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 2013  aprile 12 Venerdì calendario

PALLONI SGONFIATI


Come ogni anno di questi tempi, una valanga di dati economici si abbatte sui campi spelacchiati, sabbiosi e tinti di spray verde della serie A. Anche quest’anno lo spettacolo della devastazione finanziaria è contemporaneo alla rarefazione, se non alla scomparsa totale, dei club nazionali dalle competizioni europee.
Ma i presidenti della prima divisione, imprenditori dell’entertainment preferito dagli italiani, rimangono concentrati sul rigore che non c’era e sul fuorigioco non segnalato. La moviola, nuovo oppio dei popoli, è il diversivo perfetto.
Eppure le elaborazioni del Report Calcio 2013 preparate dall’abbinata Arel-PriceWaterhouse con il patrocinio della Federcalcio, insieme a quelle non meno precise della "Gazzetta dello Sport", dovrebbero provocare un’ondata di dimissioni tra i patroni dello sport più amato. Ma dopo Ratzinger i presidenti non vogliono destabilizzare un’altra area di culto e rimangono saldi al loro posto sulla plancia del Titanic. La Federcalcio non è da meno avendo appena confermato Giancarlo Abete mentre la Lega calcio, l’assise milanese dove i proprietari possono menarsi e insultarsi senza tema di Daspo, ha ribadito Maurizio Beretta. Nel frattempo, un presidente è finito in galera, il cagliaritano Massimo Cellino, già responsabile del codice etico della Federcalcio. Dopo avere seguito alcune partite alla radio con gli ultras sotto le mura del carcere di Buoncammino, Cellino, indagato per la gestione dello stadio di Is Arenas, è stato mandato ai domiciliari. Enrico Preziosi del Genoa, invece, il Daspo lo ha subito come pena accessoria per una vecchia condanna penale legata all’illecito con il Venezia del 2005. È rientrato allo stadio a febbraio, dopo avere approvato i conti in crisi di una Giochi Preziosi che perde 87 milioni di euro.
A dispetto degli allarmi, il Titanic continua a navigare. Questo dimostra che con l’iceberg si può convivere. Basta dribblarlo in tempo. Se no, marcarlo a zona.
Prologo contabile minimo
Gli ultimi bilanci dicono che la serie A ha 2,8 miliardi di euro di debiti e una posizione finanziaria netta negativa per 1,63 miliardi di euro. Metà di questa somma spetta alle banche.
Le perdite complessive del 2012 sono di 282 milioni (300 nel 2011) nonostante le plusvalenze siano tornate a livelli molto alti, sia quelle reali con esborso di denaro, sia quelle virtuali con passaggi di calciatori valutati «ad minchiam», per dirla con il compianto mister Franco Scoglio.
Il patrimonio netto dei club di prima serie è salito a 287 milioni dai 202 dell’anno precedente. Bisogna ricordarsi che il patrimonio della A è quanto mai volatile, essendo formato da pochi immobili di proprietà (centri sportivi più un solo stadio, quello della Juve) e da centinaia di calciatori che riportano alla questione plusvalenze-minusvalenze.
I soldi, insomma, sono scarsi, costantemente bruciati da perdite o interessi passivi, e le banche esibiscono un catenaccio furibondo per limitare il passivo.
Andrea, Aurelio, Adriano si prendono la A
Le tre squadre in testa al campionato 2012-2013 stanno provando ad abbinare la virtù sportiva a quella economica. La Juve ha accumulato 145 milioni di perdite nel biennio 2010-2012. Ha una semestrale in avanzo per 11 milioni di euro e si aspetta di chiudere l’anno 2012-2013 con una perdita ridotta. Miracoli dello stadio di proprietà? Miracoli dei risultati sportivi e dei ricavi della Champions, la seconda miniera d’oro del calcio dopo i diritti tv. Sul piano dell’immagine, chi perde è sempre antipatico. Se veste in bianconero, di più, ma quanto meno il presidente Andrea Agnelli ha smesso di comportarsi come Gabriele d’Annunzio con i territori irredenti. Invece di ricorrere a qualunque tribunale per i due scudetti cancellati, vince sul campo e non si svena con il calciomercato. Ancora più ragionevole è il secondo in classifica, Aurelio De Laurentiis. Il suo Napoli ha già una cinquantina di milioni in cassa se, come sembra, venderà Cavani. Così potrà superare il suo migliore profitto calcistico (15 milioni di euro nel 2012). Il sacrificio del Matador aiuterà a tamponare la situazione generale della holding Filmauro che ha dovuto annunciare una perdita di 1,2 milioni il 24 dicembre 2012. Un brutto cinepanettone che conferma l’inversione dei pesi all’interno del gruppo De Laurentiis, con il pallone che ha soppiantato i film.
In via Turati, sede del Milan, una possibile perdita di soli 5 milioni di euro nel 2012 è stata salutata con lo stesso trionfalismo della moderata sconfitta di Silvio Berlusconi alle elezioni. L’entusiasmo ha portato la presidentessa in pectore Barbara, first daughter rossonera, a sperticarsi in complimenti per il reggente Adriano Galliani, l’uomo che ha rimpatriato Mario Balotelli. Non ci ha creduto nessuno ma si è capito che lo zio Fester, accolto al Franchi di Firenze domenica scorsa con foto del suo sosia e insulti, è sempre in sella dopo 27 anni.
Non passa lo straniero
In Tototruffa Totò e Nino Taranto tentavano di vendere la Fontana di Trevi all’ingenuo italo-americano. All’As Roma un giordano-palestinese con il fratello che vende collanine a Nablus in Cisgiordania (è lui quello ricco) ha tentato di comprare un pezzo della squadra giallorossa da un italo-americano, James Pallotta, che tanto ingenuo non dovrebbe essere, visto che si occupa di hedge-fund. Ovvio che i 50 milioni di euro non c’erano. Ma perché perdere una buona occasione di spedire sull’ottovolante i titoli di una società quotata? La Consob ha acceso un faro sull’operazione, il solito faro anabbagliante. Pallotta ha commentato: sarà per un’altra volta, e lunedì 8 aprile si è presentato al suo primo derby per sfatare la fama di portajella del suo predecessore Tom Di Benedetto con l’aiuto del romanista Giovanni Malagò, al debutto in tribuna autorità come presidente del Coni.
Il pareggio con due reti, otto feriti e quattro arresti accontenta solo i delinquenti mentre il presidente laziale Claudio Lotito aggiunge alla vittoria mancata l’ennesima causa di lavoro con un suo dipendente, il fantasista Mauro Zarate.
Altri arabi, sauditi e non giordani, hanno piantato in asso una vecchia volpe degli affari come Maurizio Zamparini, l’uomo che ha assunto 36 allenatori, poi li ha cacciati e, a volte, li ha riassunti per cacciarli di nuovo. La trattativa con il padrone del Palermo non ha avuto seguito forse per timore della retrocessione in B. O forse gli sceicchi non si sono voluti intromettere in un one man show all’italiana. Stare dietro a Zamparini è impossibile. Deve seguire il suo Movimento per la gente, una jacquerie anti-Equitalia. Deve tenere buoni gli esigenti vip palermitani, dal vicepresidente Guglielmo Micciché, fratello di Gianfranco (Grande Sud) e Gaetano (Intesa San Paolo), al neo-consigliere rosanero Roberto Schifani, figlio dell’ex presidente del Senato, per finire con il nuovo presidente del Senato Piero Grasso, testimone di nozze di Zamparini.
L’attesa di un salvatore straniero ha deluso anche i tifosi dell’Internazionale. In omaggio alla loro denominazione sociale, i nerazzurri avevano annunciato l’ingresso di un gruppo cinese nell’azionariato. Poi quel gruppo è svanito. «La linea è quella cinese», ha ribadito all’inizio di marzo il presidente Massimo Moratti. «Cerco un socio per costruire lo stadio, al 30, al 40 percento. Io resto, minimo con il 51». Lo stadio nuovo costa 300 milioni di euro, oltre il doppio di quanto prevede di spendere Pallotta a Roma. Entrare nel capitale dell’Inter significa partecipare alla spartizione pro-quota delle più alte perdite finanziarie della serie A.
L’ultima semestrale del club milanese, chiusa a dicembre del 2012, fa segnare un rosso di quasi 60 milioni. Nel 2011-2012 le perdite consolidate sono state di 90 milioni e di 91,5 l’anno precedente. Il totale complessivo dell’era di Massimo Moratti, incominciata nel febbraio 1995, ha tagliato il traguardo di 1,5 miliardi di euro di perdite aggregate in poco più di 18 anni. Anche la Saras, le raffinerie quotate dei fratelli Massimo e Gianmarco Moratti, si è allineata alle perdite del club (-90 milioni di euro). Quindi, niente dividendo per rilanciare la squadra e per lo stadio nuovo. I cinesi non vedono l’ora di contribuire.