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 2013  aprile 12 Venerdì calendario

L’ESPANSIONE IN EUROPA DELL’85ENNE LI KA SHING


Li Ka Shing sta certamente guardando con molto interesse al dossier Telecom Italia, ma con tutta probabilità in questo momento è costretto a dirottare gran parte della sua attenzione in altre direzioni. In fondo, per l’ormai ottantacinquenne stramiliardario di Hong Kong, dev’essere poco più di un sfizio l’essere diventato il maggior operatore asiatico nelle telecomunicazioni mobili europee, dalla Gran Bretagna (dove compete direttamente con l’operatore di Telefonica 02) alla Svezia, dall’Austria alla Danimarca, fino alla non esaltante presenza sul mercato italiano. Adesso è alle prese con lo sciopero di alcune centinaia di portuali di Hong Kong – desiderosi di un aumento di paga del 20-25% – che sta mettendo in difficoltà l’autorità portuale, di cui è il maggiore azionista. Ed è intervenuto direttamente per smentire l’indiscrezione giornalistica secondo cui sarebbe sceso in campo di persona per cercare di porre fine a una agitazione che dura ormai da 15 giorni e ha indotto varie grandi compagnie di navigazione a dirottare parte delle loro navi su altri porti. Del resto, i lavoratori – che non ricevono un aumento di paga da 10 anni anche se il costo della vita è aumentato – non dipendono direttamente dal porto.
Il conglomerato Hutchison Whampoa di cui Li Ka Shing è il patriarca dal 1979 (controllandolo attraverso la holding Cheung Kong) affonda le sue radici nell’epoca dei grandi “taipan” della seconda metà dell’Ottocento e oggi spazia su una serie impressionante di business diversificati, di cui le telecom non sono né il migliore né il maggiore, Europa compresa: primario operatore di porti e servizi connessi (con interessi prevalenti in sei dei maggiori scali del mondo); colosso del settore immobiliare e alberghiero così come della grande distribuzione; gigante nell’energia, nelle utility e nelle infrastrutture, via via fino alle telecom e alla finanza. Il tutto per circa 260mila collaboratori e numeri di bilancio in crescita, fino al recente record annuale di profitti e dichiarata volontà di espandersi ancora anche atraverso nuove rilevanti acquisizioni.
A un personaggio inserito da Forbes nella lista dei primi dieci uomini più ricchi del mondo – self-made man e ancora attento supervisore del suo impero, anche se ha già conferito l’investitura al figlio maggiore Victor –, non mancano certo le risorse per cercare di raddrizzare le attività italiane offrendo la disponibilità a rilevare titoli Telecom al valore per cui la Telco li ha in carico, tanto più che non mostra l’intenzione di superare una quota che renderebbe obbligatoria l’Opa. Il suo gruppo, poi, ha acquisito sul campo - evidenziando tenacia, pazienza e flessibilità, specie nei rapporti con le autorità di regolamentazione – grande esperienza nelle fusioni di operatori mobili in Europa con la recente e complessa acquisizione da 1,3 miliardi di euro in Austria di Orange, ceduta in parte da un altro appannato ex monopolista come France Telecom non più interessata a presenziare mercati con deboli prospettive di crescita. Nel caso di Telecom Italia, non dovrebbe incontrare particolari problemi sul fronte della concorrenza e tantomeno su quello della sicurezza, sui quali si infransero i suoi tentativi di shopping nel settore negli Stati Uniti (dove si danno per scontati e troppo intensi i suoi legami con i militari cinesi): piuttosto, a sembrare ostiche sono le questioni di governance e di strutturazione complessiva del deal.