Gianpaolo Visetti, la Repubblica 12/4/2013, 12 aprile 2013
UN WEB PER SOLI CINESI NASCE A PECHINO LA GRANDE MURAGLIA 2.0
PECHINO - Dopo averlo combattuto invano, la Cina si appresta a conquistare Internet. Il grande passo è previsto entro fine anno: la costruzione di una Rete solo cinese, la Grande Muraglia del secolo. Pechino supera filtri e barriere e passa direttamente al "web 2.0", il mondo virtuale alternativo a quello made in Usa. L´arma usata per contendere all´Occidente il controllo di commercio e informazioni, sarà il mandarino. Per la prima volta i domini di primo livello diventeranno disponibili anche in ideogrammi. La seconda parte degli indirizzi web, oggi riservata all´alfabeto romano, estenderà l´uso dei caratteri che compongono le universalmente adottate terminazioni come. com,. net, o. ue.
Per scardinare il potere americano sulla Rete e creare una contro-comunità online con la testa in Oriente, la Cina punta a diventare leader del nuovo mondo virtuale con il segno più davanti al Pil: la Russia, i Paesi arabi, la Corea del Sud e il Giappone, finora linguisticamente emarginati da computer, tablet e smartphone. La "guerra di Internet" non è una nazionalistica contesa formale. Dalla nascita del web i domini sono controllati dal dipartimento del commercio degli Stati Uniti, che gestisce gli indirizzi a livello globale. Una montagna di dollari, costruita sulla tassa di iscrizione che enti e aziende pagano per ottenere l´uso dei propri indirizzi. Per quindici anni la Cina, impegnata invano a combattere la Rete con filtri e barriere, note come «la Grande Muraglia di fuoco», non ha messo in discussione l´egemonia Usa sull´universo parallelo a portata di mouse. Pechino era ossessionata solo dalla censura, convinta che il web fosse il nemico più insidioso del proprio autoritarismo rosso. Il boom dell´economia digitale ha fatto però cambiare idea alla nuova leadership, convinta che anche la sfida della crescita si giocherà sempre più online. Di qui l´idea di «una via cinese a Internet», mix tra business, repressione ed espansione culturale all´estero. Oltre agli ideogrammi mandarini nei domini, la Rete made in China prevede anche contenuti, format, pubblicità, social media e news riservati. Un vero e proprio universo a sé, separato dall´Occidente da un Muro di bit e controllato direttamente dal partito-Stato di quella che entro il 2020 sarà la prima economia del mondo.
L´obiettivo politico, ottenuto con la registrazione obbligatoria dei documenti di ogni navigatore, è sminare il territorio del web dalla bomba democratica. L´Internet cinese non sarà «l´impero dell´anarchia», come lo definisce Liu Qibao, nuovo capo della Rete scelto dal presidente Xi Jinping, e offrirà alle nazioni emergenti uno «spazio alternativo», dove la censura viene proposta come «garanzia dalla destabilizzazione interna». La grande sfida è però economica. La Cina è il primo mercato online del pianeta e il primo produttore mondiale di computer e cellulari. Vanta 565 milioni di utenti (oltre 600 milioni a fine 2013) e la crescita è del 10% all´anno, pari alla popolazione italiana. I cinesi che usano tablet e smartphone superano i 420 milioni (+18,1% all´anno), quelli che gestiscono un microblog sono 286 milioni e i siti dell´e-commerce sono i più frequentati del pianeta. A Pechino naviga il 77% dei residenti. «Appena i domini in mandarino saranno realtà - dice Gu Xiaoming, docente di comunicazione all´università Fudan di Shanghai - il boom dell´economia digitale sarà un´impressionante scossa globale».
Fino ad oggi i privati dell´Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), con sede a Los Angeles, hanno controllato e limitato gli indirizzi sfruttando l´alfabeto. La Cina e suoi alleati puntano a rompere l´equilibrio affidando i domini alle Nazioni Unite, attraverso l´ITU, abbassando e distribuendo gli oneri di trasmissione. Interessi enormi, tra cui la protezione digitale dei marchi e i pagamenti online, ma pure una grossa spinta ai giganti cinesi delle telecomunicazioni, all´e-commerce del Dragone, ai microblog censurati da Pechino e alle news elettroniche filtrate dalla propaganda. Logica comprensibile: la Cina e l´Asia sono la piazza più affollata del web, l´inglese e gli Usa frenano la sua espansione, Internet deve dunque esprimersi in mandarino per diventare realmente universale. Se la pubblicità è in cinese, russo e arabo, i siti delle aziende non possono avere indirizzi solo in caratteri latini. Nel mondo del nuovo Internet sottratto alla dipendenza americana, gli affari sono però solo una faccia della medaglia. L´altra è il controllo sociale dell´umanità post-televisiva: per Pechino resta quella decisiva, la vera ragione di una Grande Muraglia in mandarino, lunga come tutto il web.