Luigi Zingales, Il Sole 24 Ore 12/4/2013, 12 aprile 2013
QUEI SILENZI DEL GOVERNATORE SU SGR E BANCHE
Negli anni l’ufficio studi di Banca d’Italia ha prodotto pregevoli lavori sulla governance delle imprese, anche se l’argomento esulava dai compiti istituzionali della Banca. Perché l’ufficio studi non ha dedicato lo stesso fervore nello studio della governance delle banche, che Bankitalia ha il compito di regolare e vigilare? Come i casi di Banca Popolare di Milano e di Montepaschi dimostrano, la governance delle banche è una determinante fondamentale del loro stato di salute. Bankitalia, quale supervisore del sistema bancario, deve quindi porre questo argomento al centro delle proprie indagini empiriche e delle proprie ispezioni di vigilanza.
Il governatorato di Ignazio Visco era cominciato bene, con un convegno sul tema. Ma al convegno non sembrano essere seguiti i fatti. Gli argomenti di governance bancaria su cui Bankitalia potrebbe intervenire, sia dal punto di vista regolatorio che da quello sanzionatorio, sono infiniti. Ma in questo momento, ce n’è uno che spicca: il conflitto di interesse tra società di gestione del risparmio (Sgr) e banche controllanti.
Il problema è serio. Se le Sgr bancarie potessero votare a sostegno del management della banca controllante, si avrebbe la totale autoreferenzialità del management. Per questo il Testo Unico della Finanze e il regolamento congiunto Consob-Bankitalia prescrivono che le Sgr debbano esercitare i diritti di voto delle azioni gestite nell’interesse dei clienti e non nella controllante. Questo principio è riaffermato da Bankitalia nelle disposizioni di vigilanza del 23 ottobre 2009 (potere di direzione e coordinamento di una capogruppo sulle Sgr appartenenti al gruppo), in cui si richiede alla capogruppo di riconoscere l’indipendenza delle Sgr nella modalità dell’esercizio del diritto di voto.
Purtroppo l’indipendenza nelle decisioni di voto è un principio difficile da verificare. La sostanza può essere violata, pur rispettando perfettamente la forma. Proprio per questo, il regolatore deve intervenire in modo incisivo e severo quando la forma viene violata anche marginalmente. In questo campo, la più piccola infrazione della forma non deve essere vista come un errore veniale, ma come la punta di un iceberg. Un iceberg che, se non viene contenuto, rischia di affondare le principali banche del nostro Paese.
L’occasione d’oro per applicare questi principi è stata fornita a Bankitalia da Eurizon. Come ho scritto il 22 marzo, il professor Vincenzo Carriello, già indicato come candidato delle Sgr e degli altri investitori istituzionali esteri per il rinnovo del Consiglio di Sorveglianza di Intesa (controllante di Eurizon), è stato rimosso dalla lista per le obiezioni di alcuni gestori, tra cui Mauro Micillo di Eurizon. Queste obiezioni hanno riguardato il presunto conflitto di interessi di Carriello (lavora in uno studio legale che ha ricevuto in passato contratti da Intesa). L’obiezione non aveva motivo di essere perché Egon Zehender, advisor indipendente dei gestori, aveva confermato la propria valutazione di indipendenza del candidato anche dopo le obiezioni sollevate da Micillo e comunque Carriello si era impegnato a dimettersi dallo studio legale. Non esisteva quindi nessun motivo per bloccarlo, se non il fatto che Carriello sembrerebbe inviso ai vertici di Intesa. Nonostante questo, Carriello è stato escluso dalla lista.
Io non sono un giurista, ma questa presa di posizione mi sembra essere in palese violazione del "Protocollo di autonomia per la gestione dei conflitti d’interessi" che la stessa Eurizon si è data (http://www.eurizoncapital.it/Eurizon%20Documentazione%20Statica/Corporate%20policies/ProtocolloAutonomia_EC_26maggio2011.pdf). In questo regolamento la Sgr considera "situazione di conflitto d’interessi" l’esercizio del diritto di voto nella capogruppo. Eurizon non solo ha conferito le sue azioni Intesa per presentare la lista Assogestioni (secondo una prassi consolidata), ma è intervenuta sul contenuto di questa lista, quindi in una situazione definita come di conflitto di interessi dal regolamento della società stessa. La reazione degli investitori istituzionali esteri sembra confermare la serietà di questa violazione. Molti investitori esteri, per protesta, hanno ritirato il loro supporto alla lista. In aggiunta, la lista Assogestioni in Intesa non ha ottenuto, a differenza di tutti gli altri casi, il supporto delle due principali agenzie di valutazione delle decisioni di voto (Institutional Shareholders Service, Iss, e Glass Lewis). Entrambe queste agenzie hanno motivato il voto contrario con le indebite interferenze di Eurizon, che avrebbe violato le regole interne di Assogestioni a protezione dell’indipendenza dei candidati.
Di fronte a questa violenta reazione degli esteri, stupisce il silenzio di Intesa. Una banca seria, che rispetta le regole che si è data, non può non imporre una pesante sanzione a chi queste regole ha violato, pena il rischio di svuotare interamente il significato di tutte le regole interne. Non mi risulta che alcun provvedimento sia stato preso. Anzi, Micillo è stato rieletto vicepresidente di Assogestioni. Ma stupisce ancora di più il silenzio di Bankitalia. Il problema trascende il fatto specifico, e assume una dimensione sistemica. Permettendo prima e non sanzionando poi l’intervento di Micillo, Intesa appare priva di presidi sufficienti per garantire l’indipendenza della Sgr dalla capogruppo. Questo è un problema di competenza di Bankitalia, che non può essere ignorato. Se no dobbiamo concludere che in Italia oltre al «too big to fail» sembra esserci anche il «too politically powerful to be sanctioned».