Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 12 Venerdì calendario

IL CONTO DI CIPRO E’ ANCORA PIU’ SALATO

Il caso Cipro non è chiuso. I signori della Troika - ovvero i rappresentanti di Bce, Fmi e Commissione Ue - indicano che il conto per evitare la bancarotta dell’isola mediterranea è salito a 23 miliardi. L’intesa siglata prima di Pasqua fissava in 15,6 il primo totale, con 10 miliardi messi da Bruxelles e Fondo, e il resto a carico di Nicosia. Ora si apprende che ne servono altri 5, da trovare nella liquidazione già decisa della Laiki Bank, con la vendita di riserve auree per 400 milioni e l’aumento della tassazione sulle imprese. Il piano è definito. «Serve una piccola messa a punto», assicurano fonti del Consiglio. Mai facile, per la verità.

Sotto la pioggia irlandese, un diplomatico europeo parafrasa De Filippo e dice che, per l’Europa, «i salvataggi non finiscono mai». Con un qualche sconvolgimento per i programmi, la riunione informale dei ministri economici di Eurozona e Ue che si apre oggi a Dublin Castle si ritrova nell’ordine del giorno il puzzle cipriota che sembrava composto, ma anche l’incognita del Portogallo a cui non tornano i conti e quella greca, il cui programma anticrac è nella seconda fase di revisione. «Una settimana fa avrei detto che andavamo benissimo», ha concesso una fonte dell’Eurogruppo.

La Germania, che chiede una più netta separazione fra il ruolo della vigilanza e della gestione della politica monetaria in seno alla Bce, riapre quindi il confronto sul meccanismo unico di sorveglianza (Ssm) su cui l’Ue vuole costruire il primo pilastro dell’Unione bancaria. Il che costringe il club economico a dodici stelle a continuare a gestire la manutenzione del motore senza potersi concentrare sull’emergenza recessione. Nell’agenda del summit c’è poco su occupazione e ripresa. A parte la discussione sul libro verde della Commissione sui finanziamenti a medio e lungo termine, non c’è altro. Peccato. Il commissario Ue all’economia, Olli Rehn, è preoccupato. Parlando col Wall Street Journal ha auspicato un’accelerazione della marcia verso l’unione bancaria, esprimendo ottimismo per il fatto che «realisticamente tutti i componenti della nuova vigilanza saranno pronti nel 2015». L’ostacolo tedesco, assicura la presidenza, dovrebbe essere aggirato con un clausola di revisione, il che non azzera l’insofferenza per l’attitudine che hanno certe capitali di riaprire dossier sigillati. Il finlandese ritiene anche che si troverà una intesa sull’allungamento del piano portoghese. La Troika pensa a 7 anni e Berlino non è di traverso: la scorsa settimana la Corte costituzionale ha bocciato misure che valgono un quinto del pacchetto austerity 2013. Lisbona respira. Atene, non si sa ancora. Nicosia dovrà pagare. «C’è troppa incertezza su Cipro per sapere di quanto si arretrerà l’economia», nota Rehn. Brutta situazione. Consola che l’Italia arriva all’incontro irlandese senza grossi patemi. «Il decreto sui debito commerciali non è all’ordine del giorno - dice una fonte dell’Eurogruppo -. Forse ne parla Grilli. E se l’argomento venisse fuori il commento dei ministri sarebbe “va molto bene, ma il cammino di consolidamento del bilancio deve continuare”». Come da copione, in questi casi.