Claudio Gallo, La Stampa 12/4/2012, 12 aprile 2012
UN MUSCOLO DELLA SCHIENA SALVA LA CARRIERA DELLA PIANISTA
In «Gli spietati» Will Munny/Clint Eastwood chiosa Giobbe quando uccide lo sceriffo Little Bill Daggett/Gene Hackman che lo implora: «Perché, proprio adesso che stavo finendo di costruire la casa? Non me lo merito». Munny gli dice: «In queste cose i meriti non c’entrano», e spara. Di fronte al dolore, alle sciagure e alla morte infatti non c’è risposta. Tuttavia, la volontà e la speranza sono una leva formidabile con cui la fragile umanità riesce talvolta a piegare il destino.
È il senso della storia di una pianista straordinaria. Janina Fialkowska aveva perso l’uso del braccio sinistro, ma grazie a un chirurgo visionario e a una perseveranza d’acciaio è tornata sulle scene. L’altro giorno era a Londra per ritirare il «Magazine Music Award» della Bbc per il miglior cd strumentale del 2012, il suo «Chopin Recital 2». Ieri sera si è esibita a Newcastle in un concerto per la Croce Rossa.
Sessantun’anni, padre polacco, madre scozzese-irlandese-pellerossa, appartiene a una celebre famiglia del Quebec, è parente di scienziati e politici canadesi, cugina dell’attore Christopher Plummer. A quattro anni comincia a mettere le mani sulla tastiera. Studi pianistici a Parigi con Cortot, a New York con Gorodnitski. Nel nome di Chopin diventa pupilla di Arthur Rubinstein. Il suo repertorio del compositore polacco e i Trascendental études (maiuscolo) di List sono ai vertici internazionali. Talento, carattere certo, e poi il favore degli dei.
Ma gli dei sono capricciosi, un giorno del 2002 scopre di avere un braccio gonfio. Dopo dieci giorni è in un ospedale per la cura del cancro in America, diagnosi infausta. Dalla sua stanza dell’Hilton di Newcastle ricorda parlando al telefono: «Quando mi dissero che era cancro, non chiesi quanto sarei sopravvissuta ma se avrei ancora potuto suonare il piano». L’operazione allo SloanKettering Centre di New York andò bene, il movimento delle dita fu conservato, ma una parte del muscolo era stata asportata e un nervo danneggiato. L’arto aveva perso il movimento laterale. Il chirurgo confessò poi di aver pensato che come pianista era finita.
Lei non lo sapeva e si buttò sulla tastiera, all’inizio soltanto mezz’ora al giorno di dolore infernale. «È importante non rimuginare sui propri mali - dice -: io andavo avanti, suonavo e suonavo, non pensavo ad altro. La disperazione veniva solo qualche volta la notte, quando mi svegliavo d’improvviso».
Nel gennaio dell’anno dopo l’incontro cruciale. Il dottor Edward Athanasian, sempre allo Sloan.Kettering, provò un’operazione che non aveva mai fatto, ma questo alla paziente non lo disse. Prese un muscolo dalla schiena praticamente utilizzato soltanto dai ginnasti agli anelli e glielo attaccò nel braccio. Quattro mesi dopo, suonando e soffrendo, Janina poteva già eseguire un repertorio del Settecento. Ancora un mese e aveva già attaccato con Chopin. Per quanto il suo caso sia miracoloso, il braccio non è pienamente recuperato: «Ho dovuto lasciare da parte le partiture più impervie come List e Brahms dove ci sono molte ottave. In compenso sono stata costretta a ripensare tutto e ho l’impressione di aver raggiunto un approccio più profondo». Ha scoperto infine Schubert (come il suo maestro Rubinstein) «al quale prima non mi sentivo emotivamente pronta».
«Non esiste una ricetta per affrontare il dolore, ma credo sia importante volere qualcosa con tutto se stesso e impegnarsi per raggiungerlo, senza pensare ad altro», spiega prima di accomiatarsi. La malattia è tornata tre volte ma lei non si è fermata, adesso sono ormai sei anni che non si fa più vedere.
La storia della musica è ricca di storie di gente che ha saputo superare gravi handicap fisici. Il grande chitarrista jazz Jango Reinhardt suonava con solo due dita della mano sinistra, le altre due erano paralizzate. Nel 2000 Rod Stewart fu operato di tumore alla tiroide e dovette imparare di nuovo a cantare.