanda, euroscettico, protagonista di un exploit elettorale del 15% nel 2010 e che per le elezioni del 2012 ha avanzato addirittura la proposta di abbandonare la Ue (prendendo ancora un 10% dei voti). Ma anche in uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, la Francia, i toni antieuropeisti si sono innestati nella tradizione di estrema destra del Front national, il partito dei Le Pen. Alle elezioni presidenziali del 2012 ha preso un robusto 17%.

E nel Sud Europa?

I duri piani di risanamento che sono stati applicati non solo nei Paesi salvati dalla Ue (Irlanda, Grecia, Portogallo), ma anche in Spagna e Italia hanno visibilmente sconvolto il panorama politico europeo tradizionale, scardinando un po’ ovunque i vecchi bipolarismi. In Paesi come la Grecia e la Spagna, abituati dopo le dittature degli anni Settanta ad un trentennio di bipolarismo, il quadro destra/sinistra è stato spazzato via. In Grecia i voti dei socialisti del Pasok - nel 2009 ancora al 43% dei voti - sono passati al partito di sinistra Syriza che ha fatto del rifiuto dell’austerity e delle condizioni per rimanere nell’euro il perno del suo programma. Dal 5% circa di due anni fa, Syriza è accreditato oggi al 25% circa, mentre il Pasok fatica a raggiungere il 20%. Ma in realtà l’unico partito che vuole uscire esplicitamente dall’euro, anzi, dall’Unione europea, è il partito comunista (Kke). In Spagna stanno crescendo esponenzialmente i partiti autonomisti e secondo sondaggi recenti i due partiti maggiori, socialisti e popolari, sarebbero per la prima volta nella storia sotto il 50%.