Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 14/03/2013, 14 marzo 2013
SALGADO. VIAGGIO NEI CINQUE CONTINENTI PER DOCUMENTARE LE BELLEZZE PIU’ RARE DEL NOSTRO PIANETA
Gli artisti del passato hanno immaginato e dipinto l’Eden. Sebastiao Salgado l’ha cercato viaggiando per otto anni attraverso i cinque continenti. L’ha trovato e l’ha fotografato. E tutti potranno vedere il paradiso terrestre immortalato negli oltre duecento scatti che saranno esposti a partire dal 15 maggio al museo dell’Ara Pacis nella mostra «Genesi». Presentata ieri a Roma in prima mondiale, si svolgerà in contemporanea in altre grandi capitali, da Londra a Rio de Janeiro e Toronto. A Roma resterà aperta fino al 15 settembre. Subito dopo proseguirà il suo cammino, fino a raggiungere le maggiori metropoli del mondo. La prima sensazione, guardando le immagini di quello che è considerato il più importante fotografo documentario del nostro tempo, è di incanto. Incantati sono i paesaggi in cui Salgado riesce a far viaggiare l’osservatore, l’armonia degli uomini che vivono in simbiosi con la natura, la solitudine esaltante delle dune di sabbia nei deserti. Incantata è la felicità degli animali che si muovono in libertà nel loro ambiente, l’iceberg che viaggia tra nuvole e mare come un castello scolpito dal vento, il filo di fumo sul comignolo di una capanna nella tundra d’inverno, la zampa dell’iguana sulla roccia di lava. L’Eden non è localizzato in un punto preciso del pianeta, ma è formato dalle immagini in bianco e nero che Salgado ha colto nelle regioni remote e ancora incontaminate e ha ricomposto come tessere di un mosaico.Sono immagini tratte dai trentadue reportage realizzati viaggiando dalle isole Galapagos alle foreste del Kenia, dai deserti della Tanzania agli indigeni Yanomami, dai Cayapò dell’Amazzonia brasiliana ai Pigmei del Congo settentrionale, dai Boscimani del Kalahari alle tribù Himba della Namibia, dalle tribù delle più remote foreste in Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska alle montagne dell’America. Salgado ha ideato così un progetto legato alla difesa della natura, nel quale ha coinvolto la moglie Lélia Wanick, che cura la mostra, e il figlio Giuliano, che sta preparando un film con Wim Wenders partendo proprio dalle immagini della rassegna. «Vogliamo che un numero sempre maggiore di persone possano partecipare a questo grande risveglio di consapevolezza e coscienza ambientale. L’obiettivo è di ricongiungerci con il mondo com’era prima che l’uomo lo mortificasse fin quasi a sfigurarlo», ha detto il fotografo. E la moglie Lélia: «Abbiamo voluto scoprire il mondo delle origini, come ha preso forma, si è evoluto, è esistito per millenni prima che la vita moderna accelerasse i propri ritmi e iniziasse ad allontanarci dall’essenza della nostra natura». «Un progetto importante - ha aggiunto Salgado - al quale ha collaborato anche l’Italia per reperire le risorse finanziarie necessarie a recuperare parte del patrimonio ambientale distrutto negli anni. Un patrimonio immenso che appartiene a tutti noi». Lui e la moglie hanno anche creato, nello stato di Minas Gerais in Brasile, l’Instituto Terra, che ha riconvertito alla foresta equatoriale, a rischio di sparizione, una larga area in cui sono stati piantati decine di migliaia di nuovi alberi.Questa è la prima volta che Salgado, nato in Brasile nel 1944, fotografa per cantare la bellezza della natura e l’armonia della vita e non per denunciare la miseria della condizione umana, come aveva fatto negli anni Ottanta, quando raccontò lo sfruttamento dei cercatori d’oro nelle miniere brasiliane, o nel 1994, quando documentò la fine della manodopera industriale. O quando riprese l’umanità in movimento, profughi e rifugiati, migranti che sciamavano verso le immense megalopoli del Terzo Mondo.La mostra all’Ara Pacis, suddivisa in cinque sezioni che ricalcano le zone geografiche in cui sono state realizzate le fotografie, è promossa da Roma Capitale, realizzata da Amazonas Image, prodotta da Contrasto e Zètema.
Lauretta Colonnelli