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 2013  aprile 15 Lunedì calendario

MILANO, LA BATTAGLIA DELLA CULTURA

Stefano Boeri, l’ex assessore alla Cultura, che lascia e parla di una città in mano ai «prefettini», puri e semplici esecutori della volontà-Pisapia. Una grande mostra su Helenio Herrera e Nereo Rocco che viene cassata perché costava troppo, 100 mila euro, e era stata voluto proprio dall’ex assessore. Il quale, si ricorderà, era il supercandidato del Pd di Bersani alle primarie cittadine, sconfitto abbastanza clamorosamente da Pisapia, ma poi inserito in giunta assieme al suo avversario, due anni fa. Il nuovo assessore, Filippo Del Corno, che esordisce spiegando «non voglio fare nessuna polemica con Boeri», ma l’abisso tra i due è nei fatti, «io punto a essere un facilitatore delle decisioni culturali della città, non mi vivo come mega direttore artistico». Cosa succede nella cultura di Milano?

Per capirlo bisogna fare un passo indietro e considerare che l’ex assessore, Boeri, appunto, accetta di entrare in giunta nel 2011 per manifestare spirito di servizio nonostante la sconfitta, ma è chiaro che concepisce il suo ruolo con una certa autonomia. Boeri amerebbe occuparsi anche di Expo, essendo stato tra l’altro il progettista del Masterplan dell’Esposizione, un architetto stimato e riconosciuto nel mondo. Ma Pisapia tiene per sé le deleghe. Boeri pensa a una città che punta anche sull’urbanistica, e su certe vetrine-evento, Pisapia molto meno. Boeri scrive oggi un libro che fin dal titolo - Fare di più con meno ; sottotitolo Idee per riprogettare l’Italia (scritto con Ivan Berni, Il Saggiatore) - cita esempi storici della creatività milanese come i fratelli Castiglioni, e la leggendaria lampada Arco come esempio di quella progettualità made in Italy che, «sola, può cambiare il Paese». Pisapia alla fine di fatto rinuncia volentieri al suo contributo, affidandosi a Filippo Del Corno.

Qual era la vera distanza con Boeri? «Io credo - dice Del Corno - che il vero dissenso tra i due fosse politico, prima che su scelte precise. È un po’ come se, dopo le primarie Bersani-Renzi, i due fossero stati premier e vice nello stesso governo». Non avrebbe mai potuto funzionare. «Pisapia ha un’idea più di squadra del lavoro culturale».

Col successore lo sarà? Quarantatré anni, liceo classico al Beccaria, compositore affermato, allievo di Azio Corghi e Louis Andriessen, Filippo è figlio del grecista Dario Del Corno, una Milano borghese, colta, illuminata, che era incarnata da uomini come Luciano Berio, una città che, forse, se ne sta andando assieme a Enzo Jannacci. O forse no, va’ a sapere. Del Corno è iscritto al Pd (alle primarie «ho votato Bersani, penso di aver sbagliato», ammette adesso), ma sicuramente è molto più in sintonia con lo «spirito-Pisapia» rispetto a Boeri. Archistar il secondo, ritirato e schivo Del Corno. Molto interventista il progettista, piuttosto minimal il secondo, nella linea di una delle sue grandi passioni, il regista Lars Von Trier. E con una «nuova idea di Milano» che ruoterà attorno ad alcuni punti fermi.

«Il primo è riattivare una condivisione della cultura, una partecipazione nelle periferie», spiega Filippo. Ecco perché i suoi primi atti simbolici forti sono stati due: Del Corno ha concesso al consiglio di zona dei Navigli la vecchia Fornace di via Gola, e riaperto, la sera, la Biblioteca di Baggio. Sta lavorando anche su altri due grandi spazi, l’Oca, la ex Ansaldo, e la Fabbrica del Vapore. Milano postfordista da restituire ai milanesi. Già in questo c’è una distanza siderale dagli anni della saga Moratti-Ligresti, «dove la cultura spiega Del Corno - significava per lo più investimenti urbanistici imponenti, in una città che però si spopolava». Ma c’è anche un salto rispetto a Boeri, soprattutto su Expo 2015.

«Al centro di tutto, nella nostra Expo, ci sarà il Castello Sforzesco. Dentro il Castello, il disegno strategico è creare due grandi poli espositivi, uno dedicato a Leonardo, l’altro a Michelangelo. Attorno costruiremo un percorso che punti a una consapevolezza dei visitatori su temi come lo sviluppo sostenibile, l’ambiente».

Per fare questo Del Corno ha un budget non enorme, 25 milioni di euro. E quindi deve fare di conto: appena insediato ha espresso molti dubbi sul tour che la Pietà Rondanini avrebbe fatto al Carcere di San Vittore prima di arrivare nella sua nuova sede finale, l’ospedale spagnolo nel Castello: «Siamo sicuri che quel giro non sia pericoloso, per la conservazione, e anche dispendioso? Quei 750 mila euro non si possono riservare a una cosa più strategica, il lavoro sul Castello, in vista di Expo?». Guarda caso, una delle idee chiave di Boeri viene cassata.

Milano, dice Del Corno, «ha già una rete molto forte di eventi, idee, intelligenze, forse unica in Italia. Ha i teatri convenzionati, il Festival delle performing arts Uovo, ha in questo periodo il Miart e il Salone del Mobile... Deve farla vivere e avvicinarla alla città, non progettare megaopere, espressione di interessi particolari, o eventi-vetrina». I soldi non ci sono più. Le idee, se si guarda anche alla generazione nuova, non sono mai mancate.