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 2013  aprile 02 Martedì calendario

BORGIANNI, LE INCISIONI ISPIRATE DA RAFFAELLO

Di Orazio Borgianni si sa che fu uno dei primi e più apprezzati pittori caravaggisti. I suoi dipinti vengono presentati in ogni mostra su Michelangelo Merisi e i suoi seguaci. Naturalmente non potevano mancare in quella su «Roma al tempo di Caravaggio», tenutasi a Palazzo Venezia tra il 2011 e il 2012. Meno nota al pubblico, e anche meno studiata dalla critica, è l’abilità di Borgianni nella tecnica dell’acquaforte. A colmare la lacuna ci ha pensato l’Istituto nazionale per la grafica, che ha organizzato la rassegna «Orazio Borgianni incisore. Un interprete di Raffaello al tempo di Caravaggio», curata da Rita Bernini e Luca Fiorentino e aperta fino al 7 aprile presso il museo didattico dell’Istituto (via della Stamperia 6). Quando Orazio Borgianni, nel 1613, decise di pubblicare per la prima volta a stampa i suoi lavori, aveva quarantuno anni. Era un pittore maturo e molto affermato a Roma, dove era nato da un padre fiorentino che esercitava il mestiere di falegname. Sarebbe morto tre anni dopo, con sepoltura nella chiesa di San Lorenzo in Lucina. Ma prima di andarsene riuscì a portare a termine una serie di cinquantadue incisioni tratte dalle scene bibliche delle Logge di Raffaello in Vaticano. Una selezione dei fogli e delle relativi matrici in rame, conservati nei depositi della Calcografia, è ora esposta nella rassegna accanto ad alcuni raffinati esemplari di Dürer, Federico Barocci, Agostino e Annibale Carracci, dell’amico Francesco Villamena: artisti che contribuirono alla formazione dello stile grafico di Borgianni. Alcuni esemplari sono presentati all’interno dei volumi di collezione, esattamente come venivano conservati nelle biblioteche settecentesche. Ci sono anche le stampe del San Cristoforo e del Cristo morto, quest’ultimo affiancato da due versioni dipinte, per mettere a confronto la versione pittorica e incisa dello stesso soggetto e far risaltare così la capacità luministica del Borgianni sul bianco e nero, frutto delle sue qualità di «buon disegnatore» come lo definì Giovanni Baglione nelle «Vite». Trovò infatti il modo di infondere alle scene una luce diffusa, vibrante, pulviscolare.Si suppone che l’artista abbia avuto l’opportunità di disegnare dal vero gli affreschi di Raffaello e di eseguire delle prove di stampa per capire i tempi di morsura e i risultati degli incroci di linee incisi sulla matrice. Luca Fiorentino, che ha studiato a lungo le sue opere, sostiene che quelle di Borgianni «non sono solo delle semplici copie o delle stampe di divulgazione: rappresentano una sorta di interpretazione personale e mediata di pitture ampiamente conosciute e studiate già all’epoca». L’artista aveva capito che non bisognava competere con gli affreschi presi a modello, ma tradurli in un altro linguaggio. All’inizio del percorso si scopre anche il volto di Borgianni nei due autoritratti ad olio che lo mostrano un po’ stempiato, grandi occhi scuri, baffi e pizzetto, pallido, arguto e malinconico al tempo stesso.
Lauretta Colonnelli