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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

TELECOM, HUTCHISON PUNTA AL CONTROLLO

Il consiglio di amministrazione di Telecom Italia vuole capire se l’opzione di integrazione di 3 Italia e del contestuale ingresso nell’azionariato di Hutchison Whampoa sia percorribile o meno. Dunque ieri nessun mandato a trattare è stato conferito al presidente esecutivo Franco Bernabè. Dopo sei ore di discussione in cui tra l’altro è stato dato mandato ai vertici di «definire il percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso» - sulla questione dell’aspirante socio cinese il cda si è limitato a creare un «comitato ristretto» per «verificare entro tempi ristretti l’interesse della società alla prosecuzione del percorso». Tanto più che le pretese di Hutchison e del magnate Li Ka-shing non sono da poco. Anzi.

Il percorso di integrazione immaginato dai cinesi (tramite conferimento o fusione per incorporazione della «3 Italia» guidata da Vincenzo Novari) è condizionato «tra l’altro - si legge nella nota diramata da Telecom - all’acquisizione di un’ulteriore quota azionaria in Telecom Italia, tale da farne l’azionista di riferimento della società». Hutchison in buona sostanza vuole il controllo.

Di fronte a tali pretese, i soci di Telco (ossia Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Generali e Telefonica) si troverebbero di fronte a un bivio tra un accordo col nuovo socio di riferimento e la vendita (o la svendita). Tutto assai complesso, come si vede. Prima di trattare con i cinesi, è stato il ragionamento, bisogna sapere di cosa si sta parlando. Occorre approfondire i numeri di «3 Italia», con una sorta di «due diligence» per sapere quanto vale effettivamente l’asset che il gruppo di Hong Kong vorrebbe conferire in cambio di capitale. Il tempo? Pochissimo: un paio di settimane.

Bernabè non sarà lasciato solo nel gestire la complicata partita con Hong Kong. Nel comitato istituito dal cda il presidente sarà affiancato dal consigliere indipendente (lead independent director) Luigi Zingales - tra i più critici ieri sulla fattibilità dell’operazione con 3 Italia - da Elio Catania, Gabriele Galateri e Julio Linares. E proprio da Telefonica - e in particolare dal numero uno César Alierta, presente alla riunione ieri sarebbero giunte aspre critiche sulla gestione di Telecom, sui risultati, sul posizionamento in Italia e in Europa della compagnia. I soci spagnoli che hanno diritto di prelazione su eventuali vendite da parte degli altri soci di Telco - sono tra i più irritati dentro Telco per l’idea di Bernabè di chiamare il gigante asiatico a soccorso di Telecom, visto che anche negli ultimi giorni hanno ribadito il carattere «industriale» e di «lunga durata» dell’investimento fatto in Italia. Tra gli altri grandi soci invece si va dal cauto attendismo alla freddezza dei più: di qui l’idea di marcare stretto Bernabè.

Nel frattempo ieri si è compiuto un altro passo avanti in una partita importantissima, quella della Rete e della sua societarizzazione. Un argomento di cui si parla da tempo, anche in vista di un possibile impegno della Cassa depositi e prestiti, reso in questo momento difficile per via dello stallo sul fronte del governo. Ma i soci, anche in questo campo, hanno preferito muoversi con i piedi di piombo. Prima di dare il via allo scorporo voluto da Bernabè, hanno chiesto di procedere con la valutazione dell’asset, che stime collocano tra i 13 e i 15 miliardi di euro. Gli azionisti vogliono cifre scritte nero su bianco. Di qui la scelta più prudente, ovvero di dare un mandato ai manager per «definire il percorso operativo di fattibilità» della separazione della Rete.
(Francesco Spini)

IL MAGNATE CINESE APPASSIONATO DI INFRASTRUTTURE E TELEFONINI -
Nel 2008 si arrivò a un passo dall’obiettivo di questi giorni: l’incorporazione tra «3» e Telecom Italia saltò per una questione di concambi non trovati e di Antitrust. Oggi Li Ka-shing, per riprovarci, punta al colpo grosso: diventare, con la sua Hutchison Whampoa, l’azionista di riferimento di Telecom Italia, scalzando (o trovando un difficile accordo, visto che nessun grande socio vuole svendere e le barricate alzate da una pur indebolita Telefonica) la compagine di Telco, che col suo 22,4% conduce oggi i giochi. Ma chi è Li Ka-shing? Nato nel 1928 a Chaozhou, nel Guandong, è il classico businessman che s’è fatto tutto da solo. A 15 anni, è costretto a lasciare i banchi di scuola in seguito alla morte del padre. Prospettiva: un duro lavoro alle dipendenze di suo zio. Si trasferisce a Hong Kong, continuando a studiare l’inglese pur lavorando sodo. Si fa strada prima come venditore, per poi fondare una fabbrica di oggetti di plastica, la Cheung Kong, che ha il suo boom negli Anni 50, commercializzando fiori finti negli Stati Uniti. È l’inizio di un impero, prima nel settore immobiliare di Hong Kong, poi acquistando - primo cinese - la quota di controllo di una società britannica, la Hutchison Whampoa, la stessa che oggi punta a entrare in Telecom, ma che in realtà si è sviluppata negli anni come primo operatore portuale al mondo. Non si ferma più. Dalla finanza, ai media, dal retail alle comunicazioni. Hutchison, controllata attraverso la holding Cheung Kong, ha 250 mila dipendenti nel mondo. Li Ka-shing è il magnate più importante di tutta l’area asiatica, l’ottava persona più ricca al mondo, con un patrimonio stimato in oltre 31 miliardi di dollari. Non è la prima volta che incrocia l’Italia e Franco Bernabè. Fu proprio l’attuale presidente di Telecom a chiamarlo nel 1999 in Andala che aveva appena fondato con Renato Soru. Allora si trattava di sviluppare al tecnologia Umts per applicarla alle videotelefonate. Un anno dopo Hutchison la rilevò, trasformandola in 3 Italia. Oggi, a 85 anni, la seconda chiamata, per una preda ben più grossa con un problema chiamato debito.
[F. SP.]