Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 12/04/2013, 12 aprile 2013
«VERDINI, TRUFFA NELL’EDITORIA». SEQUESTRATI DODICI MILIONI —
Hanno percepito oltre 12 milioni di euro dai fondi destinati all’editoria senza averne i requisiti. Soldi che sono stati adesso sequestrati per ordine del giudice di Firenze Paola Belsito. I sigilli sono scattati su beni e conti correnti di Denis Verdini, deputato e coordinatore del Pdl, e di Massimo Parisi, anche lui eletto nello schieramento di centrodestra. Entrambi accusati di truffa aggravata per aver utilizzato alcune società proprietarie di giornali per «simulare una realtà inesistente» e avere così creato le condizioni per ottenere i finanziamenti gestiti da Palazzo Chigi.
Sono due le aziende che fanno a capo a Verdini, finite nell’indagine: la «Nuova editoriale società cooperativa» e la «Sette mari». Si tratta delle capofila di una serie di altre società più piccole utilizzate per avere illecitamente il denaro pubblico, ma anche per effettuare altre operazioni collegate attraverso il Credito cooperativo fiorentino, la banca di cui Verdini è presidente.
Scrive il giudice Paola Belsito: «Verdini e Parisi hanno eseguito operazioni per simulare una diffusione dei giornali superiore a quella reale attraverso false attestazioni, hanno fatto apparire l’esistenza di amministratori che invece erano "teste di legno", formavano verbali di consiglio di amministrazione che non sono mai avvenuti o che sono avvenuti con tempi e modalità diverse, hanno fatto ritenere svolte attività della cooperativa che in realtà non ci sono state».
Le verifiche — affidate al Nucleo valutario e al Nucleo speciale per la radiodiffusione e l’editoria della Guardia di Finanza — cominciano nel 2008, quando Verdini viene coinvolto nell’inchiesta sugli appalti per i «Grandi eventi». L’attenzione si concentra sulla gestione del «Credito cooperativo fiorentino» che ha finanziato alcuni giornali locali. Si scopre così che «Verdini dirigeva, unitamente a Parisi, il gruppo societario "Società toscana di edizioni-Sette mari" in favore del quale provvedeva a reperire, utilizzando la banca di cui è presidente, le risorse economiche indispensabili per la sopravvivenza del gruppo medesimo, risorse che venivano erogate dall’istituto di credito con modalità in contrasto con le norme creditizie, le regole di corretta gestione aziendale e la prassi bancaria».
Non è finita. Oltre ai soldi che arrivano dal «Ccf», ci sono altri flussi finanziari ad alimentare le casse di queste società. Arrivano dal governo, sono complessivamente 12 milioni e mezzo tra il 2005 e il 2009. Sono stati erogati in base alla legge che sostiene le attività editoriali e fissa criteri ben specificati per poterli ottenere. I magistrati decidono di verificare se sussistano realmente o se la normativa è stata aggirata. E non sembrano avere dubbi sul fatto che per averli siano stati commessi svariati illeciti.
Nel provvedimento di sequestro il giudice sottolinea infatti come sia stata presentata una situazione diversa da quella reale, in particolare facendo figurare una cooperativa di giornalisti che in realtà non esisteva, ma anche «aumentati i costi di realizzazione di alcune testate e in particolare del giornale "Metropoli Day" utilizzando fatture emesse per operazioni in tutto o in parte inesistenti».
Per gonfiare i costi Verdini e Parisi avevano messo a bilancio false consulenze sull’analisi «del mercato aziendale nel campo dell’editoria», e fatto figurare acquisiti foto e servizi per l’impaginazione che in realtà non sono mai stati effettuati. Il giudice accoglie le richieste di sequestro presentate dai magistrati e poi delinea i ruoli dei due protagonisti della truffa.
È scritto nel provvedimento: «Gli elementi sino ad ora evidenziati portano ad affermare che Parisi, insieme a Verdini, è il burattinaio che ha mosso i fili del Gruppo editoriale. È colui il quale ha amministrato per anni un gruppo composto da una serie di società accomunate, tra le altre cose, dalla finalità di voler massimizzare i risultati della truffa ideata ai danni dello Stato e la cui contabilità veniva riveduta e corretta in maniera tale da perseguire gli obiettivi leciti e illeciti che ci si era prefissi, anche attraverso l’emissione di fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti».
Fiorenza Sarzanini