Giampaolo Visetti, Affari&Finanza, la Repubblica 15/4/2013, 15 aprile 2013
FAR EAST– CINA FITCH DA L?ALLARME BANCHE OMBRA NEL MIRINO
Per la prima volta dal 1999 un’agenzia internazionale taglia il rating della Cina. Fitch ha ridotto la valutazione da AA- ad A+, un punto in meno rispetto a Moody’s e Standard & Poor’s. Non è un dramma, i mercati hanno scontato il downgrade, ma a Pechino suona l’allarme. Fitch ha spiegato che l’economia cinese rivela «una strutturale debolezza» a causa di «bassi redditi, standard di governance mancanti e una rapida espansione del credito». L’abbassamento è dovuto al fatto che «il processo per ribilanciare l’economia, facendola spingere di più dai consumi, potrebbe tradursi in una performance più volatile». Pechino ha reagito liquidando la valutazione Usa come «pessimismo ingiustificato» e ha detto che il mondo sente il bisogno di istituti indipendenti. Gli analisti invece prendono il downgradesul serio e si concentrano su due punti: il crescente indebitamento delle amministrazioni locali e l’esplosione delle banche ombra. Gli istituti cinesi di credito ufficiale sono esposti per circa l’80% del debito accumulato al di fuori dei prestiti bancari. Alla fine del 2012 il credito al settore privato ha toccato il 135,7% del Pil. E’ il terzo più elevato dei cosiddetti mercati emergenti, mentre il totale dei crediti è pari al 198% del Pil, rispetto al 125% di cinque anni fa. A questo sistema parallelo dei prestiti, sottratto ai vincoli della banca centrale, si somma il gigantesco debito delle amministrazioni
locali, che nel 2012 ha superato i 2060 miliardi di dollari, oltre un quarto del Pil. Il problema non è solo la scarsa trasparenza nei movimenti del denaro e il fatto che Pechino chieda alle banche di Stato di estendere i debiti per sostenere nel lungo periodo il maxi-pacchetto di stimolo varato nel 2009, viene considerato dai mercati come un palliativo. Le difficoltà nascono dal fatto che un quarto dei progetti finanziati non ha generato alcun fatturato e che il credito ombra non fa che aumentare la montagna dei crediti inesigibili, alimentando il rischio di una bolla immobiliare. La crescita cinese, pur in rallentamento e lo scorso anno giunta al livello più basso da oltre un decennio, rimane la più alta tra le super-potenze. Il debito resta sotto il 20% del Pil e Pechino, stampando moneta o aumentando tasse ancora basse, ha ampi margini per ridurre la propria esposizione. Ma il punto è che per la nuova leadership si avvicina il momento di scelte difficili: decidere se e come salvare le amministrazioni locali e rendere più trasparente il sistema bancario ombra. Il risanamento delle regioni graverà pesantemente sull’indebitamento di Stato e la regolazione dei flussi di credito è destinata a frenare la crescita. Le banche ombra finanziano quasi la metà di tutti i prestiti privati e colpirle significa abbassare i consumi. Per questo l’allarme di Fitch sulla Cina preoccupa non solo Pechino. Risolvere i problemi può crearne uno ancora più grande. L’alternativa però è peggiore: se lo sviluppo cinese non sarà sostenibile, il motore della crescita globale può spegnersi prima del previsto. Il Ceo di Fitch, terza agenzia di rating internazionale, Stephen Joynt: ha “downgradato” la Cina