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 2013  aprile 05 Venerdì calendario

RUZZLE

È una persecuzione. Sono su un volo per Stoccolma, la spia che impone le cinture allacciate si è appena spenta, e il primo suono che sento non è quello di moschettoni che si sganciano, ma quello ormai inconfondibile di Ruzzle. Mi alzo in piedi fingendo indifferenza e mi guardo intorno. Dal mio posto riesco a vedere una decina di passeggeri: almeno quattro di loro smanettano con il diabolico giochino di parole creato dagli svedesi di Mag Interactive e scaricato mentre scrivo da oltre 30 milioni di persone in 150 paesi. Mi rimetto a sedere, il viaggio è ancora lungo e non sono affatto certo di arrivare alla meta: la neve di questi giorni ha paralizzato gli aeroporti di mezza Europa.
I numeri del fenomeno Ruzzle parlano chiaro: dell’esercito di utenti registrati, almeno 10 milioni sono attivi ogni giorno per giocare oltre cento milioni di partite. E se sommiamo le ore passate dagli utenti su questo “Paroliere 2.0” dalla data del suo lancio si superano i diecimila anni. All’aeroporto Skavsta la neve è ordinaria amministrazione. Atterriamo senza problemi. Mentre cammino al freddo per le strade di Stoccolma mi chiedo che impatto possa avere avuto sulle vite personali e professionali dei suoi creatori il trionfo di un’app che ha già superato i cinque miliardi di partite giocate.
La sede di Mag Interactive è un appartamento al quinto piano di un palazzo in pieno centro città. Le scarpe si lasciano all’ingresso per non sporcare e perché «camminare scalzi aiuta a restare umili». Mi accoglie Daniel Hasselberg, 39 anni, co-fondatore dell’azienda e product manager di Ruzzle. Quando tiro fuori la mia agenda di carta per iniziare a leggergli le domande che mi sono appuntato, sorride. Credo che lo diverta l’idea che si possa ancora usare un oggetto così analogico. È anche un po’ imbarazzato: «La cosa più strana che mi sia capitata finora è che qualcuno si sia preso la briga di partire dall’Italia per venire a intervistarmi», dice aprendosi in una risata.
Per il resto: niente aneddoti da raccontare, niente curiosità, nessuno stravolgimento nella sua vita o in quelle dei suoi colleghi. Hasselberg non fa quasi nulla per sfatare il mito del glaciale uomo del nord. Confessa solo un iniziale, genuino stupore quando, nelle prime tre settimane dal lancio di Ruzzle, un milione di conterranei ha scaricato la sua creatura: «Era incredibile, ovunque mi sedessi c’era una partita in corso. È stato abbastanza scioccante vedere dal vivo il successo di qualcosa che avevamo creato».
C’era di che perdere la testa e darsi alla pazza gioia. Daniel, invece, appare freddo, controllato. Anche se gli brillano gli occhi. Provo a scuoterlo: scommetto che siete diventati ricchi e organizzate festini ogni sera. Ride di gusto: «La verità è che non ho mai lavorato così tanto... Non sono diventato ricco e la mia vita non è cambiata per niente. Semmai è l’azienda che vive un ottimo momento, e questo ci consente di pensare al futuro, di investire per crescere. Per esempio prima eravamo in sette, ora siamo in 15». Quanti soldi stiano piovendo nelle casse di Mag Interactive per ora resta un’informazione top secret.
È però interessante capire come piovano esattamente. «All’inizio tutti scaricano l’app gratis e giocano come pazzi per qualche giorno o settimana generando traffico e quindi ricavi in termini di advertising», spiega Daniel. «Con il tempo i giocatori iniziano a chiedersi quali siano le loro statistiche, il loro ranking, ad avere un interesse più strutturato per le loro performance». E siccome questi dati sono disponibili solo per la versione di Ruzzle a pagamento, nei mercati dove l’app è presente da più tempo gli acquisti diventano molto più frequenti. Hasselberg e i suoi continuano a lavorare per migliorare Ruzzle, ma sanno bene di vivere un momento magico: alla porta di Mag Interactive stanno bussando tutti, «ogni genere di azienda e di venture capitalist che riesci a immaginare». «Quando la finestra si apre, non sai per quanto tempo rimarrà aperta. Meglio restare concentrati», continua Daniel. Insiste sull’urgenza che tutti in azienda sentono di restare con i piedi per terra, di non concedere nulla, di continuare a migliorare. D’accordo, ma avrete anche voglia di festeggiare un pochino, no? «Magari fra tre o quattro mesi verremo tutti in Italia a bere dell’ottimo vino», taglia corto. Hanno altro da fare, insiste. Per esempio devono seguire l’andamento della nuova app, QuizCross, che senza alcuna pubblicità ha già registrato 500mila download. E poi c’è da sviluppare un Ruzzle per iPad, una versione con funzionalità extra che promette di essere “very cool”.
Daniel e altri due fondatori di Mag lavorano insieme dal ’99. Nel 2003 creano un’azienda che produce sistemi di distribuzione per la musica digitale adottati tra gli altri da Mtv. Nel 2010 decidono di fare qualcosa che sia solo loro e nasce Mag Interactive. Intanto in Scandinavia sta avendo un incredibile successo Wordfeud, un riadattamento per iPhone dello Scarabeo, che arriva a dieci milioni di download. «Ci piaceva, ma eravamo anche convinti di poter fare molto meglio. Così è nato Rumble». Sì, ha letto bene: Rumble. Inizialmente Ruzzle si chiamava proprio cosi, poi qualcuno ha pensato bene di pubblicare un’applicazione con lo stesso nome su Google Play e incassare a sbafo 500mila download di utenti che cercavano l’originale Made in Sweden. Per i ragazzi di Mag Interactive non c’è stato altro da fare che cambiare nome: «Un’esperienza complicata e dolorosa se hai già tre milioni di utenti», sintetizza Hasselberg.
L’app debutta a marzo e per mesi resta un fenomeno tutto svedese. Il successo locale, però, è abbastanza per attirare l’attenzione di Apple: «Una loro delegazione è venuta a trovarci e a darci consigli», conferma Hasselberg. Secondo Mr Ruzzle le app che hanno successo nei paesi scandinavi fanno subito accendere una spia in qualche ufficio di Cupertino. Daniel osserva che le app del nord Europa hanno spesso dimostrato un gigantesco potenziale globale (la finlandese Angry Birds avrebbe fatto scuola, insomma).
Poco dopo l’incontro, iTunes ha promosso Ruzzle in oltre cento paesi, e da lì le cose sono andate di bene in meglio. Mi chiedo se Apple ora abbia un occhio di riguardo per i ragazzi di Mag Interactive e se quando fai il botto i rapporti di forza cambino in qualche modo a favore di chi sviluppa. Macché: «Dopo il primo incontro non abbiamo più visto ne sentito nessuno. Anche se ci piacerebbe riavere loro notizie...», confessa Daniel.
Hasselberg mi porta a fare un giro per le stanze della sede di Mag Interactive. È tutto incredibilmente minimalista, tutto perfettamente scandinavo: pareti spoglie, mobili essenziali, lavagne ovunque. Lavagne bianche, immacolate, pulite. Glielo faccio notare. «Al momento sono in lavorazione tre o quattro prototipi», si giustifica Daniel alzando le spalle. E capisco che tutto è stato cancellato prima del nostro arrivo. Per sottrarre al nostro sguardo indiscreto chissà quali segreti aziendali. Alla fine del giro arriviamo in un salotto dove, davanti a una tv enorme, tre o quattro membri dello staff si stanno sfidando in una serratissima session di Mortal Kombat. Qui l’età media del gruppo è 30 anni: il più giovane ha 19 anni, mentre il più vecchio sta per compierne 60.
Da dicembre 2012 a gennaio 2013 gli utenti di Ruzzle sono quintuplicati. Come diavolo avete fatto? Daniel, sempre paziente e serafico, mi spiega che il successo si deve molto all’integrazione dei social media nell’app, e al rendere sempre più facile per gli utenti condividere quello che succede nel gioco, sfidare amici e follower sui social, commentare. La formula vincente prevede poco o niente marketing, «perché non funziona» e perché di soldi per farne non ce n’erano: Mag Interactive non ha ricevuto finanziamenti ed è completamente indipendente.
Ad accendere la miccia ci ha pensato il “Miracolo di Collins”, la piccola cittadina della Louisiana, negli Usa, dove un gruppo di studenti liceali scopre Ruzzle e inizia a giocarci a manetta, usando Facebook e Twitter per vantarsi di vittorie e punteggi, oltre che per sfidare chiunque capiti loro a tiro. È un giorno qualunque di dicembre e l’effetto virale ha un’accelerazione impressionante. In pochissimi giorni il contagio diventa planetario. Chiedo a Daniel quanto conti la fortuna in una storia come quella di Mag Interactive. Ci pensa a lungo. Molto a lungo. «Tanto», si pronuncia finalmente. «La sola fortuna serve a poco, però, se quando arriva non hai un buon prodotto. Devi lavorare sodo per far parte di quel 5 per cento di app davvero buone presenti sul mercato». E non devi abbassare la guardia, perché l’evoluzione del mercato va seguita passo passo.
Fare previsioni anche solo per il 2014 è impossibile: «Semplicemente perché non sappiamo come si evolveranno iTunes Stare e Google Play nei prossimi mesi. Oppure se quello di Windows sarà o no un mercato abbastanza grande da investirci». E questo perché è la stessa infrastruttura sotto il mercato delle app che cambia in modo imprevedibile e incredibilmente veloce.
In Italia si comincia a parlare di Ruzzle a novembre, ma il botto vero arriva tra dicembre e gennaio, quando il picco di interesse si traduce in sei milioni di download effettuati in appena tre settimane. Oggi, con otto milioni di utenti il 25 per cento del totale e 30 milioni di partite quotidiane, l’Italia è il secondo mercato per Ruzzle dopo gli Stati Uniti. Abbiamo anche un primato assoluto. Quale? «Siete il territorio con la maggiore percentuale di “bari” al mondo», dice Daniel con un sorrisetto malizioso. Già, perché con Ruzzle si può imbrogliare e, quando c’è da imbrogliare, non ci batte nessuno. Qui da noi sono in tanti a usare Ruzzle Cheater, la web app dove puoi inserire lo schema di lettere della tua partita per avere subito l’elenco delle parole che si possono comporre sullo schermo. Oppure Ruzzle Help, app per Android che suggerisce in tempo reale soluzioni al giocatore disonesto. «Li sistemerete, vero?», chiedo, un po’ imbarazzato. «Molto presto. E per sempre», risponde convinto. Daniel ha in serbo un’update dell’app che, mentre leggi questo pezzo, tutti avranno già scaricato, anche i disonesti, senza sapere che rende Ruzzle a prova di furbo. «Vuoi pubblicare l’update senza dire che impedirà di barare?», gli chiedo. «Puoi scommetterci, così imparano», risponde secco.
Milioni di download, migliaia di anni di partite, gente che si affanna a imbrogliare pur di vincere. Utenti che si trovano casualmente per giocare imparano a conoscersi grazie alla chat interna all’app e alla fine si fidanzano (è tutto vero: un numero crescente di e-mail entusiaste inviate a Daniel e soci documenta il fenomeno di coppie nate grazie a Ruzzle). Giocatori che implorano di essere protetti da veri e propri stalker (in questi casi il team di Mag Interactive blocca e caccia dal gioco immediatamente). Un esercito di fan incalliti pazzi per Ruzzle, ma che cosa si sa di loro? Quando ti iscrivi, l’app ti chiede pochissime informazioni. Se però ti logghi con Facebook, quest’ultimo rende disponibili alcuni dati interessanti... Come il fatto che tendenzialmente giocano più donne che uomini (sono circa il 60 per cento), che l’età dei giocatori va dai 15 ai 65 anni, e che la fascia d’età più attiva è quella tra i 20 e i 45.
Ma perché tutti amano tanto Ruzzle? Una possibile risposta viene anche dal fatto che l’app consente di giocare l’uno contro l’altro quando abbiamo tempo, in modalità asincrona, e per questo «rispecchia molto bene l’utente moderno, sempre di corsa, ma con tanti tempi morti impossibili da pianificare», spiega Daniel. Mi sto rimettendo il cappotto. E le scarpe. Si è fatto tardi e la notte di Stoccolma che mi aspetta fuori è gelida. Ormai sono sulla porta quando sparo l’ultima domanda a bruciapelo. Ma davvero la vita non vi è cambiata neanche un po’? «Perché dovrebbe... Abbiamo solo fatto qualcosa di buono al momento giusto. Non mi sento una star. Non mi riconosce neanche nessuno per strada».