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 2013  aprile 14 Domenica calendario

MONTI HA DEPRESSO L’ITALIA È PEGGIO DELLA CRISI DEL ’29

Dopo 47 giorni dal risultato delle elezioni, non c’è un governo e l’economia italiana sta precipitando. I dati sono impietosi.L’unione ar­tigiani di Mestre ha rilevato che la crisi che l’Italia vive dal 2007 è molto più gra­ve di quella del 1929. Infatti nel quinquennio 1929-1934, il nostro prodotto na­zionale cadde del 5,1% mentre dal 2007 al 2012 è sceso del 6,9%. Per abitante la flessione del Pil allora fu dell’8,6%, attualmente è del 9,4%. Gli investimenti allo­ra scesero, nel quinquennio, del 12,8%. Adesso sono precipi­tati del 27,6%: e rischiamo laNdeindustrializzazione. A questo confronto cupo, ag­giungo due elementi che, pur­troppo, lo rendono ancora più cupo. Nel 1929 la crisi colpì di più il resto dell’Europa e gli Usa che l’Italia. Ora accade l’oppo­sto. Infatti nella media dei 27 Stati dell’Unione europea la ca­duta del Pil, dal 2007,è solo del­l’ 1%.Nella media dei 17 dell’Eu­rozona è l’1,7%. In Spagna, l’1,4. D’altra parte mentre nel 1934 l’Italia ebbe un declino del Pil dello 0,4 % e poi ci fu una risalita, noi nel 2012 abbiamo avuto una diminuzione del Pil del 2,4%, con un aumento della disoccupazione dall’8,5 al­l’ 11,5%.E quest’anno siamo an­cora in recessione, con una fles­sione che si prevedeva del­l’1,1-1,4%. Essa, ora, si sta aggra­vando, dato il clima di incertez­za economica. E anche in que­sto caso, il confronto con gli al­tri Stati europei, mostra che sia­mo noi la pecora nera.
Secondo Eurostat, nella me­dia dei 27 Stati dell’Ue il Pil nel 2012 è sceso dello 0,3 è nel 2013 sale dello 0,1%. Nell’Eurozona, nel 2012 il Pil è sceso dello 0,6 e nel 2013 cala dello 0,3%. La ra­gione per cui la crisi è molto più tenue nelresto dell’Europa che in Italia è che gli altri Stati hanno un governo, che contrasta l’onda negativa. E imprese,ban­che, mercati finanziari, altrove, hanno ripreso a investire, gra­zie anche alla enorme liquidità finanziaria che stanno metten­do sul mercato la Banca centra­le degli Usa e del Giappone.
Presso di noi si registrano chiacchiere inconcludenti e a volte surreali, come le ricette economiche dei «saggi» che hanno affiancato Napolitano. Ciò insieme alle pittoresche esi­bizioni del Movimento 5 stelle, che ci stanno ridicolizzando a li­vello europeo e internazionale.
Ma la colpa maggiore di tutto ciò è di Pier Luigi Bersani, che ri­mane inchiodato alla sua tesi di un governo, privo di maggio­ranza, che dovrebbe, di volta in volta, raccattare i voti in Parlamento, dal partito politico squinternato di Grillo, che frat­tanto accumula denaro grazie alla pubblicità nei suoi blog qui­rinalizi e ad altre trovate.
Chi può desiderare di fare in­vestimenti impegnativi in Italia in questo situazione? La sola co­sa che può attualmente interes­sare agli operatori internazio­nali nei riguardi dell’Italia è l’ac­quisto a prezzo di saldo di imprese che boccheggiano. Tor­nando al 1929, il raffronto fra quello che fece allora Mussoli­ni per affrontare la crisi e la con­dotta attuale di Bersani mette in evidenza che il Duce fu mol­to più responsabile del segreta­rio del Pd, che rifiuta qualsiasi alleanza con il Pdl di Berlusco­ni, considerandolo ripugnan­te. Mussolini, nell’emergenza si rivolse ad Alberto Beneduce, economista di grande levatura, socialista democratico, che era stato il più stretto collaboratore di Francesco Saverio Nitti, lea­der politico liberal-socialista. E così vennero creati gli interven­ti pubblici che diedero luogo al­l’Imi e all’Iri. Il Duce si avvalse anche di Meuccio Ruini, sociali­sta liberale, anche lui privo di tessera fascista, che elaborò il piano delle bonifiche integrali, altro strumento contro la crisi. Se Mussolini si rivolse ad antifa­scisti per combattere la crisi, perché a Bersani fa schifo for­mare un governo, con il suppor­to del partito di Berlusconi? L’irresponsabilità verso l’Italia che stanno assumendo i politici, che antepongono i calcoli di partito e di corrente all’interes­se nazionale, ci fa rimpiangere persino il ’29.