Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 15 Lunedì calendario

L’ASFALTO, L’ITALIA

L’ Italia è tutta un colabrodo. Finito, o quasi, questo lunghissimo inverno, tempestato d’innumerevoli nevicate, sia al Nord come al Sud, restano sulle strade le buche. A Milano l’altro giorno, in zona San Siro, gli abitanti hanno infilato un carrello del supermercato nella buca aperta nell’asfalto: una specie di rattoppo. In giro per il paese si segnalano voragini più o meno grandi nel manto nero che copre le strade cittadine. Sulle statali non va molto meglio.

In una grande città del Nord, l’assessore ai Lavori pubblici ha contato che lo scorso inverno sono state sistemate 17 mila buche. Quest’anno forse di più. Si calcolano in circa 10 milioni i danni chiesti ai vari comuni in un solo anno dagli automobilisti vittime d’incidenti provocati da buche. Ora le cronache evidenziano la qualità pessima del bitume misto a ghiaia impiegato per lastricare le nostre strade, alla faccia del suo etimo: “l’indistruttibile”.

L’asfalto è stata una delle grandi rivoluzioni della modernità, alla pari del cemento armato, per cui la città moderna non esisterebbe neppure senza di lui. Noi lo identifichiamo con l’automobile; in realtà, come ha spiegato una bellissima mostra di qualche anno fa (Asfalto: il carattere della città, Electa), curata da Mirko Zardini, è stato introdotto nell’Ottocento per il beneficio dei pedoni; serviva a vincere polvere e fango, e rendere percorribili i marciapiedi. Ma il suo scopo principale era vincere il rumore infernale dei veicoli. Il rumore era la vera ossessione delle città ottocentesche (oggi è invece il problema delle città cinesi, dove il flusso delle persone e dei veicoli non si arresta mai); Walter Benjamin nei suoi Passages cita un libro intitolato Physiologie dell’asphalte. Com’è evidente anche dalle buche che si aprono in queste settimane, e giorni, l’asfalto è il materiale più duttile che ricopre il mondo; solo la polvere lo supera, tuttavia la polvere è quasi sempre invisibile, mentre, al contrario, la forza dell’asfalto sta nella sua visibilità. Tecnicamente si definisce come una “zuppa chimica”, essendo composta di grandi molecole nere che stanno in equilibrio in un brodo oleoso senza l’apporto di altri composti intermedi.

Dell’asfalto non se ne parla molto bene, anzi. Spesso è simbolo negativo, opposto alla positività degli spazi verdi. Non è colpa sua se gli uomini moderni, catturati dalla volontà di purificazione, hanno ricoperto grandi appezzamenti con il suo manto. E quando si rompe sono guai.