Vittorio Feltri, il Giornale 12/4/2013, 12 aprile 2013
DE MAGISTRIS, IL FENOMENO SGONFIATO
Confermato. I fenomeni in politica si sgonfiano presto. Alcuni ladri di galline hanno ridimensionato la Lega che pareva destinata a crescere e a dominare il Nord. A limitare i danni è arrivato Roberto Maroni. Riuscirà a evitare al Carroccio di fare una brutta fine? Gli auguriamo buona fortuna. Fausto Bertinotti e la sua Rifondazione sono in sonno; anzi, in coma. I Comunisti italiani cercano di risorgere: aspettano un miracolo, merce rara. L’Udc di Pier Ferdinando Casini si è ridotta a un lumino cimiteriale; per rimanere in campo mortuario, aspettiamo dall’aldilà notizie di Gianfranco Fini e del Fli, sepolti senza esequie come si conviene ai suicidi. L’esperienza di Antonio Ingroia è stata breve quanto un sospiro. Antonio Di Pietro? Lasciamo perdere. Non siamo di quelli che traggono soddisfazione dalle altrui disgrazie: deve essere il motivo per cui non siamo di sinistra. L’ultimo referto infausto giunge da Napoli: il sindaco, anche lui ex magistrato, quindi collega sia di Ingroia sia di Di Pietro, ha già interrotto la propria irresistibile ascesa e rischia di precipitare dalla popolarità alla impopolarità. Probabilmente è già in procinto di toccare il fondo. Sembrava proiettato verso chissà quali traguardi; i giornaloni lo dipingevano a tinte brillanti come l’uomo del presente e del futuro, l’incarnazione del nuovo che avrebbe sconfitto definitivamente il vecchio. E, invece, eccolo lì, boccheggiante, asfittico, incapace di arginare la contestazione dei suoi amministrati afflitti dall’esasperazione.
Egli è riuscito nella nobile impresa di far rimpiangere Rosa Russo Iervolino. Qualche napoletano, al culmine della perversione (politica, s’intende),è arrivato a confidare agli amici che, tutto sommato, in confronto a De Magistris, Antonio Bassolino era un emulo di Quintino Sella. Vabbè, non esageriamo. Però è un fatto che la ex capitale europea della cultura (parliamo di tre secoli fa) è scesa al punto più basso della propria storia: non funziona più niente, nemmeno l’ironia degli abitanti che aveva sempre consentito loro di sopportare, tra un sorriso e una canzone d’amore, la vita agra cui sono costretti da tempo. I trasporti, quando vanno, sono una presa in giro; talvolta si fermano per mancanza di carburante, ma al sindaco non importa un fico secco: che abbia l’auto blu?
De Magistris ha rivoluzionato la circolazione per soddisfare gli ambientalisti, che saranno trenta persone, e ha mandato in bestia un milioncino di concittadini, la metà dei quali, avendolo votato, è combattuta fra il senso di colpa e il desiderio di spaccare tutto. Perfino i ceti borghesi (e piccolo borghesi) hanno il sangue agli occhi, si sono addirittura abbandonati a una manifestazione di piazza con tanto di incidenti. È il segno che la misura è colma. Se la rabbia monta ancora, Napoli si infiammerà e per salvare il sindaco non basteranno i pompieri.
L’unica cosa che avanza nella metropoli, grazie al contributo decisivo della Giunta progressista, è il degrado. Ma il capolavoro compiuto dall’ex magistrato che il mondo tremare faceva, riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Accantonata l’idea di bruciarli nei termovalorizzatori, come avviene nei Paesi civili, il comune li impacchetta per benino e li spedisce all’estero dove, a prezzi salati, provvedono a distruggerli, ricavando energia che, poi, rivendono all’Italia a prezzi ancora più salati.
Giù il cappello davanti a De Magistris: nessuno meglio di lui è in grado di incrementare il business degli stranieri. Paga due e prende zero. E la città continua a essere sozza.